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Lo smartphone è uno schermo che si frappone tra noi e l'oggetto che stiamo fotografando, impedendoci di vedere il pericolo anche quando è evidente. Di questo fenomeno è rimasta vittima anche una turista canadese di 55 anni che venerdì 7 febbraio stava passeggiando sulla spiaggia di Providenciales, località turistica delle isole Turks e Caicos, nell'arcipelago delle Bahama.
Secondo le prime ricostruzioni, la donna stava passeggiando a riva quando nelle acque poco profonde ha visto uno squalo e gli si è avvicinata per scattare una foto. L'animale però ha reagito mordendo la donna. Nonostante i tempestivi soccorsi e il viaggio al Cheshire Hall Medical Centre, alla 55enne sono state amputate entrambe le mani: la destra fino al polso e la sinistra fino a metà dell'avambraccio.
Quello che è avvenuto ha lasciato senza parole gli osservatori e gli utenti che in queste ore stanno commentato la notizia sui social. La domanda ricorrente è sempre la stessa: come ha fatto la turista a non capire che avvicinandosi a uno squalo avrebbe rischiato di restare ferita o addirittura morire? Per fare chiarezza abbiamo chiesto all'ittiologo Francesco Tiralongo, ricercatore dell'Università di Catania: "La gente sembra aver dimenticato che gli squali sono predatori e come tali potenzialmente aggressivi, quindi avvicinandosi per mettere loro le mani davanti al muso è normale che poi si corra il rischio di farsi mordere".
Le responsabilità dell'industria turistica
Le piccole Turks e Caicos, dove la turista canadese si trovava in vacanza, come le altre isole delle Bahama sono famose per le spiagge di sabbia bianca, il mare cristallino e i pesci dai colori sgargianti. Anche se formalmente è territorio britannico, l'arcipelago è ai tropici e per questo buona parte dell'industria turistica si basa su snorkeling ed escursioni naturalistiche alla scoperta della fauna locale.
Tra i business più fiorenti c'è anche quello delle immersioni con gli squali, compresi quelli di grandi dimensioni come il tigre o l'estuarino, indiziati per quest'ultimo episodio. Allo scopo di richiamare il maggior numero di animali e offrire ai turisti paganti un'esperienza indimenticabile, è noto che agenzie in tutto il mondo utilizzino la pasturazione, una pratica non lecita che si basa sul rilascio in acqua di un misto di sangue e interiora per richiamare gli squali.
"Usare esche per attirarli e osservarli può scatenare la cosiddetta frenesia alimentare e in questi stati di eccitazione la possibilità che avvenga un incidente, anche grave, aumenta – fa notare Tiralongo – L'industria turistica che lucra su questi animali deve riconsiderare ed evitare pratiche dannose come il toccarli e disturbarli. Gli squali sono belli da vedere e da ammirare, ma solo da lontano, non bisogna interferire in alcun modo con la loro natura".
I rischi sono sotto gli occhi di tutti, eppure il turismo di massa continua a prendere di mira gli animali selvatici, arrivando persino in Antartide. "Questa continua prossimità abitua lo squalo alla presenza umana, un fenomeno negativo perché più aumenta la vicinanza e maggiore sarà il rischio di un attacco, tuttavia col tempo stiamo dimenticando che questi animali sono potenzialmente pericolosi".
Il problema è anche nelle immagini virali di incontri con squali, sempre più diffuse, in cui si vede il sub che dando un lieve colpetto sul muso dello squalo riesce a deviarlo e quindi a evitare il peggio ma nella realtà non funziona così. "L'oggettificazione degli squali attraverso i social impedisce di vedere la loro natura di predatori. Molte persone fanno foto senza usare cautele pur di avere qualche like e questo causa l'emulazione del comportamento rischioso. Molti canali propongono una divulgazione non corretta dal punto di vista scientifico che fanno pensare che questi animali non rappresentino un rischio e che quindi possono essere toccati e avvicinati".
In tutto il 2024 nel mondo ci sono stati 24 attacchi mortali di squalo secondo le ultime rilevazioni dell'International Shark Attack File, database gestito dal Museo di Storia Naturale della Florida, mentre ogni anno gli esseri umani uccidono tra i 60 milioni e i 270 milioni di squali, come ha denunciato l'esperto Alessandro De Maddalena. È quindi vero che statisticamente noi siamo più pericolosi per gli squali di quanto loro non lo siano per noi, ma questo non significa che non esistano rischi.
"Ci deve essere un bilanciamento tra i due tipi di informazione, quella del non panico e della consapevolezza", sottolinea Tiralongo.
Perché lo squalo ha attaccato la turista canadese: le possibili cause
Se sui social ci sono video virali di persone che nuotano tranquillamente all'ombra degli squali, e anche nella località dove siamo in vacanza vengono sponsorizzate gite per osservarli da vicino, si può comprendere come la 55enne canadese possa essere stata indotta nell'errore di credere che avvicinandosi a riva allo squalo non avrebbe corso rischi.
"Se si trova davanti delle mani le morderà. Non sappiamo esattamente le dinamiche perché non ci sono video, ma sappiamo che esattamente come per tigri o leoni anche lo squalo morde per difendersi e predare".
Per questo gli animali allo stato selvatico non vanno toccati, soprattutto se si è inesperti è il monito di Tiralongo: "Solo i ricercatori hanno le conoscenze e l'attrezzatura per farlo, se io vado a toccare l'animale è per un motivo: perché devo piazzare un tag o fare un esame, ma andare in un ambiente sconosciuto per toccare animali che non si conoscono è l'equivalente di prendere un serpente velenoso a mani nude e pretendere che questo non ci morda".