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27 Gennaio 2025
15:13

Perché i panda stanno diventando un problema per il governo cinese

I panda giganti Bao Li e Qing Bao sono arrivati allo Smithsonian’s National Zoo di Washington come parte della “diplomazia del panda” cinese, strategia di soft power per che punta a rafforzare l'immagine del paese e le relazioni internazionali. Tuttavia l'amore per questi animali in patria potrebbe causare alcuni problemi al presidente Xi Jinping.

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Il 24 gennaio sono tornati i panda giganti allo Smithsonian’s National Zoo di Washington. Si tratta di Bao Li e Qing Bao, un maschio e una femmina di panda gigante di circa tre anni. I due animali sono arrivati dalla Cina su aereo "Panda express" a ottobre 2024 e hanno impiegato alcuni mesi per ambientarsi prima di essere ufficialmente presentati al pubblico pagante dello Smithsonian, dove resteranno per i prossimi 10 anni, fino ad aprile 2034.

Ufficialmente i due panda sono arrivati per motivi di conservazione della specie, in realtà il loro prestito a lungo termine allo zoo statunitense fa parte di una precisa strategia diplomatica del governo cinese che prende il nome di "diplomazia del panda".

Il panda è uno tra gli animali più carismatici del nostro tempo, la sua permanenza in uno zoo è in grado di incidere sulle vendite dei biglietti in maniera significativa e anche la sua presenza come testimonial nelle iniziative di sensibilizzazione garantisce di arrivare a un pubblico molto più ampio rispetto a quanto potrebbero fare altre specie meno popolari. Questa "pandamania" esiste ormai in tutto il mondo, ma è in Cina che tocca il proprio apice, e proprio per questo i panda stanno diventando un problema interno per il governo di Xi Jinping.

Proprio in virtù della popolarità acquisita i frequenti prestiti di panda giganti cinesi a zoo e istituti di ricerca di ogni paese rischiano di erodere il consenso interno. Gli attivisti e le associazioni di tutela animale chiedono a voce sempre più alta maggiori garanzie rispetto al benessere degli animali trasferiti, e anche i cittadini vogliono che i loro panda restino in Cina.

Cos'è la diplomazia del panda

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Sin dalla sua fondazione nel 1949, la Repubblica Popolare Cinese ha sfruttato i panda per rafforzare i rapporti con gli altri paesi e anche per migliorare la propria immagine internazionale. Prestare o regalare a un paese straniero il proprio animale simbolo, soprattutto quando è così amato e raro, permette al governo cinese di influenzare in maniera indiretta le proprie relazioni internazionali.

Quest'attività fa parte di una più ampia strategia di soft power, un tipo di propaganda che utilizza iniziative culturali, scientifiche o d'intrattenimento allo scopo di penetrare con i propri valori all'interno di un paese straniero. L'esempio più noto degli ultimi anni viene sempre dall'Asia: si tratta del fenomeno K-pop, nato in Corea del Sud ed esportato in Occidente proprio mentre la presa del presidente Yoon Suk-yeol si fa più stretta.

Restando in Asia, a fare scuola però è la Repubblica Popolare Cinese che sin dagli albori ha sfruttato il suo più potente strumento di soft power, la diplomazia del panda, allo scopo di acquisire consenso esterno con la donazione o il prestito agli zoo stranieri. Nel 1957 il presidente comunista Mao Zedong regalò il panda Ping Ping all'ex Unione Sovietica per celebrare il 40° anniversario della Rivoluzione russa.

Questa attività diplomatica è stata facilitata grazie all'acquisizione del panda come simbolo di tutte le specie in via d'estinzione negli anni Sessanta. La consacrazione infatti arrivò quando l'artista Gerald Watterson vide la panda Chi Chi allo zoo di Londra e si ispirò a lei per la creazione di una serie di bozzetti che poi l'ambientalista Peter Scott utilizzò per il primo logo del World Wildlife Fund, oggi noto come Wwf.

La storia di Chi Chi mostra meglio di un trattato di geopolitica come i simboli della conservazione ecologica e della diplomazia del panda convergano. Chi Chi era stata catturata in natura nella provincia cinese del Sichuan nel 1955, e pochi anni dopo il politico sovietico Kliment Voroshilov ne ottenne il trasferimento nello zoo di Mosca. Successivamente però, a causa degli infruttuosi tentativi di accoppiamento con un altro panda dello zoo, Chi Chi tornò in Cina. In seguito venne ceduta ancora ad altre strutture e alla fine, nel 1958, venne acquistata dallo zoo di Londra, ed è proprio qui che Watterson la vide.

Chi Chi a un certo punto della sua vita sarebbe dovuta andare anche negli Stati Uniti, ma a causa dell'embargo commerciale tra Stati Uniti e Cina il suo ingresso fu bloccato. Solo un decennio dopo, nel 1972, il presidente cinese Zhou Enlai sancì definitivamente la distensione diplomatica tra i due paesi regalando due panda giganti agli Usa. La versione ufficiale racconta che i panda vennero regalati a seguito di una cena in cui la first lady Patricia Nixon aveva manifestato la sua passione per la specie, ma il loro ingresso fu possibile solo perché nel 1971 proprio Richard Nixon mise fine all'embargo.

Quello stesso anno, i panda giganti Ling Ling e Hsing Hsing arrivarono nella loro nuova casa: lo Smithsonian’s National Zoo di Washington. «Sin dal loro arrivo – si legge sul sito dello zoo – i panda hanno simboleggiato la collaborazione interculturale tra Stati Uniti e Cina». Un legame che tra alti e bassi prosegue ancora oggi, come dimostra l'arrivo nella medesima struttura anche di Bao Li e Qing Bao.

Solitamente gli strumenti del soft power sono maggiormente usati all'interno della propria sfera d'influenza, cioè in quei paesi che per motivi storici e culturali sono già legati tra loro, tuttavia nel caso della diplomazia del panda sono gli Stati Uniti il paese che negli anni ha ricevuto il maggior numero di animali: ben 16.

I panda cinesi però attraverso le relazioni diplomatiche sono arrivati in un gran numero di zoo. Nel 2018, ad esempio, la coppia di panda Jin Baobao e Hua Bao è stata inviata in Finlandia dalla provincia cinese del Sichuan per contribuire alla commemorazione del 100esimo anniversario dell'indipendenza del paese dalla Russia. Gli animali dovevano essere restituiti alla Cina nel 2033 ma i loro costi di mantenimento sono stati giudicati eccessivi dalla direzione dello zoo finlandese che lo scorso anno ha deciso di rispedirli a casa.

I continui viaggi e la strumentalizzazione dei panda, molto amati in patria, negli ultimi anni sta scatenando la rabbia e la preoccupazione nei cittadini cinesi e delle associazioni che si occupano della loro tutela.

L'amore della Cina per i panda e le proteste interne degli animalisti

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I panda Jin Baobao e Hua Bao nel 2018 erano stati inviata in Finlandia dalla Cina per la commemorazione del 100° anniversario dell’indipendenza del Paese.

Il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) è un mammifero della stessa famiglia degli ursidi originario delle province cinesi del Sichuan, Yunnan, Nan Mountains e Hainan. Qui si trovano le foreste di bambù di cui questo animale è ghiotto, anzi, queste piante rappresentano la sua unica fonte di nutrimento. Un adattamento decisamente insolito per un animale onnivoro, cioè potenzialmente in grado di cibarsi di vegetali che di carne, come fanno altri ursidi.

La specializzazione del panda per il bambù si fonda sull'abbondanza di questa pianta nel suo habitat di origine unito alla bassa competizione con altri animali interessati a cibarsene. Una strategia che si è rivelata vincente solo fino a un certo punto.

Per poter sopravvivere nutrendosi di solo bambù il panda deve consumarne in grosse quantità e deve impiegare gran parte del suo tempo riposando nel tentativo di digerirlo. Tuttavia, proprio per la sua stretta dipendenza dal bambù, con la progressiva rarefazione delle foreste anche il panda rischia di scomparire. Secondo il Wwf, la deforestazione, la costruzione di nuove strade, di dighe e di insediamenti urbani sono cause primarie della riduzione e della frammentazione dell’habitat del panda che oggi è relegato a poche aree isolate con una estensione complessiva di circa 23 mila chilometri quadrati.

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L’areale del panda (Fonte:Wikimedia Commons)

In suo soccorso però sono arrivate le organizzazioni di tutela animale e le istituzioni, e oggi non è più considerata una specie a rischio critico di estinzione ma vulnerabile dato che la dimensione della popolazione è ancora esigua. La stima attuale è di circa 1.900 individui, di cui più della metà vive all’interno di aree protette.

I tentativi di conservazione operati a livello internazionale hanno quindi avuto successo, e in parte è stato possibile anche grazie all'ondata di "pandamonium" che sta travolgendo la Cina. Gli sforzi di Xi Jinping di consolidare il panda come animale simbolo della diplomazia e ambasciatore della Cina sta dando i suoi frutti all'estero, e anche in patria. Proprio qui però molti cittadini stanno diventando sempre più scettici circa l'utilizzo di questi animali, ceduti e regalati a paesi esteri con una facilità ritenuta eccessiva e tale da comprometterne il benessere.

Il tema, emerso soprattutto con l'invio negli Stati Uniti della coppia Bao Li e Qing Bao, è anche di natura politica. Secondo l'analisi della giornalista esperta di Cina, Nectar Gan, autrice di un lungo reportage sulla Cnn, i cittadini cinesi temono che i paesi ritenuti ostili, come sono appunto gli Stati Uniti, possano maltrattare i panda per rivalersi sul loro governo.

Alcuni attivisti per i diritti degli animali durante una protesta davanti al centro di allevamento e conservazione più famoso, il Chengdu Research Base of Giant Panda Breeding, hanno protestato con una manifestazione organizzata rivolta anche contro i ricercatori. A seguito di quell'episodio il governo ha dichiarato che non avrebbe tollerato più alcun tentativo di impedire le attività di conservazione del panda. Il clamore sembra essersi ridotto, ma non si può dire altrettanto della mania del panda.

Ora il più potente strumento di relazione diplomatica di Xi Jinping rischia di trasformarsi in una pericolosa leva di dissenso interno.

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