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L’accoglienza ai profughi in Campania è un affare senza rischi. E senza controlli

Chi sono e quanto guadagnano le società che gestiscono i centri di accoglienza per i profughi in Campania. Un giro d’affari notevole che interessa aziende ed associazioni ma anche alberghi, ostelli, lidi balneari e affittacamere.
A cura di Antonio Musella
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Sono oltre 6.500 i migranti attualmente ospitati nei centri di accoglienza in Campania, con una concentrazione molto alta nella provincia di Napoli. Le strutture alberghiere che ospitano i profughi sono individuate attraverso delle gare d'appalto emanate dalle Prefetture. Gli enti gestori dei centri di accoglienza in provincia di Napoli sono una quindicina tra società, cooperative ed onlus. Trovare un elenco completo è impresa assai ardua e non vi è alcun documento sul sito della Prefettura di Napoli che indichi con precisione luoghi, enti gestori e numero dei migranti ospitati: la lista più recente reperibile sul web è su un documento ufficiale della Prefettura di Napoli datato 9 giugno 2015. Fanpage ha svolto una lunga inchiesta sui centri di accoglienza per migranti nella provincia di Napoli, scoprendo diverse irregolarità e l'assenza di controllo da parte dello Stato.

Quanto costa l'accoglienza

La maggior parte dei bandi di gara emessi dalla Prefettura di Napoli ha una base d'asta di 35 euro al giorno per migrante. Quasi tutti vengono assegnati intorno alla cifra di 34 euro. Tutta le previsione dei costi viene fatta per raggiungere questa cifra, senza tener conto dei reali costi di gestione, in cui devono essere compresi una serie di servizi. Il capitolato d'oneri stabilito con la Prefettura, infatti, prevede: il trasporto presso le strutture, l'assistenza sanitaria, l'assistenza alla persona e il servizio di pulizia, ma anche la fornitura di tre pasti al giorno (colazione, pranzo e cena), la fornitura di un kit per l'igiene personale e la fornitura di vestiario. Inoltre è previsto il famoso pocket money, ovvero il buono di 2,50 € da erogare a ogni migrante sotto forma di "ticket" da spendere per le "altre necessità".

Questi 70 euro mensili, insieme ad una ricarica telefonica di 15 € concessa solo al momento dell'ingresso nella struttura, sono gli unici soldi che arrivano direttamente ai profughi nel sistema dei centri di accoglienza. Il pocket money viene erogato mensilmente all'interno delle strutture in presenza di un funzionario della Prefettura di Napoli che sovrintende alla procedura.

Il contratto di servizio stipulato tra gli enti gestori delle strutture e le Prefetture stabilisce le regole di funzionamento dei centri di accoglienza, dal numero di operatori fino ai kit per il vestiario e l'igiene dei migranti. Proprio sul mancato rispetto del contratto di servizio si anniderebbero le irregolarità che le telecamere di Fanpage hanno portato alla luce. Innanzitutto per quel che riguarda il personale impiegato per la gestione dei centri: secondo le regole stabilite dalla Prefettura ogni 24 migranti c'è bisogno di un operatore, nella realtà molto spesso ci si trova davanti a strutture con centinaia di migranti ospitati assistiti da pochissimi operatori, o addirittura senza operatori.

Il caso dell'Hotel Mango di Qualiano (Na) è emblematico. Le telecamere di Fanpage si sono recate presso la struttura che ospita 80 profughi un sabato pomeriggio di settembre: all'interno della struttura era presente solo un mediatore culturale mentre degli ipotetici quattro operatori non vi era traccia. Anche se gli operatori non ci sono, l'ente gestore viene pagato dallo Stato per il numero di operatori indicato nel progetto. Spesso è proprio il tipo di contratto stipulato tra ente gestore e Prefettura che consente di lucrare sui centri di accoglienza. Le società che vincono gli appalti per i centri di accoglienza, infatti, non sono tenute a rendicontare le spese e gli enti gestori non devono dimostrare quanto spendono ed in che modo. Basta semplicemente presentare il conto.

Dove vengono ospitati i migranti

Tra i vari centri di accoglienza visitati da Fanpage negli ultimi mesi, ci sono casi emblematici. Il ristorante "Di Francia" di Giugliano, ad esempio, è un centro di accoglienza sui generis. La struttura, gestita dalla Family, è un wedding park, ovvero un ristorante per matrimoni che, grazie ad una gara d'appalto assegnata il 2 luglio scorso, è diventato un centro di accoglienza per migranti. Nell'agosto scorso le telecamere di Fanpage mostrarono come all'interno venivano stipati fino a 350 migranti, alloggiati su brandine sistemate nei saloni del ristorante e con pareti divisorie costituite da semplici pannelli di plexiglass.

Va detto che ogni società per poter partecipare ai bandi pubblici deve dimostrare di essere in possesso di un certificato di agibilità ed abitabilità della struttura che ospiterà i migranti. Questi certificati possono essere rilasciati dal Comune oppure da un tecnico privato. Nel caso del Di Francia, a quanto ha appreso Fanpage, i certificati furono consegnati a firma di un tecnico privato in attesa di successivi controlli. Fino a ora nessuno si è preoccupato di verificare se un ristorante per matrimoni avesse tutte le carte in regola per ospitare in maniera dignitosa fino a 350 persone accampate nelle hall dove prima c'erano tavoli e sedie.

Sul litorale di Licola, sempre nel Comune di Giugliano, vi sono poi diversi alberghi a ridosso della spiaggia che sono stati adibiti a centri di accoglienza. Le strutture balneari  sono sotto sequestro dal 2013, dal momento che operavano in assenza delle licenze necessarie. Da verifiche effettuate sulle mappe del Servizio Informativo del Demanio marittimo (SID) risulta poi che almeno una delle strutture alberghiere è costruita parzialmente sul demanio dello Stato. Esisterebbe, insomma, anche un problema legato all'abusivismo di tali strutture.

Il giro d'affari

La parte del leone nelle gare d'appalto della Prefettura di Napoli per i centri di accoglienza per i profughi la svolge la Family srl, una società con sede legale a Giugliano in Campania. La Family gestisce centri di accoglienza in tutta la Campania, una quindicina dei quali in provincia di Napoli, tutte concentrate nella zona del litorale, tra i comuni di Giugliano e Pozzuoli. Un'altra società che ha un peso notevole nella gestione dei centri di accoglienza è Il Rosone s.r.l. che gestisce due strutture per un numero complessivo di oltre 300 migranti: l'hotel ristorante "Il Rosone" nel Comune di Trecase e "Villa Angela" a Terzigno. Nello scorso mese di luglio Fanpage documentò le condizioni in cui venivano tenuti i migranti nelle strutture gestite dalla società: a "Villa Angela" le nostre telecamere verificarono come all'interno delle stanze ci fossero fino a 26 persone, mentre nell'hotel ristorante "Il Rosone" diversi ospiti affetti da malattie infettive denunciarono l'assenza di assistenza sanitaria.

Oltre la metà dei centri di accoglienza in provincia di Napoli è nelle mani di questi due enti gestori. Proviamo a fare due conti per capire il giro d'affari. La Family ospita nel solo ristorante "Di Francia" circa 350 persone, e si è aggiudicata una gara d'appalto con un prezzo di 34,80 € a persona al giorno. La Family solo per gli ospiti del "Di Francia" incassa ogni mese oltre 350mila euro, di questi soldi solo il 7% va direttamente ai 350 ospiti della struttura (circa 26 mila euro). L'azienda gestisce 14 strutture in provincia di Napoli per un giro d'affari da decine di milioni di euro. L'albergo "Villa Angela" ospita 200 persone mentre l'hotel ristorante "Il Rosone" ne ospita 100: anche in questo caso l'incasso complessivo supera i 300mila euro al mese. 

Il sistema dei bandi va avanti da circa tre anni anche se in alcuni casi le Prefetture concedono un affido diretto "nelle more dello svolgimento della gara d'appalto". In pratica, in situazioni di emergenza le Prefetture procedono all'affido diretto, dal momento che non ci sarebbe il tempo per espletare le normali procedure. Spesso l'affido diretto va dunque a chi già gestisce altri centri e ha disponibilità "immediata" di posti letto. Un circolo vizioso, che, in assenza di controlli, premia chi mette a disposizioni posti letto nel più breve tempo possibile. Poco importa in che modo.

Va infine ricordato che la maggior parte degli appalti ha una durata di due mesi, al termine dei quali solitamente si procede a una proroga che mantiene in essere il contratto tra l'ente gestore e la Prefettura. Ma fino a quando è possibile prorogare il servizio? Ipoteticamente, anche all'infinito. E la spesa a carico dello Stato lievita. Ovviamente, senza che nessuno si prenda la briga di controllare la qualità del servizio offerto. E la Prefettura? Tace e si rifiuta di rispondere (anche) alle nostre domande.

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