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Un gruppo di orche ha imparato a cacciare il pesce più grande al mondo, lo squalo balena: mai visto prima

Un singolo gruppo di orche che vive nel Golfo di California, in Messico, ha sviluppato comportamenti e strategie specifiche per cacciare gli squali balena. Non era mai stato documentato prima un comportamento del genere, l'ennesima prova delle straordinarie capacità di questi predatori sociali.

29 Novembre 2024
6:00
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Le orche hanno afferrato uno squalo balena e lo spingono verso la superficie. Foto di Kelsey Williamson

Le orche sono i super-predatori per eccellenza degli oceani di tutto il mondo. Cetacei sociali, intelligenti e in grado di adattare le loro tecniche di caccia alle singole prede, ogni popolazione o persino nucleo familiare, sviluppa proprie abitudini e preferenze alimentari, che vengono poi insegnate e tramandate culturalmente alle generazioni successive. E così ci sono popolazioni di orche che si sono specializzate nella caccia dei pesci, altre che preferiscono i mammiferi marini, altre ancora che puntano persino alle gigantesche balene.

Ora però, un singolo gruppo – o pod, come vengono chiamati i nuclei sociali di orche – che frequenta le acque messicane del Golfo di California sembra aver sviluppato una nuova abitudine del tutto inedita: cacciare gli squali balena, il pesce più grande del mondo, che può superare i 18 metri di lunghezza. Fino a oggi, non era mai stato documentato un comportamento del genere, che è stato descritto nel dettaglio in un nuovo report recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science.

La straordinaria intelligenza delle orche

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Un’orca colpisce uno squalo balena con la testa. Foto di Kelsey Williamson

Le orche (Orcinus orca) sono note per la loro incredibili capacità cognitive e di apprendimento. Abitudini, stili di caccia e persino vere e proprie mode si sviluppano in modi diversi e unici tra le varie popolazioni o ecotipi e persino all'interno dei singoli gruppi familiari. Alcuni esempi famosi sono due orche sudafricane chiamate Port e Starboard, che hanno affinato le loro tecniche per cacciare i grandi squali bianchi e mangiarne solamente il fegato, ricco di lipidi. Oppure le orche che, nel 1987, presero l'abitudine di posizionarsi dei salmoni morti sulla testa, un comportamento che divenne una sorta di moda passeggera scomparsa e poi riapparsa di tanto in tanto diversi anni dopo.

Di recente, invece, hanno fatto il giro del mondo le ripetute interazioni con le imbarcazioni al largo della Penisola Iberica, che oltre ad aver causato l'affondamento di diverse barche a vela, hanno evidenziato ancora una volta come questi cetacei possano sviluppare rapidamente abitudini e comportamenti nuovi e unici, insegnati e tramandati poi culturalmente agli individui più giovani. In questo contesto, le orche del Golfo di California, in Messico, dimostrano per l'ennesima volta come questi predatori sociali siano in grado di sviluppare strategie di caccia specifiche e adattate alle singole prede.

Gli attacchi inediti agli squali balena

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Moctezuma, il maschio adulto del pod, riconoscibile per la forma della sua pinna dorsale. Foto di James Moskito

Tra il 2018 e il 2024, sono stati documentati quattro diversi attacchi di orche nei confronti degli squali balena (Rhincodon typus) nel Golfo di California, dove questi pesci si radunano periodicamente in grandi numeri per via dell'abbondanza di cibo. I ricercatori, guidati da Erick Higuera Rivas, hanno inoltre identificato un singolo maschio chiamato Moctezuma come uno dei protagonisti principali di questi attacchi. Il maschio era infatti presente in tre di questi episodi, accompagnato e seguito in alcune circostanze da altre femmine del suo stesso pod. La tecnica utilizzata per abbattere gli squali balena sembra inoltre molto simile a quella che altri pod utilizzano per cacciare razze e altre specie di squali.

Durante l'attacco di gruppo, le orche collaborano per capovolgere lo squalo. Questo induce infatti la cosiddetta immobilità tonica, una sorta di paralisi tipica degli squali che rende questi pesci incapaci di difendersi o fuggire. Una volta immobilizzato, i cetacei prendono poi di mira l'area pelvica, probabilmente sfruttando la minore protezione muscolare e cartilaginea di quell'area del corpo e causando gravi ferite che permetto facilmente di arrivare agli organi interni, come il fegato. Il fegato degli squali è infatti un'importante fonte di energia per le orche, grazie al suo elevato contenuto di grassi. Tuttavia, sottolineano gli autori, non sono state raccolte prove dirette del consumo di quest'organo, ma tutti gli indizi portano lì.

Le implicazioni ecologiche e culturali

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Due orche portano via pezzi di carne di squalo balena. Foto di Kelsey Williamson

Questi attacchi e queste osservazioni suggeriscono che molto probabilmente il pod di Moctezuma abbia sviluppato competenze e abilità uniche specifiche per cacciare squali balena. È l'ennesima dimostrazione di come il comportamento e la cultura delle orche sia profondamente legata anche alla geografia e alle risorse disponibili. Lo stesso è accaduto per esempio con le orche della Patagonia protagoniste di numerosi documentari e che si spiaggiano deliberatamente per catturare i leoni marini sulla battigia. Oppure con quelle che vivono nelle fredde acque antartiche, che invece nuotano in perfetta sincronia per generare onde e far cadere in acqua foche e pinguini rimasti isolati sulle lastre di ghiaccio galleggianti.

Tuttavia, essere così specializzate nella dieta, può essere anche un'arma a doppio taglio. Un regime alimentare così ristretto le rende più vulnerabili: se i cambiamenti climatici o le attività umane dovessero ridurre il numero di prede – in questo caso i già minacciati squali balena – i pod come quello di Moctezuma potrebbe avere difficoltà a sopravvivere. Proprio per questo, i ricercatori sottolineano la necessità di regolamentare in maniera più stringente le attività turistiche nelle acque del golfo, famose in tutto il mondo e frequentate proprio per osservare gli squali balena, per garantire che non interferiscano troppo con questi predatori marini e le loro prede.

Le orche, predatori straordinari

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Le orche emergono per respirare prima di sferrare l’attacco finale. Foto di Kelsey Williamson

Gli attacchi documentati nel Golfo di California si aggiungono al già vastissimo repertorio delle abilità di caccia di questi straordinari predatori. Pesci, tartarughe, uccelli, razze, squali, foche, delfini, balene e ora anche i pesci più grandi del pianeta. Non c'è specie che nuoti in mezzo al mare che può ritenersi al sicuro. Le capacità delle orche di collaborare, apprendere e adattare le proprie strategie di caccia alle singole prede, continuano a stupire scienziati e appassionati, permettendo a questi predatori sociali di avere un ventaglio di possibilità quasi infinito. Moctezuma e il suo pod aggiungono quindi un nuovo capitolo sull'intelligenza e la complessità culturale di questi meravigliosi cetacei.

Ogni nuova scoperta sul loro comportamento, sulle loro abitudini e sulle loro abilità di caccia così sofisticate, ci ricorda che non siamo di fronte a semplici predatori, ma a mammiferi sociali unici che collaborano e adattano le loro strategie e il loro stile di vita a seconda del singolo caso o della singola necessità. Studiare e osservare le orche significa perciò entrare in contatto con un mente animale diversa da tutte le altre. Non necessariamente migliore o superiore, ma così complessa e simile alla nostra nel sapersi innovare e adattare, che continuerà a stupirci e a meravigliarci ancora a lungo. Di questo possiamo esserne certi.

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