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Un patto non scritto che ha origine addirittura 40 mila anni fa è stato stretto da due esseri viventi appartenenti a specie diverse: l'essere umano e il cane. E' dalla notte dei tempi che bisogna partire per provare a raccontare un legame che ha cambiato non solo un ‘lupo ancestrale' nel moderno Canis Lupus Familiaris ma secondo alcuni scienziati ha concesso addirittura a homo sapiens ad emergere tra le diverse specie di ominidi che popolavano la terra anche grazie a questa ‘amicizia'.
Andare alle radici del rapporto che ci lega a quello che da sempre viene definito "il miglior amico dell'uomo" è fondamentale per provare a capire perché il cane è "il miglior amico dell'uomo" attraverso un viaggio che ci porta a scoprire la nostra stessa Storia, tanto che si parla di co evoluzione delle due specie che si sono reciprocamente influenzate nel corso di migliaia e migliaia di anni.
«Il successo della relazione fra noi e loro viene da lontano e si basa su una grande capacità comunicativa ed è indubbio che è il cane ad essersi molto sintonizzato sull'essere umano». Paola Valsecchi, Professoressa Associata del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università degli Studi di Parma in cui insegna Etologia Applicata, Zoologia e Zoologia dei Vertebrati è l'autrice di "Attenti ai cani. Una storia di 40.000 anni", un libro che ha apportato nuovi e importanti dati su come e quando sia potuta nascere questa amicizia.
Intervistata su Kodami, la professoressa ha spiegato che "nessuno sa precisamente ancora perché questa relazione si sia stretta in maniera così profonda. Siamo partiti con l'idea che questo rapporto fosse avvenuto in corrispondenza del periodo della rivoluzione del Neolitico, quindi diecimila anni fa, quando gli esseri umani hanno iniziato a cambiare radicalmente modo di vivere perché sono sono diventati sostanzialmente degli agricoltori e degli allevatori mentre prima vivevano di caccia e di raccolto".
Poi, però, qualcosa è decisamente cambiato: "La possibilità di condurre analisi genetiche sul DNA di cani e lupi viventi ma soprattutto negli ultimi anni sul Dna fossile ha ribaltato decisamente questo scenario e quindi è probabile che il progenitore del cane – un lupo diverso rispetto a quello che vediamo oggi – esisteva già nel Paleolitico: un periodo di tempo che va dai 40 mila ai 33 mila anni fa".
Cosa abbia fatto avvicinare i proto cani ai nostri antenati e viceversa è ancora un argomento di interesse scientifico, soprattutto ora che si sono superate le idee di Konrad Lorenz. Il ‘padre dell'etologia' riteneva infatti che fosse stato il mutuo vantaggio ad aver fatto avvicinare cane e uomo. A distanza di anni però dal 1950, anno di pubblicazione del suo famosissimo "E l'uomo incontrò il cane", altre ipotesi hanno preso spazio.
In particolare un testo molto importante nello studio dell'etologia canina e del rapporto uomo-cane è stato ed è tutt'oggi "Dogs" (2001, titolo originale: "DOGS: A Startling New Understanding of Canine Origin, Behavior, and Evolution"). Gli autori sono i biologi Lorna e Raymond Coppinger che hanno ipotizzato altre forme di interesse da parte del cane nei confronti dell'uomo e viceversa tra cui il ‘parassitismo', il ‘mutualismo' e il ‘commensalismo'.
Come ha spiegato l'istruttore cinofilo Luca Spennacchio su Kodami: "Secondo Coppinger i cani, da un punto di vista etologico ed ecologico, sono dei “parassiti obbligati”. I cani si troverebbero in questa categoria, la quale comprende quelle specie che non possono fare a meno di parassitarne un’altra per sopravvivere. E la cosa non è reciproca. Ora si può certamente dissentire sulle conclusioni dello studioso, ma sicuramente sono degne di nota e stimolano la riflessione. Certamente il rapporto delle nostre due specie è stato per lo più mutualistico (traevamo vantaggio l’uno dall’altro)".
Ancora oggi, però, ci piace pensare che i motivi per i quali il cane si è legato all'uomo riguardino scelte ‘sentimentali' ma lo studio dell'etologia canina, che si è sviluppato sempre di più dalla seconda metà del secolo scorso, ci ha appunto dimostrato che possiamo parlare di una vera e propria co evoluzione tra la nostra specie e quella canina e che questi animali hanno avuto la capacità, a differenza di altri, di fare una scelta di convenienza, legata alla sopravvivenza: stare con noi gli è servito ma per farlo hanno ‘lavorato' a lungo per raffinare le loro capacità enormi di comprensione di noi bipedi che abbiamo preso sempre più possesso dell'intero Pianeta. La scelta del cane, dunque, può definirsi opportunista ma non bisogna dimenticare quanto loro abbiano dato a noi in termini di supporto costante e imperituro.
L'uomo infatti ha ‘plasmato' il cane a suo uso e consumo, tanto per attività che riguardavano la sopravvivenza alle origini di tutto (basti pensare alla collaborazione nella caccia ma anche solo al ruolo di spazzini da parte dei cani che ripulivano gli accampamenti dei resti lasciati dalla nostra specie), passando poi per la selezione in base al tipo di lavoro per cui servivano (dal 1800), per finire ai cosiddetti "cani da compagnia" creati proprio per procuraci benessere e appagamento.
"Sicuramente il successo di questa relazione si basa su una grande capacità comunicativa – spiega la professoressa Valsecchi – E' indubbio che il cane è molto sintonizzato sull'essere umano e ne comprende i gesti. E' in grado anche di entrare in una sintonia emotiva, quella che chiamiamo "empatia" è una parola davvero importante nel rapporto tra umani e cani che sviluppano un contagio emotivo. Alcuni ricercatori hanno fornito delle evidenze che supportano questa possibilità che il cane entri in contatto emotivo con gli esseri umani".
Ebbene sì, questa prossimità portata avanti per migliaia e migliaia di anni ha fatto sì che la interdipendenza creasse anche qualcosa che va ben al di là della reciproca utilità per cui l'alleanza era iniziata: tra cani e umani c'è una osmosi emozionale ormai certificata da diversi studi. Qualche esempio? I nostri battiti cardiaci si sincronizzano, se siamo stressati lo sono anche loro e ci riconoscono in base al tono unico della voce di ognuno.
Noi umani, però, sebbene siamo così certi di conoscere il cane in realtà dobbiamo ancora capire tante cose del nostro migliore amico. Proprio la prossimità ci ha indotto a dare per scontato tante cose di Fido ma mentre quest'ultimo ha davvero investito tutto se stesso per comprenderci, l'essere umano ancora stenta a capirne i sentimenti e anche solo la comunicazione. Un recente studio dell'Istituto di Biologia dell'Università di Leipzig e della Facoltà di Psicologia e della Scuola di Scienze Naturali dell'Università di Lincoln (Regno Unito) ha messo infatti in luce che sopravvalutiamo la nostra capacità di identificare le emozioni dei cani, e ce ne sono alcune che siamo particolarmente incapaci a tradurre.
La scienza, negli ultimi 30 anni, ha fatto grandi passi in avanti dunque per scoprire le basi e l'importanza di questa relazione ancestrale e mentre si studiano ancora le capacità cognitive, le emozioni e quanto ogni cane abbia una sua personalità, ancora nella cultura popolare si crede allo stesso tempo che questa specie esista solo nelle nostre case e che dipenda esclusivamente dall'uomo. Ebbene non è così: la maggioranza assoluta dei cani vive in libertà nel mondo, priva di un riferimento umano ‘fisso'. Come gli stessi Coppinger del resto spiegavano nel loro libro, i cani originali non sono certo quelli di razza ma quelli che ancora oggi possono essere definiti "cani da villaggio" o, più semplicemente, i meticci che tutt'ora condividono i territori del Pianeta con le comunità umane.