Un pullo di aquila delle Filippine nato grazie all'inseminazione artificiale è morto a soli 17 giorni di vita. La notizia, diffusa dalla Philippine Eagle Foundation, ha messo in evidenza ancora una volta la fragilità di una delle specie più rare e minacciate al mondo. L'evento segna infatti un ulteriore duro colpo per il più importante programma di conservazione di questa maestosa specie che, nonostante gli sforzi e la dedizione di esperti e conservazionisti, continua a fare fatica a riprendersi rimanendo pericolosamente vicina all'estinzione.
Chi è l'aquila delle Filippine: uno dei rapaci più minacciati del pianeta
L'aquila delle Filippine (Pithecophaga jefferyi) è il simbolo nazionale del paese asiatico ed è una delle specie di rapaci più imponenti del pianeta, con un'apertura alare che può superare i due metri. Ma nonostante la sua grandezza, questa specie è anche una delle più vulnerabili al mondo, a causa di un drammatico declino della popolazione causato principalmente dalla perdita di habitat e dal bracconaggi. La sopravvivenza di questi uccelli dipende infatti strettamente da grandi aree di foresta incontaminata, un ecosistema che alle Filippine sta progressivamente scomparendo a causa della deforestazione e dell'espansione urbana.
Il pullo che non ce l'ha fatta era il trentesimo nato grazie a un innovativo programma di inseminazione artificiale, che aveva suscitato una certa speranza tra gli esperti. Si trattava di un maschio, il primo a nascere nel nuovo centro di allevamento chiamato National Bird Breeding Sanctuary (NBBS). L'inseminazione artificiale rappresenta l'ultima frontiera per incrementare le nascite di questa specie, poiché le aquile delle Filippine hanno enormi difficoltà a riprodursi da sole in cattività: la formazione delle coppie è lunga e complessa, e spesso maschi e femmine non riescono ad accoppiarsi, arrivando addirittura a uccidere i potenziali partner non graditi.
Perché un singolo aquilotto morto è una perdita enorme
Purtroppo, a distanza di pochi giorni dalla nascita, il pullo ha cominciato a mostrare evidenti segni di sofferenza e difficoltà respiratorie. Nonostante le cure tempestive e le rigide procedure igieniche seguite dagli esperti del centro, l'aquilotto è morto il 29 novembre, probabilmente a causa di una condizione nota come ritenzione del sacco vitellino. Questa patologia, che può derivare da infezioni batteriche, è abbastanza comune negli allevamenti di polli, ma non era mai stata riscontrata in questo progetto. La causa precisa della morte è stata confermata dalla necroscopia, ma la fondazione non ha escluso altre possibili complicazioni legate alla salute generale del pullo, che era comunque sottopeso rispetto alla media.
Questo perdita non è solo una sconfitta per il singolo aquilotto morto, ma un duro colpo per l'intero progetto di recupero della specie. Le aquile delle Filippine sono infatti talmente rare che oggi, nel loro habitat naturale, si contano appena circa 392 coppie. In cattività, i pulli nati di recente sono invece appena 30. Tuttavia, nonostante l'impegno della Philippine Eagle Foundation, che da oltre 37 anni cerca di salvare la specie, nessuna delle aquile allevate in cattività in tutti questi anni e poi liberate è riuscita a sopravvivere in natura. Sono tutte morte a causa del bracconaggio o per incidenti, come l'impatto con i cavi delle linee elettriche, una delle principali cause di morte per i rapaci in tutto il mondo.
Un futuro incerto e appeso a un filo
In natura, inoltre, ogni coppia di aquila necessita di un territorio grande almeno 4.000 ettari di foresta per cacciare, riprodursi e allevare i proprio piccoli. Ma la foresta pluviale filippina, l'unico habitat rimasto al mondo per questo maestoso rapace, è sempre più minacciata dall'espansione agricola, dalla deforestazione e dalla crescita delle aree urbane. Il futuro di uno dei rapaci più grandi e iconici di tutti rimane quindi appeso a un filo e con un numero così esiguo di adulti riamasti in natura la specie è inserita nella categoria "In pericolo critico" dalla IUCN, quella immediatamente precedente all'estinzione.
Eppure, la fondazione non si arrende. Nonostante i fallimenti e le enormi difficoltà, gli esperti non smettono di sperare che, grazie al supporto delle tecnologie moderne di riproduzione assistita e alla tutela delle ultime porzioni di foresta rimaste alle Filippine, la specie può ancora essere salvata. La perdita di questo pullo, quindi, è un ulteriore, tragico promemoria di quanto sia fragile e incerto il destino delle specie in pericolo e della necessità urgente di un ulteriore impegno collettivo per proteggere le ultime foreste dove volano le aquile delle Filippine. Se non si interviene rapidamente, rischiamo di perdere per sempre uno degli animali più iconici al mondo.