Tizio, proprietario di un terreno, procedeva al frazionamento del medesimo, poi donava il terreno ai due figli, al fine di permettere a questi ultimi di avere i mezzi per poter acquistare un'abitazione (prima casa). A questo punto i figli avevano due scelte: potevano vendere il terreno ed usare il ricavato per acquistare un appartamento o potevano stipulare una permuta di bene presente (terreno) con un bene futuro (l'appartamento – prima casa) e, la scelta negoziale posta in essere dai figli alla fine fu questa.
Secondo l'ufficio tributario una tale operazione non poteva essere costruita in questo modo, poichè avrebbe portato delle minori entrate allo Stato, questo significa che l'operazione messa in atto era elusiva e rappresentava un abuso di diritto.
La potenzialità elusiva dell'operazione negoziale, secondo l'ufficio tributario, poteva essere "provata" proprio dalla predisposizione, da parte del proprietario del terreno, di un frazionamento volto a scorporare le particelle edificabili pochi giorni prima della donazione del terreno ai figli e il frazionamento era tipicamente funzionale al trasferimento delle stesse particelle effettuato – di fatto – dopo pochi mesi; di conseguenza, lo scopo dell’operazione negoziale posta in essere è quello di eludere le imposte previste se la stessa operazione fosse stata realizzata con altri atti contrattuali.
In poche parole, secondo l'ufficio l'intera operazione negoziale doveva essere compiuta dal padre in questo modo (e la tassazione sarebbe stata maggiore): stipulando un contratto di appalto per la costruizione dell'edificio (atto tassato) poi vendendo l'edifiico a terzi (atto tassato) salvo due appartamenti. Poi, il padre, (semmai) poteva trasferire gli appartamenti ai figli (con una donazione o con una successione entrambe tassate). Per il fisco è irrilevante che, nel caso specifico, il padre metteva a disposizione dei figli il mezzo (terreno) per poter conseguire un risultato (l'acquisto della prima casa).
Deve essere chiaro che l'operazione compiuta dal singolo cittadino – contribuente non contrasta con alcuna specifica disposizione ed è perfettamente lecita, ma per il fisco è illecita la minore entrata tributaria derivante dello schema negoziale scelto o la minore entrata tributaria derivante dall'operazione negoziale scelta se sussistono altri schemi negoziali o altre operazioni negoziali che garantiscono il raggiungimento dellos tesso effetto e che garantiscono entrate maggiori per il fisco. Di conseguenza, secondo il sistema tributario italiano il vantaggio fiscale ottenuto dal singolo contribuente deve essere sanzionato, poichè deriverebbe dall’uso distorto di uno strumento giuridico (lecito).
E' evidente che in questa situazione il fisco si spinge fino al punto di contestare le scelte negoziali fatte dal singolo cittadino, di fatto, si vuole affermare il principio secondo cui l'autonomia negoziale è limitata dal principio secondo cui tra più schemi negoziali occorre scegliere quello che garantisce la maggiore entrata tributaria per lo Stato. Quindi, in presenza di più opzioni negoziali alternative tra loro, la scelta deve cadere su quella che garantisce un maggior gettito fiscale per lo Stato, (e più onerosa per il cittadino) e – secondo il fisco – tale principio vale, non solo se l'operazione negoziale è compiuta dal medesimo soggetto, ma anche se compiuta da soggetti diversi (come nel caso specifico padre e figli).
Questa vicenda può sembrare "lontana" dalla vita reale, ma in realtà è uno dei problemi che si affrontano tutti i giorni in molti studi professioniali, in cui tante operazioni negoziali, vengono "approvate" o "respinte" non perchè giuridicamente corrette o giuridicamente "scorrete", ma solo perchè il fisco potrebbe considerarle "elusive". L'elusione fiscale (e l'uso distorto del medesimo principio) è diventato un ulteriore mezzo di per tartassare il singolo cittadino. Basta pensare proprio la caso oggetto della Cassazione (e già descritto in precedenza) in cui un genitore donava ai figli al fine di permettere a questi ultimi di acquistare una casa (tale operazione è o non è elusione fiscale ?)
Cassazione, civ. sez. V, del 6 luglio 2012, n. 11357
Come già rilevato dai giudici di primo grado, non vi erano motivi per dubitare della concreta volontà del donante di beneficiare i propri figli per aiutarli a inserirsi e a compiere scelte, quale l’acquisto della prima casa, determinanti per il loro avvenire, anticipando così gli effetti della successione;
– i motivi prospettati dall’Ufficio non presentavano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza necessari per configurare la presunzione sulla base della quale l’Ufficio stesso aveva effettuato la ripresa;
– la irregolarità dell’operazione non era stata dimostrata né in ordine ai pagamenti effèttuati, rimasti sempre nella disponibilità dei donatari, né con riferimento alla scansione temporale delle diverse operazioni negoziali poste in essere, fermo restando che la tesi dell’Uffìcio non poteva essere sostenuta aprioristicamente, ma doveva essere valutata con riferimento alla singola fattispecie concreta;
Nel caso di specie il ricorrentie si basa su circostanze di fatto, quale la mancanza di prova circa il destinatario del pagamento del prezzo, invece espressamente escluse dal giudice del merito – che sul punto ha rilevato che i pagamenti ricevuti dai donatari sono rimasti sempre nello loro disponibilità – e comunque su di una ricostruzione del fatto difforme da quella accertata nella sentenza impugnata, nella quale si è dato atto che non vi erano motivi per dubitare della concreta volontà del donante di beneficiare i propri figli per aiutarli a inserirsi e a compiere scelte, quale l’acquisto della prima casa, determinanti per il loro avvenire, anticipando così gli effetti della successione, e che i motivi prospettati dall’Ufficio non presentavano le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza necessari per configurare la presunzione sulla base della quale l’Ufficio stesso aveva effettuato la ripresa a tassazione, fermo restando che in materia tributaria, il divieto dì abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici (Cass. S.U. 2008/30055).