Da tre anni, i quasi 300 cani che si trovano ancora nell'«allevamento degli orrori» di Trecastelli di Ancona hanno finalmente una speranza di essere adottati. Qui si è verificato uno dei più grandi disastri sanitari mai accaduti in ambito veterinario nella storia recente italiana: nel 2021 è esploso un focolaio di brucellosi canina che ha coinvolto più di 140 cani. Un episodio che in quello stesso anno è finito sul tavolo del ministro della Salute, allora retto da Roberto Speranza.
Spostarli era troppo rischioso all'epoca a causa della possibilità di espandere il contagio ad altri animali e anche alle persone, e da allora le centinaia di cani dell'allevamento sono rimasti confinati nella struttura anconetana. Oggi, però, vedono una luce alla fine di tre anni di buio: le associazioni di tutela animale hanno ottenuto dal giudice di poter supportare l’assistenza veterinaria dei cani, aprendo così la strada alle adozioni.
Il processo Trecastelli: cosa ha deciso il giudice
A gennaio 2021 i Carabinieri Forestali di Ancona sono entrati nella struttura dove si sono trovati davanti una situazione di degrado inimmaginabile. La struttura, autorizzata per ospitare 71 cani, ne conteneva oltre 800 di cui diversi rinchiusi in trasportini, in ambienti «pervasi dall'odore nauseabondo dell'ammoniaca prodotta dalle deiezioni», come spiegarono i Carabinieri.
Abbandono di animali, disastro colposo e corruzione sono solo alcune delle accuse con cui sono state rinviate a processo sei persone: i proprietari della struttura, un allevatore, il diretto del servizio sanità animale dell'ex Area Vasta 2 e due dirigenti veterinari dell'azienda sanitaria. Altre tre persone hanno invece patteggiato.
Il processo si aprirà ufficialmente a luglio 2025, ma nel frattempo il giudice è intervenuto per salvare i cani, tutti di piccola taglia, che si trovano da allora bloccati nell'allevamento lager a causa del focolaio di brucellosi, l'unico d'Europa.
La brucellosi è una malattia infettiva causata dal germe Brucella canis. Si riscontra più frequentemente nei canili o allevamenti e può essere trasmessa anche all'uomo. Nonostante la malattia fosse stata già attestata nel 2020, con conseguente blocco sanitario, gli animali hanno continuato a essere venduti in Italia e all'estero, fino al sequestro dell'anno successivo.
Cosa succederà ora ai cani dell'allevamento
Dopo tre anni, e innumerevoli appelli, le associazioni ENPA, LAV, LEIDAA, LNDC Animal Protection e OIPA sono riuscite a sbloccare la situazione. Grazie all’ausilio di attrezzature da campo, una delegazione composta da tre medici veterinari di fiducia delle associazioni e da propri operatori, assieme ai volontari della locale Amici Animali, ha effettuato a campione uno screening utile a valutare lo stato di salute generale degli animali.
Inoltre, preso atto che gli ultimi test ufficiali sui cani risalgono allo scorso anno, sono stati eseguiti, sempre a campione, test rapidi per rilevare nei cani la presenza della brucellosi canina nella speranza da avere un’idea dell’andamento della malattia.
Su sessanta cani analizzati solo uno è risultato positivo al test. Se la negatività fosse confermata dagli esami ufficiali eseguiti dall’Istituto Zooprofilattico di competenza, per almeno una cinquantina dei 268 cani presenti nell’allevamento potrebbe finalmente aprirsi la porta dell’adozione, con una ricaduta positiva sia sugli animali sia sulla collettività tutta considerato che il mantenimento dei cani grava sulle casse regionali.
«Alla luce di questi risultati – hanno fatto sapere le associazioni – confidiamo che l’Istituto Zooprofilattico di Teramo effettui con urgenza i test per la brucellosi su tutti i cani in modo che possano essere avviati tempestivamente l’osservazione e il monitoraggio di quelli che risulteranno negativi per essere finalmente adottati e al contempo non essere più a carico delle Istituzioni». Basti pensare che oltre 1 milione e mezzo di euro i fondi pubblici sono stati stanziati nel 2022 dalla Regione Marche, con veterinari pubblici e maestranze impiegate quotidianamente da un anno e mezzo per gestire gli animali.
«I cani presenti nell’allevamento sono docili e tranquilli, molte famiglie sarebbero disposti ad adottarli, non è accettabile privarli della possibilità di una casa che li accolga – hanno aggiunto – Anche coloro che, invece, a causa della malattia non potranno lasciare l’allevamento potrebbero trarre un beneficio dall’alleggerimento della struttura in quanto potrebbero avere più spazi e maggior tempo loro dedicato. È un dovere morale, professionale e civile monitorare il decorso della malattia e trovare la soluzione migliore per la gestione dei cani e del loro inserimento in famigli».