220 autobus e circa 10mila turisti lo scorso fine settimana hanno preso d'assalto Roccaraso, in Abruzzo, lasciando alle loro spalle una distesa di rifiuti e caos. I residenti della cittadina hanno lamentato persino l'impossibilità di uscire dalle proprie abitazioni, e il sindaco Francesco Di Donato dalle pagine del Corriere della Sera ha richiesto l'intervento delle Forze dell'Ordine e dei militari: «Ci vuole l'esercito».
L'orda di turisti arrivati a Roccaraso però non ha prodotto solo la confusione che abitualmente il turismo di massa porta con sé, ma anche altri effetti sulla fauna selvatica e sull'ambiente ancora impossibili da quantificare.
Il dato oggettivo resta la distesa di rifiuti colorati abbandonati sulla neve bianca immortalata in numerosi video che in queste ore stanno facendo il giro dei social indignando i cittadini e anche gli esperti che della conservazione hanno fatto il proprio lavoro. I turisti infatti lungo il loro cammino dai paesi abruzzesi alle piste da sci hanno non hanno lasciato solo immondizia, ma anche inquinamento rumoroso e ambientale.
In quale misura, però, è impossibile definirlo, così come i danni causati agli animali, come fa notare Luciano Sammarone, direttore del Parco d'Abruzzo Lazio e Molise, una delle aree protette più importanti del paese: «Un impatto c’è sicuramente quando c'è una concentrazione alta di persone e mezzi, ma non si può generalizzare, queste cose vanno misurate. Chiediamoci piuttosto perché il controllo di emissioni – che dovrebbe essere la norma – non lo è né a Roccaraso né negli altri paesi interessati dal turismo».
Perché l'over-tourism può danneggiare gli animali selvatici
I turisti arrivati in massa lo scorso fine settimana, per la maggior parte da Napoli, hanno raggiunto l'Abruzzo a bordo di una flotta di auto e bus che si sono trovati bloccati lungo la Statale 17, una strada nota in passato come via degli Abruzzi che anticamente collegava Napoli a Firenze. Oggi invece unisce le città dell'Aquila e Foggia, passando attraverso le abruzzesi L'Aquila, Sulmona, Castel di Sangro e altre. Da qualche anno a questa parte però è conosciuta come "killer di orsi" perché lungo la sua carreggiata hanno trovato la morte diversi plantigradi appartenenti alla sottospecie più rara del mondo, compreso Juan Carrito.
La Strada Statale 17 è pericolosa perché taglia uno dei corridoi ecologici più importanti per il movimento degli orsi marsicani e degli altri selvatici. Il motivo sta nella sua particolare posizione, circondata dalle principali aree protette del territorio, roccaforti della fauna selvatica. Gli animali infatti non vivono relegati nelle aree protette come se si trovassero in un giardino zoologico, la loro selvaticità risiede proprio nella loro libertà di muoversi a piacimento e lontano dall'essere umano.
Per questo, pur essendo fuori dal territorio dei parchi, la strada è stata oggetto di lavori di messa in sicurezza attraverso il progetto europeo Life Safe Crossing che mira a ridurre il rischio di investimento per la fauna selvatica.
L'aumento dei flussi turistici, e di conseguenza del traffico, lungo questa e altre strade che collegano le principali mete sciistiche, rischiano di minacciare la conservazione della natura anche nelle aree protette. Ciò accade soprattutto in presenza di comportamenti scorretti da parte dei turisti.
Oltre al problema rappresentato dal traffico c'è infatti quello connesso all'assuefazione dei selvatici nei confronti della nostra specie, cosa che avviene soprattutto attraverso il cibo. Quando un selvatico viene alimentato direttamente, oppure impara che può trovare risorse alimentari dove sono state le persone, ecco che inizierà a frequentare le zone antropizzate con una maggiore frequenza in cerca di rifiuti. Un problema descritto dal biologo e fotografo Fabio Russo che all'inizio di gennaio ha ripreso una famiglia mentre alimentava alcune volpi per poterle avvicinare e toccare: «Abituare i selvatici alla presenza umana li rende più esposti a problemi legati a caccia, bracconaggio o semplicemente a incidenti stradali. La famigliola che da da mangiare alle volpi è stata proprio fotografata nei pressi del cartello, sotto i miei occhi la bambina ha rischiato anche di essere morsa».
Nel Parco, così come al di fuori dei suoi confini, è vietato alimentare la fauna selvatica e per questo anche i rifiuti dovrebbero essere gestiti dalle persone e dalle istituzioni in maniera responsabile. La distesa di oggetti di plastica sulle piste di Roccaraso raccontano un'altra storia.
Ci sono poi altre problematiche legate all'inquinamento acustico e ambientale, tra i fenomeni meno conosciuti e indagati anche dalla comunità scientifica. Si tratta del dato oscuro della conservazione. Solitamente si definisce “numero oscuro” il numero di reati che non viene rilevato e resta quindi sconosciuto. Mutuando questo concetto alla criminologia, anche nella conservazione ambientale esistono numeri esclusi dalle statistiche ufficiali e riguardano gli effetti negativi dell'inquinamento sulla fauna.
Fino a che punto il volume degli aperitivi con musica e dj al termine delle piste, popolarissimi sui social dove sono conosciuti come Après-ski, alterano i comportamenti degli animali che vivono sulle montagne circostanti? Quando un comportamento scorretto diventa dannoso? La verità è che non sappiamo ancora quali siano gli effetti del boom di turisti sulla fauna selvatica perché anche in una regione con un'altissima concentrazione di aree protette come è l'Abruzzo questi dati mancano.
L'allarme del direttore del Parco d'Abruzzo: «Monitoraggio assente»
La denuncia sull'assenza di un monitoraggio a lungo termine del fenomeno turistico e dei suoi effetti arriva dal direttore del Parco d'Abruzzo, Luciano Sammarone: «Che una forte presenza turistica crei disturbo a orsi, lupi e altri animali è certo, ma perché abbia un impatto concreto basta una volta? Dovremmo misurare ciò che accade sul lungo periodo, ma questo non si fa».
L'ente diretto da Sammarone da tempo porta avanti una battaglia perché anche le amministrazioni comunali al di fuori del perimetro si dotino di cassonetti anti-orso, utili a scoraggiare la fauna dal cibarsi dei rifiuti urbani, ma non è la sola.
«Dovremmo imparare a tenere traccia del disturbo acustico e ambiente – prosegue – Il controllo di emissioni dovrebbe essere la norma ma non lo è né a Roccaraso né in altre località come Pescocostanzo, Rivisondoli e altre. Dovremmo chiedersi se si tratta di un turismo sano o se porta solo confusione e aumento di rifiuti, se quello che si è verificato nel fine settimana è solo un effetto spot oppure continuerà. Queste cose vanno misurate».
Al momento, però, la situazione nell'are del Parco appare tranquilla: «Non abbiamo registrato nulla di diverso, anzi la neve si è sciolta e questo ha ridotto pure la presenza turistica». Tuttavia non c'è da illudersi: «Macchine e persone hanno sempre un impatto. Non c'è effetto zero, ma è da quantificare».