Trasformare la zanzara da vettore della malaria a strumento per immunizzare le persone. È l'obiettivo di un team internazionale che ha usato il parassita responsabile della malattia nell'essere umano per l'immunizzazione.
Questa strategia ha dimostrato un'efficacia dell'89% secondo lo studio pubblicato sul The New England Journal of Medicine. La protezione fornita dai due vaccini attualmente approvati va dal 50 all'80%, con una durata di circa 1 anno a cui devono seguire periodici richiami. Secondo i ricercatori, i vaccini attualmente approvati forniscono una «protezione modesta e di breve durata contro la malaria. L'immunizzazione con parassiti della malaria Plasmodium falciparum vivi attenuati è una strategia di vaccinazione alternativa che ha il potenziale per migliorare la protezione».
Come si trasmette la malaria e cosa c'entrano le zanzare
La zanzara è l'animale che uccide di più al mondo, l'unico che supera l'essere umano nelle classifiche internazionali, e il motivo sta proprio nella capacità di trasmettere la malattia. Secondo gli ultimi dati diffusi dall'Organizzazione mondiale della Sanità, nel 2022 si sono verificati nel mondo 249 milioni di casi di malaria che hanno causato 608 mila decessi in totale. E la tendenza non accenna a diminuire: il numero di contagi ha avuto un aumento di cinque milioni rispetto al 2021.
Non tutte le zanzare però sono responsabili della diffusione della malaria. Solo cento specie, tutte appartenenti al genere Anopheles, vengono infettate dal parassita che trasporta il virus, il Plasmodium. Questi parassiti vengono inoculati nell'uomo attraverso la puntura della zanzara e viaggiano poi dal sangue al fegato dove si riproducono. Questa è la fase cruciale per lo sviluppo della malattia.
La gravità della malattia dipende anche dalla specie del parassita, il più pericoloso è il Plasmodium falciparum, responsabile della forma più grave di malaria. Proprio questo è stato scelto dai ricercatori per il loro esperimento.
Gli esiti dell'esperimento sulle persone esposte al contagio
Lo studio è stato condotto all'interno del Leiden University Medical Center e del Radboud University Medical Center, nei Paesi Bassi. Qui il team di ricercatori ha modificato il parassita arrestandone lo sviluppo una volta che questo raggiunge la fase epatica, e si trova quindi all'interno del fegato, circa 6 giorni dopo l'inoculazione.
A questo primo gruppo ne sono stati affiancati altri due: a uno è stato somministrato il placebo, mentre al secondo una versione modificata del parassita in una fase meno avanzata dello sviluppo.
Successivamente i partecipanti allo studio, ventidue adulti di età compresa tra 18 e 35 anni e in buona salute, sono stati nuovamente esposti alle zanzare, questa volta però erano portatrici di malaria. L'89% dei pazienti esposti al parassita con sviluppo arrestato alla fase epatica è risultata immune alla malattia.
«Questo studio ha mostrato prove di una maggiore immunogenicità cellulare ed efficacia protettiva con un parassita geneticamente attenuato ad arresto tardivo, rispetto a un parassita ad arresto precoce», sottolineano i ricercatori.