Cambiare un nome a una tematica che solleva l'interesse dell'opinione pubblica molto spesso serve solo a presentarlo alla cittadinanza per indirizzare la percezione comune verso un obiettivo preciso, dovuto però spesso da motivazioni che non vanno alla radice del problema ma che vengono avanzate in situazioni contingenti.
Lo abbiamo visto nella cronaca di questi giorni con argomenti delicatissimi come quello della maternità surrogata che viene definita "reato universale" (un reato per essere tale deve essere punito nello stesso modo nel Paese in cui si verifica e dunque non è applicabile ovunque questa specifica fattispecie) e lo stesso sta succedendo nell'ambito della relazione tra essere umano e cane, con una proposta di legge intitolata "Norme specifiche per alcune tipologie di cani a tutela del loro benessere e della pubblica incolumità".
La proposta è stata presentata dalla Regione Lombardia in Commissione Sanità e punta a stabilire regole non solo locali ma a livello nazionale che riguardano il cosiddetto "patentino per cani", rivolto però solo a chi vive con animali inseriti, di nuovo, in un elenco che è stato chiamato "save list" ma che poi, leggendo il testo completo, è rivolta selettivamente a chi vive con «cani potenzialmente pericolosi» che, appunto, così vengono nuovamente definiti.
Questa terminologia e la relativa lista in cui si identificavano a livello nazionale le razze coinvolte era stata in realtà depennata da un dettato precedente attraverso la cosiddetta "ordinanza Martini" del 2009 che andava a modificare quanto contenuto in un’altra ordinanza del Ministero della Salute pubblicata in Gazzetta Ufficiale nel gennaio 2007. In particolare si esplicitava che cani che rientrano in tipologie come Rottweiler, American Bulldog, Dogo Argentino e Pitbull (giusto per citare alcune razze) dovessero essere sottoposti, insieme ai relativi umani di riferimento, a un percorso di formazione che portasse appunto ad ottenere un "patentino" per detenerli.
Con l'ordinanza Martini l'elenco è stato eliminato sulla scia di una considerazione molto importante e basata su dati reali:
La precedente Ordinanza, non solo non ha ridotto gli episodi di aggressione ma, come confermato dalla letteratura scientifica di Medicina Veterinaria, non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività di un cane sulla base dell'appartenenza a una razza o ai suoi incroci”. Essa definisce inoltre che gli episodi di aggressione da parte di cani, ed altri incidenti, avvengono “soprattutto in ambito domestico, e sono legati alla non corretta gestione degli animali da parte dei proprietari”.
Istituire un percorso pre adottivo per generare consapevolezza e conoscenza nelle persone prima di procedere all'inserimento di un cane in una famiglia è una cosa sacrosanta, già solo considerando che secondo l'ultimo rapporto Eurispes 4 italiani su 10 vivono con un animale domestico e il quasi il 42% di questa "quota" condivide la vita con un cane. Considerando che solo rispetto all'anno scorso c'è stato un incremento del +4,6% di cittadini che hanno scelto di far entrare un animale in casa, è chiaro che il trend è sempre più in crescita e che è davvero ora che il legislatore si prenda in carico la responsabilità di emanare regole chiare e applicabili su tutto il territorio, in modo tale che si attui una seria e concreta azione legislativa che vada a saldare dei nuovi principi, rispettati da tutti, in merito al ruolo del cane nella nostra società.
Un passaggio fondamentale sicuramente ma che dovrebbe mettere in evidenza prima di tutto il concetto di "responsabilità" in quanto tale, rispetto a ciò che ancora viene definito come "proprietà responsabile" e che rimanda così ad un'idea di animale = oggetto, del resto come è ancora considerato nel nostro Codice Civile.
Il punto, dunque, è che un percorso di formazione deve essere finalizzato alla conoscenza e perciò rivolto a tutte le persone che intendono far entrare un cane nella propria vita, indistintamente dalla razza che si sceglie.
Ancora una volta, però, si è arrivati a proporre una legge non per stabilire dei principi e delle regole che valgano per tutti, ma per risolvere quella che nello stesso dettato della proposta viene messo in evidenza come necessario sulla scia degli «ultimi accadimenti di cronaca» e che risulta importante a causa «del quadro emergenziale che si è creato».
Ci troviamo di fronte all'ennesimo tentativo, allora, che si basa sull'allarmismo e non sul lavorare a valle per far sì che la relazione in quanto tale sia protagonista di una presa di coscienza generale. La proposta, infatti, non fa altro che ricalcare quanto già è in vigore nel Comune di Milano che nel Regolamento sul benessere degli animali ha reintrodotto l'obbligo di patentino per cani che vengono definiti "speciali".
Nella sostanza anche in questo caso poco cambia, il risultato è sempre lo stesso: una bella lista e poche idee sul come rendere le persone davvero consapevoli di cosa significhi non solo vivere con un Pitbull o un Rottweiler ma anche con un Carlino o un Pinscher. E' stato infatti "riesumato" il testo integrale di quanto già previsto a livello nazionale sempre all'interno dell'ordinanza già citata, con percorsi di formazione che dal 2010 prevedono un "corso base" a fronte di un pagamento da parte del cittadino di ben 50 euro nel caso di Milano, mentre nella proposta presentata dalla Regione Lombardia si è deciso di riscuoterne 15.
Che le persone che vivono con un cane debbano conoscere l'etologia della specie, lo sviluppo comportarmentale del loro compagno a quattro zampe, come contribuire al suo benessere e quali sono le sue specificità in termini di comunicazione con gli altri cani e con le persone nonché quali responsabilità (tutte) sono a carico di chi adotta o acquista è del resto il minimo che una legge debba prevedere.
Ciò che continua a mancare è però il come questi corsi vengono fatti e a chi vengono affidati, sebbene leggendo approfonditamente il testo della Lombardia è evidente il ruolo dell'Enci che continua del resto ad essere l'unico organo riconosciuto in materia di cani in Italia e che, correttamente, spinge tanto sulla necessità di allevatori professionali che siano per primi coinvolti nella filiera responsabile della domanda e dell'offerta.
Ciò che si nota, però, è che in tutto il testo c'è una notevole sproporzione tra il riferimento ai cani in canile e quanto invece ci si impegni sul dare soluzione per i soggetti che vengono dall'allevamento. Sui cani di canile, infatti, mancano riflessioni per spingere a una diversa gestione degli stessi e addirittura si sottolinea solo la loro ormai "inutilità", tanto da essere descritti relativamente a una questione di «incolumità pubblica» e evidenziando «lo scarso indice di adottabilità».
La numerosa presenza di questi cani (potenzialmente pericolosi) nei canili, come anche sul territorio, coinvolge diversi aspetti: quello della incolumità pubblica (sono spesso soggetti morsicatori, potenzialmente pericolosi anche per gli stessi operatori presenti nei canili);quello del benessere dei cani medesimi, originato dalla incompatibilità tra la detenzione in canili non attrezzati ai fini della loro gestione in sicurezza e le loro caratteristiche di razza;quello del loro scarso indice di adottabilità, dal momento che sono animali difficilmente recuperabili
Quando invece si passa all'allevamento, ci sono minuziosi passaggi sul ruolo dell'Enci ma soprattutto sull'importanza della selezione, dell'affidarsi a persone esperte e scrupolose quando si acquista un cane, sul sottolineare i rischi delle cucciolate casalinghe e così via. Tutte osservazioni utilissime e di corretta indicazione ma per chi legge si intravede l'importanza di regolare l'aspetto della compravendita di cani e il poco peso dato ai percorsi di adozione consapevole da canili e rifugi.
Questo ha comportato che moltissimi privati si sono improvvisati allevatori senza avere la benché minima cultura cinotecnica, a tale proposito ENCI segnala come non sia deontologicamente corretto produrre cucciolate accoppiando simil razze, senza tenere conto della “memoria genetica” che contraddistingue l’una o l’altra razza e senza comprendere che determinati accoppiamenti, operati senza cognizione, producono spesso cani problematici.
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Per questo motivo l’ENCI ha dato la propria disponibilità ad impegnarsi al fianco delle Istituzioni per combattere questo fenomeno e, a tal fine, intende mettere a disposizione i propri strumenti di verifica zootecnica ed i propri esperti affinché si diffonda il più possibile una corretta cultura cinofila e si riduca questo fenomeno che danneggia in prima battuta gli stessi cani. Pertanto, ENCI si rende disponibile per l’organizzazione e lo svolgimento a livello regionale di un test di verifica delle capacità di conduzione di questa tipologia di cani tramite il CAE 1 (certificato di affidabilità ed equilibrio per cani e padroni buoni cittadini). Per tale attività ENCI, a titolo di puro rimborso delle spese sostenute, propone un contributo a carico del cittadino che non potrà superare i quindici euro per cane.
Su Kodami abbiamo proposto dieci punti su cui ragionare per rivedere la relazione tra cani e persone nell'ambito domestico, cercando di mettere in fila alcune idee e contribuire con quelle che consideriamo delle riflessioni, aprendoci al confronto con tutti.
- Chiunque abbia un cane deve essere edotto delle caratteristiche etologiche della specie.
- Obbligo di frequentazione di un percorso di educazione di base prima dell'adozione o dell'acquisto, qualsiasi razza (o meticcio) si tratti.
- Incentivi e sostegni alle famiglie che adottano da canile previo comprovato percorso di adozione responsabile.
- Rivedere l'attuale normativa sugli allevamenti professionali al fine di garantire ulteriori tutele sulla salute psicofisica dei cani (si pensi ai cani brachicefali, per fare un esempio, e non solo a tipologie con eventuali derive dal punto di vista strettamente comportamentale).
- Stop definitivo all'allevamento non professionale di qualsiasi tipologia di cane: dalle cucciolate casalinghe ai venditori di animali che ne fanno business e dunque controllo anche delle piattaforme online dove l'offerta, del resto, risponde a una domanda costante in cui le persone cercano cani come oggetti al prezzo più basso.
- Obbligo di formazione riconosciuta a livello nazionale a carico dei formatori stessi e dunque degli esperti del settore: dalle Asl alle Forze dell'ordine addette al campo della fauna in generale passando per volontari, addestratori, educatori, istruttori, veterinari e tutte le categorie coinvolte nella filiera del rapporto tra animali e umani.
- Istituzione di una black list nazionale, ad accesso consentito solo a operatori qualificati e dunque tutelando la privacy, non dei "cani pericolosi" ma di coloro che abbiano accertati precedenti di maltrattamento animale.
- Rivedere la normativa, ad oggi ancora poco efficace, dell'applicazione dell'obbligo di microchip e dell'iscrizione all'anagrafe canina che solo attraverso l'emanazione di sanzioni non ha prodotto risultati utili.
- Divieto assoluto di vivere con un cane a seguito di sentenza di terzo grado di giudizio in cui si è stati condannati per maltrattamento animale o reati che hanno portato a lesioni e fino a ipotesi di omicidio. E comunque divieto di adottare/comprare un cane fin quando non sono finite tutte le fasi del processo.
- Campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni: i soldi dei cittadini vanno spesi non solo per segregare i cani in canile e toglierli dalla nostra vista ma per creare consapevolezza.
- Ciò a cui non abbiamo pensato: tocca a voi.
C'è bisogno di rivedere completamente la visione attuale della relazione uomo – cane nel nostro Paese e ciò è possibile solo se si arriva a normarla con il supporto e la consulenza degli attori principali di una filiera che vede poi a valle il rapporto quotidiano tra persona e animale domestico. E' tempo di un necessario cambiamento che deve essere indirizzato da chi opera nel campo della cinofilia (volontari, educatori, istruttori e addestratori), della cinotecinica (allevatori in primis), dei veterinari (soprattutto esperti in comportamento e professionisti che operano tanto nel pubblico che nel privato) e delle istituzioni in tutte le emanazioni (Asl, Forze dell'ordine, Comuni e Regioni).