Il divieto di vendita di animali domestici nei negozi in tutto lo Stato di New York entrerà in vigore il 15 dicembre 2024. In un paese in cui anche altri Stati (la California nel 2018) hanno già legiferato in merito, si tratta di una scelta importantissima soprattutto pensando alla Grande Mela, ovvero a una megalopoli occidentale che può essere assurta al rango di esempio chiave di ciò che accade in tutte le città del mondo ma che diventa così finalmente rappresentativa di una cultura occidentale che mira sempre di più a rendere reale la tutela del benessere degli animali e non solo a decantarla come intenzione e mai realizzazione di uno stato di fatto.
Per descrivere l'importanza di questa nuova norma che in Italia stenta a diventare realtà, è importante andare a leggere la comunicazione di Letitia James, Procuratrice generale dello Stato di New York, sul sito ufficiale. In questo modo si riesce a comprendere quanto la politica e la giustizia abbiano operato senza altro fine che arrivare alla protezione degli animali e delle famiglie coinvolte a fronte di un commercio basato sullo sfruttamento di altri esseri senzienti e al fine di fermare gli allevatori abusivi e le fabbriche di allevatori, veri e propri "cucciolifici" noti anche con il nome di "puppy farm" o "puppy mill" che abbondano anche nel nostro Paese, soprattutto a causa delle cucciolate casalinghe, e soprattutto nell'est Europa da dove arrivano carichi di cani e gatti di a stento due mesi e in pessime condizioni.
Cosa è stato deciso nello Stato di New York
«Portare un nuovo animale domestico in una famiglia dovrebbe essere un momento di eccitazione e gioia, ma spesso gli animali provenienti da "allevamenti di cuccioli" soffrono di gravi problemi medici e lasciano le famiglie con il cuore spezzato per il loro animale malato e con un conto salato da pagare – scrive la Procuratrice generale James nella nota ufficiale – Questo divieto di vendita di animali domestici contribuirà a porre fine al pericoloso canale di passaggio dagli allevamenti di cuccioli ai negozi di animali domestici che li mette a rischio e costa ai newyorkesi migliaia di dollari in cure veterinarie. I newyorkesi interessati ad aggiungere un amico peloso alla loro famiglia possono comunque adottare un animale domestico presso un'associazione, un centro di soccorso per animali o un allevatore autorizzato».
Ecco, nel consiglio finale della dichiarazione della procuratrice dello Stato di New York c'è esattamente ciò che dovrebbe diventare legge nel nostro Paese: l'indicazione precisa di dove andare e a chi rivolgersi se davvero si sceglie responsabilmente e consapevolmente di adottare un cane o un gatto.
Nel comunicato ufficiale è chiaro e ben spiegato il motivo per cui si è giunti a questa decisione ed è del tutto mutuabile alla situazione che si ha anche in Italia: «Il divieto di vendita di animali domestici ha lo scopo di fermare le pericolose attività di allevamento su larga scala note come "puppy mill", dove gli animali vengono spesso maltrattati e soffrono di gravi problemi di salute. Nelle fabbriche di cuccioli spesso si travisa la salute degli animali che vengono allevati e si inviano ai negozi al dettaglio animali malati».
I negozi che continueranno a vendere animali domestici dopo il 15 dicembre rischieranno sanzioni fino a mille dollari per ogni infrazione commessa. Il "Puppy Mill Pipeline Act", questo il nome della legge, consente allo stesso tempo però ai negozi di animali di diventare degli hub per dare maggiore visibilità ai cani da adottare, a fronte della possibilità di riscuotere una cifra in cambio dell'affitto dello spazio in cui esporre gli animali da parte delle associazioni.
La battaglia di associazioni e politici che hanno portato alla nascita di questa legge ha origine da un'inchiesta del 2021 in cui fu coinvolto "Shake A Paw", un negozio molto noto di Long Island in cui per anni sono stati venduti centinaia di cuccioli gravemente malati. L'otto marzo del 2024 Letitia James aveva infatti annunciato che il negozio era stato condannato a pagare 300 mila dollari a circa 190 clienti a cui aveva venduto illegalmente e consapevolmente animali con gravi patologie. L'indagine dell'Ufficio del procuratore generale aveva anche evidenziato che i cani «erano detenuti in condizioni disumane e i cuccioli morivano entro pochi giorni o settimane dall'acquisto».
La situazione italiana, dove manca una normativa in materia. Ma ovunque il vero problema è la vendita online
Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale, spiega così a Kodami la situazione in Italia: «Nel Belpaese non esiste nessuna normativa nazionale che vieti la vendita di animali nei negozi. La pratica è invece regolamentata a livello locale con normative comunali o regionali. A seconda del territorio può esistere quindi un regolamento che vieta l’assoluta vendita di cani e gatti nei negozi oppure ci sono normative che ne regolano l’esposizione. È comune infatti che sia vietata l’esposizione degli animali nelle vetrine esterne al punto vendita (su di una strada o un’area pubblica), mentre può essere ammessa l’esposizione in vetrine interne del negozio (senza dare visibilità esterna)».
Come spiega inoltre l'avvocato Salvatore Cappai: «L'attività di vendita può essere svolta (quasi) da chiunque, non essendo richiesto alcun titolo specifico, né licenze, né una particolare esperienza sul campo. Per farlo occorre seguire un preciso iter burocratico che prende avvio con l’apertura di una partita IVA e passa per l’ottenimento di un nulla osta da parte delle aziende sanitarie competenti e di alcuni permessi particolari, sussistendo un’esposizione di animali vivi».
Questo dunque è lo stato di fatto nel nostro Paese, in cui ancora ci sorprendiamo quando in televisione mandano servizi dove si vede un negozio più volte segnalato che continua a vendere cuccioli come oggetti e a procurarsene sempre di più in base però, bisogna dirlo, a una richiesta che è imperante da parte delle persone.
Dove c'è richiesta, del resto, non manca mai l'offerta e ciò che è evidente è che in Italia è ancora assente la cultura dell'adozione responsabile, ovvero di effettuare una "scelta consapevole" e ogni Natale, puntualmente, assistiamo a una corsa all'acquisto dei cuccioli che avviene poi non solo attraverso i negozi fisici ma, purtroppo, soprattutto online.
Legiferare infatti in merito solo al divieto di vendita negli esercizi commerciali è di per sé qualcosa di quasi di poco conto, al giorno d'oggi. In Europa lo ha già fatto la Francia, che comunque ha promulgato la legge ma sarà effettiva solo dal 2028 e Oltremanica anche il Canada si è mosso da tempo. Ma qui in Italia sarebbe d'esempio procedere direttamente con una forte azione di repressione che prenda le mosse dal mercato online visto che l'uso della Rete per questa attività illegale è il problema vero da affrontare.
In un periodo in cui nel Belpaese è appena stata approvata alla Camera la proposta di legge per inasprire le pene per chi maltratta gli animali una riflessione e un'aggiunta su questo aspetto sarebbe dovuta essere quasi scontata. Ci si chiede allora perché non sia stata inserita nel dettato normativo proposto, considerando che l'inizio è la base fondante di una relazione sana che non può prescindere dall'essere certi che chi diventerà parte della famiglia non sia stato abusato e sfruttato, così come i suoi genitori: migliaia e migliaia di esseri senzienti che vengono oggi ancora maltrattati per un business duro a morire se non viene fermato da chi di dovere.