UN PROGETTO DI
13 Aprile 2025
16:49

Questi insetti hanno cominciato a usare la plastica per costruire i loro “bozzoli” già 50 anni fa

Le larve dei tricotteri vivono in acqua, protette da astucci che costruiscono con sassolini e frammenti vegetali. Ma già mezzo secolo fa, qualcosa di estraneo ha fatto la sua comparsa nelle loro vite: la plastica. Astucci raccolti negli anni 70 e conservati nei musei contengono già piccoli pezzetti di plastica.

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Le larve dei tricotteri vivono in acqua, all’interno di astucci che costruiscono con sassolini, materiale vegetale e già dagli anni 70 con la plastica che finisce nei fiumi. Foto da Wikimedia Commons

Nei nostri fiumi e ruscelli vivono alcuni piccoli insetti "architetti" che da sempre costruiscono le proprie "case" con ciò che la natura offre. Sono le larve dei tricotteri, un gruppo di insetti vagamente simili alle falene che prima di diventare adulti alati vivono in acqua dolce, protetti da astucci simili a bozzoli che loro stessi costruiscono con sabbia, sassolini, frammenti vegetali o minuscole conchiglie. Ma già mezzo secolo fa, qualcosa di estraneo e di mai visto prima ha fatto la sua comparsa nelle loro vite: la plastica.

A rivelarlo è uno studio pubblicato recentemente su Science of the Total Environment, frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori che da tempo studiano come gli animali si stanno adattando alla presenza sempre più pervasiva dei rifiuti che finiscono nell'ambiente. Recentemente, per esempio, gli stessi autori hanno documentato come alcuni uccelli usano involucri e pezzi di plastica per costruire i loro nidi da decenni, trasformandoli involontariamente in vere e proprie capsule del tempo moderne.

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I ricercatori hanno scoperto grazie ai reperti museali che questi insetti utilizzavano la plastica già nel 1971. Immagine da Hiemstra et al., 2025

Nel caso dei tricotteri, invece, la storia è ancora più sorprendente: analizzando ben 549 astucci conservati nel museo Naturalis Biodiversity Center, nei Paesi Bassi, i ricercatori hanno scoperto che già nel 1971 alcune larve avevano usato microplastiche per costruire i loro astucci. Piccoli frammenti colorati – gialli, blu, brillanti – sono comparsi tra i materiali usati da questi insetti acquatici, insieme a sassolini e altri materiali naturali, praticamente già mezzo secolo fa.

Inoltre, le analisi hanno anche rivelato la presenza di additivi usati nella produzione della plastica come titanio, zinco e piombo, sostanze artificiali del tutto assenti negli ambienti naturali pre-industriali. Ma perché è importante tutto questo? Perché dimostra che i nostri rifiuti, anche quelli più piccoli, non solo inquinano, ma si infiltrano anche nelle vite degli animali, che possono mangiarli, rimanerci intrappolati o persino usarli per costruire i loro nidi e i loro gusci protettivi, come nel caso dei tricotteri, alterandone abitudini e comportamento.

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Alcuni dei frammenti di plastica trovati negli astucci dei tricotteri. Immagine da Hiemstra et al., 2025

Le microplastiche, ovvero quei frammenti di plastica più piccoli di 5 millimetri, sono ormai ovunque: nelle profondità oceaniche, nel corpo dei gatti, sulle cime delle montagne e nei tessuti umani. E adesso sappiamo che da almeno cinquant'anni fanno anche parte della vita dei tricotteri. Ma c'è un problema. Quei piccoli pezzettini di plastica colorata che rendono i loro astucci più appariscenti, potrebbero anche renderli più vulnerabili ai predatori: più visibili, più galleggianti, più facili da catturare per un pesce o un uccello in cerca di cibo.

Insomma, quella che potrebbe sembrare una vera e propria "innovazione" rischia di trasformarsi in una trappola evolutiva. In fondo, questi piccoli costruttori non sanno cos'è davvero la plastica. Non sanno che quegli oggetti che raccolgono nei fiumi e nei ruscelli non sono foglie né sassolini. Semplicemente, si adattano con ciò che trovano nell'ambiente, come fanno da milioni di anni. Solo che adesso, quel "ciò che trovano" sono anche i nostri rifiuti inquinanti, che già mezzo secolo fa avevano invaso gli ecosistemi d'acqua dolce.

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