UN PROGETTO DI
video suggerito
video suggerito
5 Marzo 2025
13:27

Perché c’è un maiale gigante davanti al Parlamento a Roma: a che punto è la proposta sugli allevamenti intensivi

Questa mattina un maiale gigante ha invaso piazza Montecitorio a Roma davanti alla sede della Camera dei Deputati. La grande installazione è accompagnata dal messaggio: "Onorevoli, non potete più ignorarmi!". I mittenti sono le attiviste e gli attivisti di Greenpeace Italia e il loro scopo è riaccendere l'attenzione pubblica sulla proposta di legge "Oltre gli allevamenti intensivi" presentata alla Camera ormai un anno fa.

224 condivisioni
Immagine

Questa mattina un maiale gigante contro gli allevamenti intensivi ha invaso piazza Montecitorio a Roma, proprio davanti alla sede della Camera dei Deputati. A realizzarla sono state le attiviste e gli attivisti di Greenpeace Italia con lo scopo di accendere l'attenzione pubblica sulla proposta di legge "Oltre gli allevamenti intensivi", ad oggi ferma in Commissione Agricoltura.

La proposta oltre che da Greenpeace Italia è sostenuta dalle organizzazioni ambientaliste e animaliste Lipu, ISDE–Medici per l’ambiente, Terra! e WWF Italia. Il testo di legge mira a realizzare una transizione della zootecnia al fine di ridurre il peso del comparto sull'ambiente e contestualmente salvaguardare il benessere degli animali oggetto di uno sfruttamento ormai ritenuto intollerabile.

La grande installazione è accompagnata da un messaggio che lascia poco spazio ai dubbi circa la sua presenza: "Onorevoli, non potete più ignorarmi!", le cinque associazioni promotrici chiedono infatti a gran voce ne venga calendarizzata la discussione.

Greenpeace: "Transizione non più rinviabile"

Gli animali allevati annualmente in Italia sono oltre 700 milioni all'anno e la maggior parte è sfruttata dai marchi della grande distribuzione e per l’export. Secondo i dati Eurostat, l’Italia tra il 2004 e il 2016 ha perso oltre 320 mila aziende: un calo che ha riguardato soprattutto le piccole, il 38%, mentre sono aumentate del 21% le aziende "molto grandi" e del 23 per cento di quelle grandi. Nel giro di appena 15 anni sono raddoppiate le aziende agricole di grandi dimensioni, mentre il numero delle piccole e medie è dimezzato, con un perdita complessiva di circa 350 mila posti di lavoro.

"Dobbiamo cambiare radicalmente il nostro sistema zootecnico, con un quadro normativo e un supporto economico adeguati che mettano le aziende nelle condizioni di passare dall’attuale sistema di allevamento di tipo intensivo a un modello agro-ecologico – ha dichiarato Simona Savini della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia – La sfida è grande, ma non più rinviabile, e chiama in causa tutte le parti: decisori politici, aziende agricole, mondo dell’associazionismo e della scienza. La nostra proposta di legge crea le condizioni per affrontarla".

Gli allevamenti intensivi divorano tonnellate di mangimi che per essere prodotti richiedono circa il 70% dei terreni agricoli e oltre due terzi dell’acqua impiegata in agricoltura in Europa: risorse che potrebbero essere destinate al consumo diretto umano o al ripristino degli habitat naturali. L’industria della carne, al contempo, produce rifiuti che l’ambiente non riesce  a smaltire: i liquami derivanti dagli allevamenti intensivi inquinano infatti terreni e risorse idriche, soprattutto in aree ad alta intensità zootecnica come la Pianura Padana, dove sono anche maggiori gli impatti sulla salute umana. Basti pensare che le emissioni di ammoniaca, direttamente proporzionali al numero di animali allevati, in Italia sono la seconda causa di formazione di PM2,5, le polveri sottili inquinanti che ogni anno nel nostro Paese causano circa 50 mila morti premature.

L'installazione del maiale a Montecitorio, accompagnato dallo striscione giallo di Greenpeace Italia, punta proprio a richiamare l'attenzione dei parlamentari sulla necessità di riprendere un dibattito non più rinviabile per la salute di animali, ambiente e persone, come ha ricordato Savini: "La protesta di oggi vuole dare voce ai numerosi problemi legati agli allevamenti intensivi, ampiamente condivisi dalla scienza e puntualmente riportati nella relazione introduttiva della proposta di legge, ma anche ai consensi bipartisan finora raccolti intorno al testo. Il processo deve tenere conto anche dell’impatto negativo che questo sistema intensivo ha sul nostro mondo agricolo: il testo di legge mette al centro un modello zootecnico sostenibile che garantisce margini equi per i produttori e accesso a un cibo di qualità per tutta la popolazione. Servono però scelte politiche coraggiose che dirottino l’enorme quantità di denaro che sostiene l’attuale sistema produttivo verso un piano di riconversione del settore zootecnico. La proposta è sul tavolo, sostenuta da centinaia di migliaia di persone e decine di associazioni e comitati. I politici italiani sono pronti a raccoglierla?".

Immagine

La proposta di legge avanzata dalle cinque associazioni nel 2024 è stata sottoscritta da 23 esponenti di cinque diverse forze politiche, e gode anche dell'appoggio di oltre mezzo milione di persone che hanno firmato a sostegno dell’iniziativa.

Perché andare oltre gli allevamenti intensivi

L'allevamento intensivo di animali si distingue perché avviene in un ambiente artificiale e riguarda un gran numero di animali tenuti in un ambiente interno e controllato, senza la possibilità di alimentarsi in maniera autonoma. Questa modalità di allevamento che riguarda polli, tacchini, bovini, vitelli e suini, permette alle aziende di minimizzare il costo della gestione degli animali, a scapito però del loro benessere.

Gli animali in queste strutture, privati di ogni capacità di movimento, accumulano una grande quantità di stress che spesso sfociano anche in comportamenti aggressivi. Negli allevamenti di suini, ad esempio, è comune che i maiali si feriscano arrivando a mordere le code dei vicini. Per fare fronte al problema i maiali sono spesso oggetto di caudectomia, la pratica del taglio della coda, attuata a scopo preventivo per evitare le perdite dovute a ferite o infezioni da morso.

L'industria intensiva infatti non ammette sprechi o costi superflui, anche a scapito del benessere e della sopravvivenza degli animali impiegati. Questo è evidente soprattutto davanti alla triturazione dei pulcini maschi. Nell'industria alimentare oltre alle galline ovaiole, che producono uova non fecondate per il consumo umano, ci sono le galline riproduttrici, allevate allo scopo di creare le successive generazioni di galline ovaiole, quando però dall'uovo nascono dei maschi ecco che questi vengono destinati alla triturazioni. Pur esistendo tecnologie in grado di rilevare il sesso dell’embrione evitando così la nascita e l'inevitabile morte, queste semplicemente non vengono impiegate.

Immagine

Oltre alla scarsa considerazione del benessere animale, l'allevamento intensivo ha conseguenze dirette sulla salute umana a causa delle PM 2,5, particelle che compongono le polveri sottili responsabili di numerose malattie dell'apparato respiratorio, incluso il cancro al polmone. Le emissioni di ammoniaca zootecnica e, di conseguenza, la formazione di PM in atmosfera, sono direttamente legate alle funzioni fisiologiche degli animali allevati. Secondo l’Agenzia europea per l'ambiente sono state responsabili di più di 50 mila morti premature in Italia solo nel 2020, per una stima di 462.300 anni di vita persi e di quasi 47.000 nel 2021. Dati drammatici che posizionano l’Italia al primo posto per morti premature causate dall’esposizione al PM 2,5, e che comportano anche enormi costi sanitari, in particolare in zone come la Pianura Padana, con un’alta concentrazione di attività emissive, come gli allevamenti intensivi.

Le persone impiegate in questa industria spesso non se la passano meglio degli animali: come rivelato dall'inchiesta della giornalista Gliulia Innocenzi, Food for profit, l'abuso e il maltrattamento degli animali sono fenomeni sistemici all'interno dell'industria zootecnica e vanno di pari passo allo sfruttamento dei lavoratori. In molti casi si tratta di lavoratori irregolari, anche immigrati, pagati a cottimo.

La proposta delle associazioni mira quindi a ridurre in modo significativo tutti gli impatti degli allevamenti intensivi: sociali, sanitari, ambientali ed etici, puntando su una transizione agroecologica del sistema zootecnico italiano, con la sospensione temporanea dell’apertura di nuovi allevamenti intensivi e dell’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti, in attesa che venga redatto e implementato un apposito Piano nazionale di riconversione del settore zootecnico.

Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views