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L’Antimafia ribadisce: “Legalizzare la cannabis, il proibizionismo ha fallito”

Nel corso dell’annuale relazione della direzione nazionale antimafia, il procuratore Franco Roberti ha avvertito del pericolo ‘ndrangheta, ormai sempre più pervasiva e infiltrata in ogni settore dello Stato. Inoltre, commentando l’ipotetica legalizzazione della Cannabis, il procuratore nazionale antimafia ha ribadito le posizioni già espresse in precedenza, sottolineando “il fallimento delle politiche proibizioniste”.
A cura di Charlotte Matteini
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Il proibizionismo ha fallito e le mafie sono ormai radicate ovunque, anche nelle istituzioni. A dichiararlo è il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti durante la relazione annuale della Direzione nazionale antimafia. In particolare, secondo Roberti, sarebbe l'ndrangheta la mafia più pervasiva, "presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell'amministrazione pubblica e dell'economia, creando le condizioni per un arricchimento, non più solo attraverso le tradizionali attività illecite del traffico internazionale di stupefacenti e delle estorsioni, ma anche intercettando, attraverso prestanome o imprenditori di riferimento, importanti flussi economici pubblici ad ogni livello, comunale, regionale, statale ed europeo". Proseguendo, il procuratore nazionale antimafia ha sottolineato che la ‘ndrangheta è inoltre "presente in quasi tutte le regioni italiane nonché in vari Stati, non solo europei, ma anche in America – negli Stati Uniti e in Canada – ed in Australia. Continuano, poi, ad essere sempre solidi, i rapporti con le organizzazioni criminali del centro/sud America con riferimento alla gestione del traffico internazionale degli stupefacenti, in primis la cocaina, affare criminale in cui la ndrangheta continua mantenere una posizione di assoluta supremazia in tutta Europa".

Insomma, stando alla relazione dell'antimafia, la ‘ndrangheta è presente ormai ovunque, perdendo dunque la sua dimensione locale, e sempre più in via d'espansione. "Il nord Italia, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana sono territori in cui l'organizzazione criminale reinveste i cospicui proventi della propria variegata attività criminosa, nel settore immobiliare o attraverso operatori economici, talvolta veri e propri prestanome di esponenti apicali delle diverse famiglie calabresi, talaltra in stretti rapporti con esse, al punto da mettere la propria impresa al servizio delle stesse", mentre "Piemonte e Valle d'Aosta, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna ed Umbria, sono regioni in cui, invece, vari sodalizi di ‘ndrangheta hanno ormai realizzato una presenza stabile e preponderante, talvolta soppiantando altre organizzazioni criminali – così come avvenuto, per esempio, in Piemonte con le famiglie catanesi di Cosa Nostra – ma spesso in sinergia o, comunque, con accordi di non belligeranza, con le stesse, fenomeno riscontrato in Lombardia ed Emilia Romagna, ove sono attivi anche gruppi riconducibili alla Camorra o a Cosa Nostra", spiega Roberti.

In particolare, inoltre, Roberti, parlando del fenomeno mafioso più in generale, sottolinea che "l'uso stabile e continuo del metodo corruttivo-collusivo da parte delle associazioni mafiose, determina di fatto l'acquisizione in capo alle mafie stesse, dei poteri dell'Autorità Pubblica che governa il settore amministrativo ed economico che viene infiltrato. Con l'utilizzazione del metodo collusivo-corruttivo, le mafie si avvalgono sempre della forza d'intimidazione e dell'assoggettamento ma per ottenere il risultato, non usano direttamente della propria forza, ma – con risultati analoghi e generando un totale assoggettamento – quella di altri e cioè dei Pubblici Ufficiali a busta paga".

In riferimento a Cosa Nostra, Roberti spiega che per la Dna è ora più che mai necessario arrestare il latitante Matteo Messina Denaro: "Ancora si sottrae alla cattura Matteo Messina Denaro, storico latitante, capo indiscusso delle famiglie mafiose del trapanese, che estende la propria influenza ben al di là dei territori indicati. Il suo arresto non può che costituire una priorità assoluta. Nella situazione di difficoltà di Cosa Nostra, il venir meno anche di questo punto di riferimento, potrebbe costituire, anche in termini simbolici, così importanti in questi luoghi, un danno enorme per l'organizzazione".

Per quanto riguarda il terrorismo, Roberti ha sottolineato che "nel periodo esaminato si è verificato in modo significativo l'arretramento territoriale del cosiddetto Stato islamico in più scenari, e si è quindi registrata una parallela minore capacità di espansione territoriale. Questa mutata realtà ha direttamente inciso sul fenomeno dei foreign fighters, con una contrazione del numero delle partenze".

Infine, per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis, Roberti a ribadito la posizione espressa dalla Dna lo scorso anno: "Sembra coerente l’adozione di una rigorosa e chiara politica di legalizzazione della vendita della cannabis, accompagnata da una parallela azione a livello internazionale, e, in particolare europeo, che consenta la creazione, in prospettiva, di una più ampia aerea in cui il fenomeno sia regolato in modo omogeneo. In senso favorevole alla legalizzazione, ove attuata secondo criteri che venivano nel dettaglio evidenziati, prendendo atto sulla base di numeri, fatti, indagini e processi in nostro possesso – del fallimento delle politiche proibizioniste. Questo Ufficio conferma, anche alla luce delle nuove questioni esaminate e dei nuovi dati pervenuti, la necessità di concentrare le risorse dello Stato finalizzate alla repressione dei reati su fenomeni più gravi ed allarmanti del traffico di droghe leggere”. Il progetto di legge per la legalizzazione della cannabis, proposto da un intergruppo composto da 220 parlamentari di ogni schieramento, è però bloccato ormai da mesi in commissione Giustizia e proprio poche settimane fa Matteo Renzi, segretario del Pd, partito di maggioranza del governo, ha dichiarato "la cannabis sicuramente non passerà, non ci sono le condizioni".

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