Questa mattina a Roma è stato presentato il Piano di intervento per contenere e contrastare il fenomeno della diffusione e della proliferazione del granchio blu. Il Piano ha lo scopo di tutelare la biodiversità e l'economia delle regioni dell'Alto Adriatico, Veneto ed Emilia-Romagna, attraverso l'applicazione di sei misure d'intervento.
All'evento organizzato a Roma al Ministero dell'Agricoltura è intervenuto il Commissario straordinario per il granchio blu, Enrico Caterino, il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, e il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Quest'ultimo a margine dell'incontro ha sottolineato il contributo dei pescatori nella gestione dell'emergenza: «Dobbiamo andare avanti fianco a fianco con i pescatori, da un lato bisogna contenere il granchio e dall'altro creare la condizione di una nuova semina delle vongole».
Secondo il Ministero dell'Ambiente in Italia sono presenti 3.300 specie aliene. Il granchio blu era tra queste già 80 anni fa, ma il riscaldamento dei mari ne ha favorito la proliferazione in tempi recenti. «Si tratta di trovare un equilibrio, alcune specie verrano eliminate e altre gestite», ha concluso Pichetto Fratin.
Per quanto riguarda il granchio blu però non si potrà ristabilire l'equilibrio ecologico antecedente al suo arrivo, come rileva l'ittiologo ed esperto di specie aliene Francesco Tiralongo: «Pensare a un'eradicazione totale è impensabile. Non è mai accaduto nel Mediterraneo che una specie invasiva sia stata eradicata dall'uomo».
Il granchio blu (Callinectes sapidus) è tra le specie aliene più invasive presenti nel Mediterraneo. Da quando è arrivato in Italia dall'Atlantico sta devastando l'economia legata all'allevamento di molluschi e provocando un serio danno alla biodiversità marina, e come rileva l'esperto, sta ampliando sempre più il suo raggio d'azione: «È iniziata l'invasione di questa specie nei corsi d'acqua dolce. Anche le specie autoctone di acqua dolce sono già minacciate».
Il Piano di contrasto al granchio blu
Sono sei le misure di contrasto al granchio blu. L'attuazione delle misure del Piano è coordinata dal commissario straordinario nazionale, Enrico Caterino, con mandato fino al 31 dicembre 2026. Sono stati stanziati 10 milioni di euro che in parte ai pescatori per la cattura, a cui si aggiungono ulteriori 44 milioni di euro complessivi stanziati negli anni precedenti.
Il piano prevede una serie di azioni da svolgere nel biennio 2025-2026:
- Difesa della biodiversità degli habitat colpiti dall'emergenza;
- Prelievo della specie granchio blu, incentivando la progettazione e la realizzazione di nuovi attrezzi per la cattura, sostenendo il prelievo e smaltimento di circa 2.600 tonnellate nei due anni nell'alto Adriatico (Veneto ed Emilia-Romagna);
- Smaltimento delle biomasse catturate non destinate al consumo umano o ad altri usi;
- interventi di messa in opera di strutture idonee a contenere l'invasione del granchio blu;
- Altri investimenti finalizzati a impedire l'aggravamento dei danni inferti all'economia del settore ittico;
- Investimenti a sostegno alla ripresa delle attività economiche esercitate dalle imprese di pesca e acquacoltura.
Il piano verrà attuato attraverso la collaborazione di ISPRA, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), CREA, Capitanerie di Porto ed Enti territoriali delle regioni più colpite dall’emergenza.
Chi è il granchio blu e perché è dannoso
Il granchio blu è una specie originaria dell'Oceano Atlantico arrivata in Italia attraverso le acque di zavorra delle navi mercantili. «Una volta giunto in Italia questa specie ha iniziato a minacciare la biodiversità locale, sia direttamente predando le specie native, sia indirettamente, cioè competendo con queste per le risorse come habitat e prede», spiega Tiralongo. «La specie nativa Carcinus aestuari, il nostro granchio estuarino detto granchio verde, ormai è localmente estinto perché è stato direttamente predato dal granchio blu».
Il granchio blu è presente da anni, ma il caso scoppia solo nell'estate del 2023, quando i pescatori delle lagune adriatiche lamentano l'impatto economico devastante soprattutto per l'allevamento di molluschi. «Il granchio non è schizzinoso: fa piazza pulita di tutto quello che trova, inoltre è opportunista e riesce a sfruttare qualsiasi risorsa trofica [alimentare n.dr.], e così ha fatto nelle lagune piene di vongole, sulla quali riesce facilmente ad avere la meglio. In questo modo è riuscito a trovare una fonte alimentare che ha sfruttato a suo vantaggio».
Questa specie è in grado di riprodursi rapidamente: ogni femmina produce da 1 milione a 8 milioni di uova. Per questo il Piano prevede pesca selettiva con catture sulle femmine ovigere nel passaggio dall'ambiente lagunare e marino, in modo da evitare il ciclo riproduttivo.
Il regno del granchio blu è il Delta del Po, ma ormai la sua presenza è attestata anche nel resto della Penisola, compresa la Sicilia sudorientale, dove sta causando enormi danni nella riserva naturale Oasi Faunistica di Vendicari, una piccola isola disabitata dall'alto valore ecologico.
Qui si trovano una varietà di habitat diversi come zone umide, saline, dune di sabbia e ambienti marini costieri e l'insediamento del granchio blu solleva diverse preoccupazioni a causa dell'impatto sulle comunità autoctone. Tuttavia un recente studio realizzato da Tiralongo rivela che le specie locali stanno reagendo all'invasione: «Osservando l'interazione trofica tra le specie abbiamo visto che anche il granchio blu inizia anche a essere predato dal polpo. Abbiamo le prime immagini in cui si vede proprio il polpo che ha davanti alla tana dei resti di granchio blu. A un certo punto anche le specie native si adattano a predare il granchio blu».
Iniziali tentativi di predazione però non sono sufficienti: «Soprattutto nel periodo primaverile-estivo avvertiamo ogni anno un azzeramento della biodiversità locale: tutto quello che c'è viene predato e distrutto dal granchio».
Eppure, la strategia per il momento riguarderà solo Veneto ed Emilia Romagna, solo successivamente, quindi dopo il 2026, verrà valutato di estendere il Piano ad altre aree del paese come Sardegna, Puglia e Toscana, come ha ammesso il commissario straordinario Enrico Caterino.
Tra proposte degli anni passati una delle più popolari era quella di incentivare il consumo alimentare umano, tema che è tornato anche durante l'incontro al Masaf.
Perché il consumo non è la soluzione
Il consumo umano è stato più volte indicato come la possibile soluzione, ma secondo l'esperto non è sufficiente: «Per contenere i danni agli ecosistemi costieri e all'economia il numero dei granchi blu deve essere basso, e incitare il consumo non basta. In Italia non esiste una cultura di consumo del granchio tale da avere un impatto significativo».
A complicare il tutto c'è anche un parassita recentemente rilevato dai ricercatori del Centro specialistico ittico dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie. Nell'ambito di un progetto di ricerca finanziato dal Ministero dell’Agricoltura è stato scoperto un parassita del genere Hematodinium che causa la Bitter Crab Disease, nota anche come “malattia del granchio amaro”. La carne di crostacei gravemente parassitati, una volta cucinata, può assumere un retrogusto amaro, che può comprometterne l’appetibilità per il consumatore.
Hematodinium sp. non è trasmissibile e non causa infezione e malattia all’uomo, tuttavia il consumo di granchio blu crudo o poco cotto può comportare altri potenziali rischi per la salute, come gastroenteriti acute causate da vibrioni presenti sull’esoscheletro o direttamente nelle carni. I risultati preliminari hanno confermato la presenza del parassita in Veneto con una prevalenza del 33% e in Emilia Romagna del 97%, mentre nelle aree lagunari del Friuli Venezia Giulia non è stato rilevato.
In particolare nei siti emiliani esemplari letargici o moribondi sono stati segnalati dagli operatori del settore nella tarda primavera 2024 e risultati fortemente positivi. Secondo l'Izs delle Venezie, «Queste osservazioni confermano come l’infezione possa influenzare il valore commerciale dei granchi».
Le possibili soluzioni secondo l'esperto
Il granchio blu quindi non può essere eradicato, cioè la sua presenza ormai non può più essere cancellata dall'ecosistema che ha invaso: «Sarebbe come voler eradicare una triglia o un sarago, ormai è pressoché impossibile. Inoltre in un ambiente come quello marino le dinamiche di dispersione larvale non sono ancora del tutto note, e questo complica le cose».
L'unica possibilità per ridurre i danni alla fauna e all'economia è contenerne il numero, ma considerati i tassi di riproduzione e la voracità anche questo sembra un compito difficile. La strategia indicata dall'esperto è quella di utilizzare «Nasse selettive che permettano l'eventuale rilascio di specie native e favorire la cattura sistematica dei granchi. Ovviamente possono essere anche utilizzate altri attrezzi, ad esempio in aree piccole o protette come si sta facendo nella riserva di Vendicari».
Ciò che è certo è che la gestione del granchio blu non è più straordinaria, ma deve diventare una operazione ordinaria: «Anche se si riuscisse a eradicare il granchio delle lagune del Delta del Po il prossimo anno tornerebbe di nuovo perché le larve dalle zone vicine ricolonizzerebbero la zona. L'azione quindi deve essere mirata, coordinata e contemporanea in tutto il territorio nazionale e nel Mediterraneo».