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31 Dicembre 2024
12:18

Tragedia a Marsa Alam: cosa sappiamo dell’attacco dello squalo e i possibili motivi per cui è accaduto

Domenica 29 dicembre, l'attacco di uno squalo a Marsa Alam ha causato la morte di Gianluca Di Gioia. Cerchiamo di capire meglio il comportamento di questi predatori. Con l'aiuto dell'ittiologo Francesco Tiralongo, analizziamo possibili cause e circostanze che portano, ancora troppo spesso, a queste tragedie.

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Domenica 29 dicembre, Marsa Alam, una delle destinazioni turistiche più popolari del Mar Rosso, è stata teatro di una tragedia. Gianluca Di Gioia, un turista italiano di 48 anni, ha perso la vita a seguito di un attacco di squalo mentre praticava snorkeling. L'incidente, avvenuto al di fuori dell'area di balneazione, a circa 50 metri dal pontile, ha lasciato il mondo del turismo e della biologia marina a interrogarsi ancora una volta su una questione complessa e spaventosa: perché gli squali attaccano l'uomo.

Ricostruzione dell'accaduto

Secondo le prime informazioni fornite dal Ministero dell'Ambiente egiziano, l'attacco si è verificato nelle prime ore del mattino. Gianluca si trovava in acque profonde, accompagnato da un altro turista italiano, che nel tentativo di aiutarlo è rimasto ferito, ma in modo non grave. Non è ancora confermato con certezza quale specie di squalo sia responsabile, ma gli esperti sospettano che si tratti di uno squalo tigre (Galeocerdo cuvier), lo stesso che, qualche mese prima, nella stessa zona, era stato protagonista di un altro attacco fatale ai danni di un giovane turista russo.

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Lo squalo tigre fa parte dei cosiddetti "Big Three", insieme allo squalo bianco e allo squalo leuca, specie note per essere coinvolte negli attacchi all'uomo. Grandi, potenti e abituati a muoversi nelle acque costiere, spesso frequentano le stesse aree in cui si trovano i bagnanti.

Perché gli squali attaccano l'uomo?

L'ipotesi più comune per spiegare gli attacchi di squalo è quella dello “scambio di preda”: lo squalo confonderebbe l'uomo con le sue prede naturali, come foche o pesci di grossa taglia. Tuttavia, recenti studi stanno mettendo in discussione questa teoria, dimostrando che gli squali sono perfettamente in grado di distinguere un essere umano da una foca. In realtà, sembra che alcuni attacchi abbiano una matrice predatoria chiara. Come ha affermato l'ittiologo Francesco Tiralongo, ricercatore presso l'Università di Catania: «Un grosso squalo affamato può attaccare se ha fame», specialmente in condizioni di sovraffollamento delle acque, come quelle di Marsa Alam, che accolgono ogni anno migliaia di turisti.

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Albert Kok

Il mare, in particolare nelle destinazioni turistiche come Marsa Alam, è sempre più frequentato da bagnanti, sub e snorkeler, il che aumenta la possibilità di incontrare con gli squali. La presenza massiccia di esseri umani può alterare il comportamento naturale di questi predatori, aumentando il rischio di conflitti. Tuttavia, è importante sottolineare che, secondo l'International Shark Attack File (ISAF), gli attacchi di squalo sono eventi estremamente rari: ogni anno si registrano circa 69 attacchi in tutto il mondo, di cui soltanto tra i 5 ei 10 risultano fatali.

Il ruolo dei tour operator e delle esche

Uno dei problemi più preoccupanti emersi negli ultimi anni è l'abitudine di alcuni tour operator di utilizzare esche per attirare gli squali e offrire ai turisti l'emozione di vederli da vicino. Questa pratica, oltre ad essere illegale in molti Paesi, contribuisce a creare un'associazione pericolosa nella mente degli squali, che imparano a collegare il cibo alla presenza degli esseri umani. Questo comportamento può scatenare la cosiddetta "frenesia alimentare", spingendo gli squali sempre più vicino alla riva e aumentando il rischio di morsi accidentali o, peggio, di attacchi.

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Non è emerso che, nel caso dell'attacco a Gianluca Di Gioia, siano state utilizzate esche, ma il fenomeno dell'alimentazione artificiale degli squali potrebbe aver contribuito a rendere questi predatori più inclini ad avvicinarsi alle aree frequentate dai bagnanti.

Cosa fare in caso di attacco?

La cosa più importante è prevenire: evitare di fare il bagno in ore crepuscolari, ed evitare zone conosciute per la presenza di diverse specie di squali. Inoltre non si dovrebbe mai e poi mai andare troppo lontano dalla costa e restare isolati, in queste acque è prudente muoversi sempre con persone del posto che sanno quali sono le aree più sicure.

Nel raro caso di un comportamento aggressivo da parte dell'animale ci sono delle aree da colpire per scoraggiare l'animale, come conferma l’ittiologo Tiralongo: il muso dello squalo, così come i suoi occhi, sono aree particolarmente sensibili. Quindi si possono dare forti colpi a mano aperta sul muso, oppure provare a ferirlo impedendogli la vista. In questi casi l'animale potrebbe essere infastidito al punto da convincersi a lasciar perdere la sua impresa.

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È sempre difficile affrontare la questione di una vita spezzata in circostanze legate alla natura e al comportamento dei predatori. Da un lato, si teme di non riuscire a trasmettere il rispetto adeguato per una scomparsa così dolorosa, dall’altro, si vuole evitare di rappresentare gli squali come nemici spietati, poiché non lo sono.

Le cose dovrebbero andare diversamente. Non dovremmo mai trovarci di fronte a violenze di questo tipo. Allo stesso tempo, però, dobbiamo impegnarci seriamente a cambiare la nostra mentalità collettiva. Non si tratta di demonizzare gli squali, ma di diffondere informazioni corrette e consapevolezza, per ridurre al minimo i rischi di incontri pericolosi. È essenziale capire queste specie per quello che sono realmente e adattare il nostro comportamento di conseguenza, per prevenire situazioni che possano mettere a rischio sia la vita umana che l’equilibrio naturale.

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