Un team di scienziati dello Zoological Survey of India ha annunciato la scoperta di una nuova specie di pangolino asiatico: il pangolino indo-birmano (Manis indoburmanica), descritto ufficialmente tra le pagine della rivista di Mammalian Biology. La scoperta, avvenuta solo grazie all'analisi del DNA, aggiunge un importante nuovo tassello alla complessa storia evolutiva di uno dei gruppi di mammiferi più enigmatici e minacciati del pianeta. I pangolini, per via delle loro scaglie, sono infatti tra gli animali più trafficati al mondo illegalmente.
Un'eredità evolutiva unica
La nuova specie si è separata dal pangolino cinese (Manis pentadactyla) circa 3,4 milioni di anni fa, un periodo segnato da profondi cambiamenti geoclimatici nella regione Indo-Birmana, uno dei più importanti hotspot di biodiversità al mondo. «Con questa scoperta, proponiamo il riconoscimento del pangolino indo-birmano come una specie filogeneticamente distinta. La sua evoluzione, avvenuta durante epoche segnate da importanti cambiamenti paleo-climatici, ne sottolinea la vulnerabilità e la necessità di interventi mirati per la sua conservazione», si legge nello studio.
Il team, guidato da Mukesh Thakur, ha utilizzato avanzate tecnologie genomiche per analizzare il DNA mitocondriale di esemplari provenienti da Arunachal Pradesh, uno stato dell'India situato nell'estremo nord-est del paese, al confine con Cina, Bhutan e Birmania, appunto. «La scoperta del pangolino indo-birmano dimostra il potenziale degli strumenti genetici moderni nell'individuare la biodiversità nascosta – ha dichiarato Thakur – Questo ritrovamento non solo arricchisce la nostra conoscenza sui pangolini asiatici, ma evidenzia l'urgenza di adottare misure di conservazione mirate a livello regionale».
Chi è il pangolino appena scoperto e perché è già in pericolo
Questa nuova specie si sarebbe separata dal pangolino cinese tra il Pliocene e ii Pleistocene e attualmente il suo areale si estende tra Arunachal Pradesh, Assam e, forse, Nepal, Bhutan e Myanmar. Il pangolino indo-birmano si aggiunge all'elenco delle specie di questo enigmatico e iconico gruppo, tutte minacciate e da proteggere con urgenza. Come ricordano gli stessi autori, i pangolini sono tra i mammiferi più trafficati al mondo. In India, sono presenti anche altre due specie: il pangolino indiano (Manis crassicaudata), diffuso in tutto il subcontinente, e il pangolino cinese, che vive principalmente nel nord-est del Paese.
I pangolini vengono cacciati per la loro carne e, soprattutto, per via delle loro scaglie, utilizzate nella medicina tradizionale in particolare in Cina e Vietnam, anche se non possiedono alcuna proprietà curativa: sono fatte di cheratina, la stessa sostanza che si trova nelle unghie e nei capelli degli esseri umani. Ma nonostante ciò, secondo l'organizzazione Wild Aid, si stima che ogni anno vengano catturati in natura fino a 200.000 pangolini e secondo invace l'UNODC, l'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, i sequestri di scaglie sono aumentati di dieci volte tra il 2014 e il 2018.
Quante specie di pangolino ci sono ora?
I pangolini, ovvero le specie appartenenti alla famiglia manidae, si suddividono in due grossi gruppi: quelli asiatici e quelli africani. Attualmente, con l'aggiunta di questa nuova specie, il numero totale di pangolini viventi arriva a nove: cinque asiatici, tutti appartenenti al genere Manis, e quattro africani, appartenenti invece ai generi Smutsia e Phataginus. In aggiunta, ci sarebbe anche un altra potenziale altra nuova specie asiatica, Manis mysteria, identificata nel 2023 a partire dall'analisi del DNA di alcune scaglie sequestrate, ma ancora non confermata e accettata da tutti.
Il pangolino indo-birmano aggiunge quindi un ulteriore tassello alla già complessa e intricata storia evolutiva delle specie asiatiche, ancora tutta da delineare e da chiarire in maniera definitiva. Naturalmente, questa scoperta non rappresenta solo un traguardo scientifico, ma anche un invito a rafforzare gli sforzi di conservazione per salvare questi mammiferi unici al mondo. Nuove specie separate da altre già esistenti, come in questo caso, significa popolazioni ancora più piccole, localizzate e quindi vulnerabili. Non proprio un buona notizia per animali pesantemente minacciati dal bracconaggio e dalla distruzione degli habitat e simbolo di una biodiversità fragile che facciamo fatica a tutelare.