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Avere un cane anziano o malato a casa significa dover rivedere la propria routine in funzione delle sue necessità. Adattarsi però non è sempre facile, soprattutto nel lavoro. Alcune persone più fortunate, come Federica, sono riuscita a fare combaciare esigenze lavorative e familiari, ma non tutti hanno questa possibilità. Lo sa bene Patrizio Onori, attivista di Asti, che insieme al suo compagno 9 anni fa ha adottato la cagnolina Nana, che oggi ha 16 anni e tante patologie dovute all'età.
"Nana ha gravi problemi di demenza senile, dolori alla colonna vertebrale e alle anche. Ha ormai difficoltà ad alimentarsi e assume circa una decina di pastiglie al giorno, compresi oppiacei per il dolore cronico. I costi del veterinario sono altissimi e ci sono pesanti ricadute sull’organizzazione della vita. Se al lavoro chiedi dei permessi per seguire la cagnolina ti guardano come se fossi un extraterrestre", denuncia Patrizio.
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Conciliare vita e lavoro quando hai un cane malato: "Impossibile, esiste uno stigma"
Se per Patrizio la gestione del lavoro è più semplice, lo stesso non può dirsi per il suo compagno: "Aveva chiesto esplicitamente il permesso di non essere trasferito ma questa richiesta non è stata affatto presa in considerazione. Adesso lui lavora in un'altra città e questo lo porta a stare via tutto il giorno e a non potersi occupare di Nana come faceva prima. Il permesso di non essere trasferito era circoscritto nel tempo, eppure è stato totalmente disatteso. Probabilmente la richiesta è stata ritenuta di minore importanza rispetto ad altre perché riguarda un cane, invece sono proprio queste situazioni che stravolgono la vita, perché accudire un cane anziano prende molta energia, sia fisica che psicologica. Esiste ancora uno stigma da questo punto di vista".
Nana ha una serie di problematiche decisamente invalidanti: è incontinente, ha la demenza senile, è ipertesa, ed è completamente cieca da 4 anni. Sia le cure che la gestione quotidiana richiedono quindi tempo e attenzione: "È veramente molto, molto pesante", conferma Patrizio. Lo è ancora di più da quando il suo compagno è stato trasferito in un'altra sede della stessa azienda per lavoro, lasciando quindi a lui solo la responsabilità della cagnolina.
"Prima ci alternavamo nell'assistere Nana perché abbiamo orari di lavoro diversi, adesso il mio compagno è fuori tutto il giorno, parte la mattina alle otto e torna a casa alle sette e mezza di sera. Io fortunatamente lavoro vicino e riesco anche a tornare a casa durante la giornata, quindi riesco ad accudirla, ma con grande sforzo. Prima era tutto condiviso, adesso lo sforzo è sbilanciato e sento un peso psicologico molto più grande".
A questo si aggiunge la consapevolezza di stare vicino a un essere che soffre: "Vedere la propria cagnolina soffrire ti fa sentire impotente. Quando incontri una persona che sta male ne sei cosciente perché lo dice con le parole, ma con i cani devi essere bravo a interpretare il loro stato di benessere o di malessere".
Patrizio è a tutti gli effetti il caregiver della sua cagnolina, e come lui migliaia di altre persone in Italia dove ci sono 8,8 milioni di cani nelle case delle famiglie. Eppure questo ruolo non ha alcun riconoscimento nella società, né di tipo emotivo né pratico.
Ambulatori sociali e la necessità del sostegno delle istituzioni
Con l'aumentare della sensibilità nei confronti degli animali crescono anche le richieste di avere maggiore sostegno da parte delle istituzioni. Una domanda che non è stata disattesa ovunque. Esistono città che hanno dato il via a una serie di iniziative per sostenere le famiglie con animali attraverso servizi al cittadino di vario tipo, compresi gli ambulatori veterinari sociali istituiti a Roma, Biella, Verbania e in alcune località della Sicilia.
"Mi rendo conto che questo non è il problema più grande del nostro paese – spiega Patrizio – però da queste piccole cose si riconosce un paese civile. Non esistono aiuti né di gestione del tempo, né tanto meno economici. Non è pretendere ma avere un piccolo supporto pratico come sta avvenendo in diversi Comuni".
La malattia improvvisa del proprio animale e l'emergere di patologie legate all'invecchiamento fisiologico possono determinare un impoverimento sostanziale delle famiglie, come aveva già raccontato l'ex attrice, oggi 84enne, Gabriella Giorgelli che spende la metà della sua pensione per curare la sua gatta.
"Non dico arrivare al veterinario di base o al sistema sanitario nazionale per gli animali domestici, anche se i numeri ci sarebbero tutti, quindi sicuramente la massa critica c'è", sottolinea Patrizio.
La storia di Nana e Patrizio
Nana è una cagnolina meticcia di 16 anni. È entrata nella vita di Patrizio circa 9 anni fa quando l'ha adottata con il suo compagno da un canile calabrese: "All'epoca aveva già 7 anni, quando l'abbiamo presa ci avevano detto che aveva subito delle violenze e ha sempre avuto dei piccoli problemi di salute, ma ovviamente negli ultimi 4-5 anni sta aumentando".
Patrizio ha quindi scelto di adottare un cane anziano con un vissuto complesso alle spalle, come tante campagne istituzionali consigliano di fare, anche perché i costi degli animali dei canili comunali ricade sulle amministrazioni, ma una volta entrati in famiglia lo Stato se ne disinteressa, come fa notare anche Patrizio: "C'è giustamente una sensibilizzazione da parte istituzionale e delle associazionistica per fare adottare i cani invece di comprarli, ma non c'è nessuna iniziativa che incentivi realmente una persona a prendersi cura con dovizia di un animale. Questo stride parecchio con l'idea di un paese civile".