La salvezza dell'orso andino (Tremarctos ornatus), anche noto come "orso dagli occhiali", l'unica specie di orso originaria del Sud America, dipende dalla conservazione delle praterie di alta quota di quella regione. È quanto emerge da uno studio guidato dalla San Diego Zoo Wildlife Alliance e pubblicato su Plos One.
Per l'unico orso sudamericano la sopravvivenza va di pari passo con la capacità dell'uomo di preservare il suo habitat naturale. «L'obiettivo di questo studio – hanno spiegato i ricercatori – era di esaminare l'attività di foraggiamento dell'orso andino sulle bromeliacee terrestri ad alta quota per modelli coerenti con una selezione attiva delle risorse nelle praterie. Abbiamo anche previsto che gli orsi andini avrebbero evitato di nutrirsi in aree con un impatto umano maggiore, inclusa la presenza di bestiame».
Nelle Ande, la conversione delle praterie autoctone in pascoli per il bestiame si è verificata ampiamente in tutto il paesaggio sin dall'arrivo dell'uomo, almeno 14 mila anni fa, cancellando la vera ecologia e la biodiversità originaria di questo ecosistema. A farne le spese è l'orso andino, endemico delle Ande tropicali tra i 200 e i 4.250 metri sul livello del mare.
Cosa dice lo studio sull'orso dagli occhiali
Il team di ricercatori ha studiato il comportamento alimentare degli orsi nelle praterie ad alta quota, chiamate puna, nel Parco Nazionale Manu in Perù. Nonostante l'orso andino sia un carnivoro con una dieta onnivora, solo il 5% della sua dieta è in realtà costituita da carne. La dieta riveste una importanza primaria quando si parla di orsi, e ancora di più degli orsi andini, dato che la selezione del loro habitat si ritiene sia collegata all'utilizzo delle risorse alimentari.
Gli orsi si nutrono principalmente di bromeliacee, piante da fiore che crescono in queste aree. I ricercatori hanno esaminato due specie di bromeliacee: Puya leptostachya e Puya membranacea, registrando la loro posizione e cercando tracce di consumo da parte degli orsi. L'indagine ha evidenziato che gli orsi utilizzano solo il 16,7% delle bromeliacee disponibili, preferendo quelle in zone lontane dalle attività umane che nella zona sono molto presenti come la pastorizia.
Per condurre la ricerca sul campo i ricercatori hanno utilizzato telecamere installate nei luoghi di studio. Le riprese hanno confermato la presenza degli orsi, dimostrando l’importanza delle praterie per la loro sopravvivenza, ma anche l'impronta del disturbo umano. Un fenomeno già noto dato che l'orso andino ha perso gran parte del suo areale storico e il suo habitat è sotto continua minaccia di contrazione e frammentazione a causa dell'attività umana.
Chi è l'orso andino e perché dobbiamo proteggerlo
L'orso andino è ciaoe vive sulle Ande, dal Venezuela occidentale alla Bolivia meridionale, ed è il più grande carnivoro terrestre di quella parte del mondo. È facilmente riconoscibile perché maggior parte degli individui presenta segni bianchi simili a occhiali intorno agli occhi, che danno origine al nome alternativo di “orso dagli occhiali”.
È presente nella nella Lista Rossa Iucn delle specie minacciate e a comprometterne la sopravvivenza è soprattutto la frammentazione del suo habitat. La principale minaccia per l'orso andino è rappresentata proprio dalla perdita di habitat a causa dell'espansione agricola, della pastorizia e delle
Sebbene sia protetto dalle leggi nazionali in tutti e cinque gli Stati del suo areale e dalla Cites, la Convenzione internazionale che regola le tutele e il commercio delle specie selvatiche, secondo gli esperti della Iucn è necessaria «un'applicazione più rigorosa e ulteriori ricerche per gestire meglio il conflitto uomo-orso».
Recentemente però proprio dalla comunità scientifiche sono arrivate buone notizie per l'orso andino: sono stati individuati almeno 60 individui in aree in cui non erano mai stati avvistati prima. Il monitoraggio, parte del Programa para la Conservación de Carnívoros Andinos, sta alimentato nuove speranze che la popolazione di orsi possa stabilizzarsi e, forse, addirittura aumentare.