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Il letargo è un'ingegnosa strategia di sopravvivenza adottata da molti animali per affrontare i mesi più freddi dell'anno. Durante questo periodo, il metabolismo e il battito cardiaco rallentano drasticamente, la temperatura corporea si abbassa e il consumo energetico viene ridotto al minimo. In pratica, il corpo degli animali che vanno in letargo entra in una sorta di "modalità risparmio energetico" che consente di superare più facilmente i mesi in cui il cibo e altre risorse scarseggiano e le condizioni ambientali sono più ostili.
Non tutti gli animali affrontano però il letargo allo stesso modo. Alcuni, come il ghiro, la marmotta e altri piccoli mammiferi, entrano in un vero e proprio stato di ibernazione e non si svegliano fino alla primavera, a meno che non vengano pesantemente disturbati. Altri, come gli orsi, riducono significativamente l'attività, ma possono svegliarsi di tanto in tanto, specialmente se le temperature diventano più miti o se hanno la necessità di mettere qualcosa sotto i denti perché le loro riserve di grasso non bastano più.
Anche la fine del letargo, naturalmente, non è uguale per tutti: alcuni animali si svegliano già a febbraio, mentre altri attendono aprile o maggio, a seconda della biologia, del clima, delle riserve energetiche e della latitudine in cui vivono. Ma quanto dura il letargo e cosa succede durante questo lungo e delicato periodo di "sonno"? Scopriamo un po' più da vicino come cambia a seconda delle specie, del contesto e, purtroppo, in un mondo sempre più caldo per via del riscaldamento globale.
Quanto dura il letargo di un animale?

La durata del letargo varia notevolmente da specie a specie e dipende molto anche dalle condizioni ambientali. I ricci, per esempio, possono andare in letargo da novembre a marzo, ma se l'inverno è particolarmente rigido, possono aspettare il risveglio anche fino ad aprile. Al contrario, in zone dal clima più mite, la stessa specie può interrompere il letargo molto prima o addirittura non entrarci affatto.
Gli anfibi e i rettili, come le rane e le tartarughe, spesso trascorrono l'intero inverno immersi nel fango o sotto strati di foglie, aspettando che le temperature tornino favorevoli. Il letargo di questi animali a sangue freddo – più strettamente legato al termometro rispetto ai mammiferi – viene chiamato anche brumazione e la sua durata dipende quindi fortemente dalla temperatura ambientale: se la primavera tarda ad arrivare, anche il loro risveglio sarà posticipato.
In generale, il letargo può durare da poche settimane a diversi mesi e la sua fine è regolata da fattori come l'aumento delle temperature, la disponibilità di cibo e la durata delle giornate, ovvero il fotoperiodo. Il linea generale, semplificando parecchio, più sono piccoli e vicini ai poli gli animali, più a lungo durerà il loro letargo. Il record assoluto appartiene però al ghiro (re indiscusso del sonno): può stare in letargo anche fino a 6-7 mesi di fila. Ma gli animali dormono davvero per tutto il periodo o ci sono specie che si svegliano di tanto in tanto?
Gli animali si svegliano durante il letargo?

Non tutti gli animali dormono ininterrottamente per l'intera durata letargo. Alcune specie, come gli orsi e i pipistrelli, possono svegliarsi periodicamente per bere acqua, muoversi o addirittura cambiare tana se le condizioni diventano sfavorevoli. Gli orsi, per esempio, non entrano in una vera e propria ibernazione come per esempio i piccoli roditori: il loro letargo è più una sorta torpore o latenza invernale, durante il quale le femmine possono anche partorire e allattare i cuccioli.
I pipistrelli, invece, possono interrompere il letargo se le temperature diventano improvvisamente più miti, cercando riparo in rifugi più freschi per evitare di consumare troppe energie. Al contrario, animali come i piccoli roditori, gli insetti (il loro letargo si chiama diapausa) e la maggior parte degli anfibi e dei rettili entrano in uno stato di ibernazione molto più profondo. Durante questo periodo, il loro battito cardiaco e la respirazione rallentano così tanto che sembrano quasi "morti".
Per queste e tante altre specie risvegliarsi troppo presto può essere infatti molto pericoloso. I piccoli animali, specialmente i mammiferi come roditori, possiedono un metabolismo molto accelerato e quando sono attivi consumano tantissime energie. Una volta svegli, se non riescono a trovare da mangiare o se le temperature sono ancora molto rigide, rischiano di non sopravvivere. I rettili, invece, hanno bisogno del sole per alimentare i loro corpi: se fa troppo freddo rischiano facilmente di morire.
Quando si svegliano gli animali dal letargo?

Il risveglio dal letargo è un processo di solito graduale e dipende da diversi fattori, sia ambientali che fisiologici. Il primo segnale che indica la fine del letargo è la durata delle ore di luce, insieme all'aumento della temperatura ambientale. Quando le giornate si allungano e il sole inizia a scaldare il terreno e a sciogliere la neve, gli animali percepiscono che è arrivato il momento di riprendere la loro normale attività e i livelli ormonali tornano ad alzarsi e a "riattivare" l'organismo.
Anche la disponibilità di cibo gioca un ruolo fondamentale. Molti animali si svegliano – per fattori genetici – proprio quando le risorse alimentari tornano ad essere abbondanti. Per esempio, i piccoli mammiferi insettivori escono dal letargo più o meno nello stesso periodo in cui gli insetti iniziano a ripopolare i giardini, mentre le rane e le salamandre riemergono dalle loro tane invernali quando l'acqua nei laghi e nei fiumi diventa più calda e ricca di cibo.
Ci sono poi animali che seguono un calendario ancora più preciso, indipendentemente dalle temperature. Alcune specie di pipistrelli, per esempio, si svegliano sempre intorno allo stesso periodo ogni anno, guidati dai loro ritmi biologici affinati in migliaia di anni di evoluzione. In ogni caso, il risveglio dal letargo non è quasi mai immediato: il corpo ha bisogno di tempo per riattivarsi. La temperatura corporea deve gradualmente tornare alla normalità, così come il battito cardiaco e la respirazione: possono volerci anche giorni per risvegliarsi completamente.
Cosa succede dopo il letargo?

Una volta completamente svegli, gli animali devono recuperare rapidamente le energie e prepararsi per la nuova stagione, di solito quella riproduttiva. Il primo obiettivo è spesso nutrirsi: dopo mesi di digiuno, il corpo ha bisogno di cibo per riprendere le forze e recuperare le energie utilizzate per affrontare il digiuno invernale. Molte specie iniziano quindi subito a cercare da mangiare. I piccoli mammiferi scavano nel terreno alla ricerca di invertebrati, insetti e piante, mentre gli orsi si dirigono verso fiumi e boschi in cerca di bacche, insetti e altri animali.
Altre specie, invece, devono occuparsi immediatamente della riproduzione. I rospi e le rane, per esempio, si spostano subito in massa migrando verso stagni e fiumi per accoppiarsi e deporre le uova. In altre ancora, invece, come nel caso delle orse che hanno partorito durante il letargo, il risveglio avviene già con i loro piccoli al seguito, pronti a esplorare il mondo esterno e seguire la loro mamma per imparare tutto il necessario per sopravvivere.

Il letargo è quindi una strategia evolutiva straordinaria che permette a molte specie animali di sopravvivere alle rigidità dell'inverno. Tuttavia, il risveglio può essere un momento altrettanto delicato e rischioso: gli animali devono affrontare un ambiente che, nel frattempo, potrebbe essere cambiato. Trovare cibo, evitare i predatori e riprendere le normali attività diventa una corsa contro il tempo, soprattutto in un periodo storico di grandi cambiamenti ambientali globali.
Inverni sempre più miti e improvvise ondate di calore causate dal surriscaldamento globale stanno spingendo alcuni animali a svegliarsi troppo presto, quando il cibo è però ancora scarso. Altri, invece, ritardano il letargo, rischiando di dover affrontare più a lungo periodi difficili e improvvise condizioni meteorologiche avverse. Gli animali che vanno in letargo, le loro prede o le piante di cui si nutrono, sono intrecciati da un meccanismo di coordinazione affinato in migliaia di anni. Tempismo che, tuttavia, sta diventando sempre più a rischio.