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La VI Commissione dell’Assemblea Regionale Siciliana ha fermato l’iter della discussa legge sul randagismo. Il testo è stato fortemente criticato dalla società civile e soprattutto dalle associazioni di volontariato che si sono viste private del loro ruolo di salvaguardia degli animali vaganti del territorio.
La legge tanto discussa però non è affatto nuova, era già stata approvata nell’estate del 2022, quando grazie a significativi elementi di novità era stata salutata come una tra le migliori legge sul randagismo in Italia. Nei successivi tre anni però l'Assemblea siciliana non ha mai emanato i decreti attuativi, lasciandola di fatto lettera morta. Questo fino al 4 marzo quando attraverso una serie di modifiche ed emendamenti i consiglieri hanno rivisto il testo, applicando modifiche che gli addetti al settore hanno giudicato errate.
La sollevazione popolare è stata tanto intensa da bloccare l'iter, allo scopo di rivedere il testo in cerca di un migliore bilanciamento tra l'applicabilità della legge e i suoi profili di novità. Un auspicio che attraverso Fanpage.it era arrivato anche dal Garante dei diritti animali della Sicilia, Giovanni Giacobbe Giacobbe.
L'avvocato: "Legge scandalosa, va modificata"
"Si è aperto uno spazio di discussione su questa proposta, ma con le modifiche attuali è scandalosa e irricevibile – Sono le parole dell'avvocato Michele Pezone della Lndc Animal Protection che a Fanpage.it sottolinea i problemi di questa legge – Mette fuori dalla porta chi fino ad ora ha cercato di adoperarsi per salvaguardare gli animali".
La Lndc aveva inviato le proprie considerazioni all’organo legislativo della Regione Sicilia, ai capigruppo e ai componenti della Commissione denunciando il rischio che le modifiche potessero trasformare la gestione del randagismo in un business a danno degli animali.
La modifica più criticata infatti riguarda l'esclusione delle associazioni dalla gestione dei rifugi. Ad sono proprio i volontari ad occuparsi dei cani vaganti e dei canili, un supporto fondamentale per le amministrazioni comunali, spesso prive delle risorse umane ed economiche necessarie, soprattutto in un territorio delicato come quello siciliano dove il randagismo è un fenomeno di proporzioni tali da mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa degli animali, andando anche ad incidere sui bilanci dei piccoli Comuni.
La speranza però permane: "Ci sarà tempo e modo per costruire una proposta ricevibile. Ora comincia una fase di confronto con audizioni in Assemblea", conferma Pezone. I primi confronti con le associazioni, volte a produrre un testo migliore inizieranno già la prossima settimana.
"L'emanazione dei decreti attuativi darebbe forza migliorativa alla legge – propone l'avvocato – Sappiamo di dover trovare un bilanciamento ma il testo non può essere peggiorato come invece è stato fatto. Basti pensare che è stato ridotto anche il numero di ore in cui i canili devono restare aperti".
I problemi della legge secondo gli attivisti
Il disegno di legge presenta una serie di punti critici sui quali gli attivisti della Lndc Animal Protection avevano inviato all'Assemblea siciliana, ai capigruppo, e alla VI Commissione, alcune osservazioni condivise da buona parte delle associazioni animaliste:
- Esclusione delle associazioni: la sostituzione del riferimento alle associazioni con “soggetti privati” per la gestione dei canili e delle strutture di accoglienza potrebbe portare a un monopolio da parte di aziende interessate solo al profitto, a scapito del benessere degli animali;
- Eliminazione degli incentivi per le adozioni: la cancellazione dei voucher per l’acquisto di prodotti per animali e degli sgravi fiscali scoraggerebbe le adozioni, aumentando il numero di animali nei rifugi;
- Soppressione delle case famiglia per cani: queste strutture, nei fatti dei microcanili che rappresentano un'alternativa più accogliente e meno traumatica rispetto ai canili, e la loro eliminazione sarebbe un passo indietro nella tutela degli animali;
- Riduzione dei controlli e degli standard nei canili: la modifica della normativa eliminerebbe l’obbligo di formazione per gli operatori, diminuirebbe il numero di addetti per la cura degli animali e abolirebbe la scheda identificativa per ogni cane, rendendo più difficile monitorare le condizioni degli animali nei rifugi;
- Blocco della reimmissione dei cani sul territorio: vietare il rilascio controllato dei cani sterilizzati aumenterebbe il sovraffollamento dei canili e i costi di gestione per i Comuni, invece di rappresentare una soluzione sostenibile per il fenomeno del randagismo.