Sperimentazione sugli animali: accade tutti i giorni, in tutto il mondo e solo in Italia gli stabulari sono circa 600, ovvero le strutture in cui sono rinchiuse le cavie. Questi animali – ratti, topi, conigli, scimmie e anche cani solo per citarne alcuni – sono appannaggio di industrie del settore farmaceutico e chimico, degli istituti zooprofilattici e delle Università.
Nell'occhio del ciclone per un'inchiesta che ha tutti i presupposti per scoperchiare un vaso di Pandora che contiene orrori nei confronti non solo degli animali ma che sembra andare a offendere anche il minimo rispetto dei valori umani, è proprio un Ateneo: l'università Magna Graecia di Catanzaro e alcuni dirigenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale del capoluogo calabrese, tenuti alla verifica delle condizioni di benessere animale cui sono obbligati tutti coloro che hanno l'autorizzazione a poter praticare la sperimentazione.
Le indagini sull'ateneo di Catanzaro: 11 arresti per maltrattamenti agli animali dei laboratori
Le carte dell'operazione della Guardia di Finanza che ha portato all'arresto ai domiciliari di 11 persone – tra cui l’ex magnifico rettore Giovanbattista De Sarro e Domenico Britti, presidente dell’Organismo preposto al benessere animale dell'ateneo (Opba) – riportano intercettazioni in cui si descrivono meticolosamente violenze e torture su animali nell'ambito anche di altri reati come associazione per delinquere, corruzione, falso e truffa aggravata ai danni dello Stato.
Leggendo il comunicato della Procura della Repubblica, infatti, il "maltrattamento e uccisione di animali" è l'ultimo delitto citato ma anche il filo rosso che lega gli abusi riscontrati per cui si è proceduto anche al sequestro preventivo di due laboratori scientifici utilizzati per la sperimentazione su topi, principalmente.
Il resto, non da poco qualora sia poi accertato in sede di processo, racconta la natura umana della peggior specie che viene manifestata principalmente attraverso reiterate e volontarie azioni di dolore e sofferenza imposte agli animali al fine di ottenere finanziamenti pubblici pari a circa 2 milioni di euro «cagionandone l’uccisione immotivata non autorizzata dal Ministero della Salute e falsando l’attendibilità delle ricerche espletate», come specifica la Procura.
Da questo quadro generale di abusi finalizzati a favori personali che dovranno essere poi dimostrati nelle sedi opportune, bisogna affrontare la notizia cercando però di trarne qualcosa di utile e che sia foriero per una riflessione più alta che va a toccare un dibattito sempre pronto ad accendersi nell'opinione pubblica, ovvero quello sulla necessità o meno al giorno d'oggi della sperimentazione animale.
A che punto siamo con la sperimentazione animale, in Europa e nel mondo
Ciò che sta emergendo dalle indagini a Catanzaro consente così di analizzare ancora una volta quali sono le normative in vigore rispetto a questa pratica, quali sono le alternative e se ce ne sono per evitare di far soffrire altre specie per "salvare" la nostra sebbene dobbiamo ricordare che la sperimentazione è ancora possibile, in alcuni paesi ma non in Italia, pure per prodotti che non hanno nulla a che fare con la salute umana. Un caso come questo, però, ci fa rimanere atteriti rispetto alla domanda chiave che si "illumina" nella testa di tanti, ovvero "chi controlla il controllore" quando quest'ultimo è coinvolto nell'illecito tanto quanto colui che deve essere monitorato?
Sono più di 100 milioni gli animali che in tutto il mondo sono utilizzati per fini sperimentali e non solo per la ricerca legata alla salute umana ma anche per testare prodotti finalizzati, ad esempio, al mercato della cosmetica. Su questo ultimo ambito di azione diversi paesi hanno preso già una posizione netta sul vietarla, tanto che – per "rimanere in casa" – dal 2013 i test e la vendita di prodotti testati sugli animali sono totalmente vietati nell’Unione europea e recentemente è stato il Perù l'ultima nazione a legiferare in merito e a vietarlo.
Lì dove dunque cerchiamo di escludere gli ambiti che possono essere ormai considerati come assolutamente inaccettabili dal punto di vista etico, rimane il dato di fatto che la ricerca a fini medici è legale e viene applicata nel nostro Paese quotidianamente. Come ha scritto Laura Arena, veterinaria esperta di benessere su Kodami ci ritroviamo in mezzo a una polemica che vede «da un lato la Comunità scientifica affermare che per garantire l’avanzamento scientifico non si possa fare a meno dell’utilizzo degli animali e che sia indispensabile per salvare vite umane. Dall'altro, gli animalisti ne promuovono l’abolizione considerando la sperimentazione animale scientificamente inefficace oltre che totalmente sostituibile».
E' anche vero poi che sempre più scienziati stanno portando avanti una vera e propria battaglia per indurre i colleghi a riflettere sull'esistenza della coscienza degli animali, essendo ormai superato il dibattito sul dolore che è stato accertato e accettato da tempo che venga provato da parte dei soggetti coinvolti tanto che per questo esistono appunto delle regole stringenti da seguire per i test e vi è un iter da seguire per ottenere il benestare da parte dell’Organismo preposto al benessere animale (OPBA) al Ministero della salute tramite la Banca Dati Telematica della Sperimentazione Animale.
Sì, la sigla è la stessa che avete letto poco più su in questo articolo, perché è in uno di questi osservatori che lavora uno degli indagati dalla Procura di Catanzaro. Cosa che, come accennavamo, fa sorgere legittimi dubbi sul fatto che le regole possono anche esistere ma c'è chi può aggirarle e tutto ciò al fine di un tornaconto personale e a discapito delle vite di animali che, qualora si sia d'accordo con la necessità della sperimentazione, vengono pure terminate nel peggiore dei modi e manco per raggiungere uno scopo rivolto al benessere umano.
Dunque, ricapitolando e cercando di arrivare al punto, la domanda delle domande si riduce in fondo solo a questo: questi animali li vogliamo chiamare esseri viventi o esseri senzienti? Perché se consideriamo gli animali da sperimentazione solo "viventi" rischiamo di finire in un bias che è stato ben rappresentato da una ricerca condotta dal Dipartimento di Psicologia dell'Università di Melbourne e dall'Università di Grenoble da cui è emerso che anche chi afferma di amare gli animali quelli da laboratorio vengono considerati “provette pelose senza cervello”. Le persone coinvolte nello studio, tutte sensibili alla sofferenza animale, hanno infatti fatto emergere un dato molto interessante: preferiscono non sapere cosa accade negli stabulari e pensano che gli animali da laboratorio «non hanno una mente».
A differenza loro, invece, sono stati proprio degli scienziati recentemente a compiere un gesto molto importante e per certi versi rivoluzionario, mettendo i loro nomi e la loro esperienza al servizio di una riflessione che va proprio a sollecitare le menti di chi opera nell'ambito in cui avviene la sperimentazione. In Usa, il 19 aprile 2024, è stata firmata la dichiarazione "la Dichiarazione di New York sulla coscienza animale": un testo che chiama in causa, attraverso dati scientifici, il mondo accademico sul dato di fatto che gli altri animali sono esseri senzienti. Questo documento segna un momento cruciale per una vera evoluzione verso il rispetto non solo degli animali usati nei laboratori ma delle altre specie in generale nel rapporto con l'essere umano.
Altro punto da dirimere poi quando si affronta questo tema è quali e se ci sono delle alternative possibili. Anche in questo caso il parere di un esperto aiuta a comprendere la situazione. «Oggi esistono metodi “complementari” più che “sostitutivi” – ci ha spiegato la veterinaria Laura Arena – In quanto solo una piccola parte di questi è realmente in grado di rimpiazzare al 100% una procedura sperimentale su animali … Ad oggi, quindi, tali modelli solo in pochi casi sono realmente alternativi all’utilizzo degli animali in ricerca, ma sono funzionali alla reale riduzione del numero di animali utilizzati nelle procedure».
Detto ciò è anche vero che la tecnologia avanza a ritmi impressionanti ormai ed è già talmente sfruttata in ambiti che non vanno a toccare la vita di altri individui che ci si chiede come sia possibile che non si investa su nuovi modelli che siano davvero sostitutivi della sperimentazione animale. Un esempio recente che dimostra quanto si possa lavorare in tal senso se vi fosse un interesse maggiore da parte dei soggetti coinvolti, a fronte di investimenti sicuramente più onerosi rispetto al costo e al mantenimento degli animali da laboratorio, è un articolo apparso sul sito MIT Technology Review, organo ufficiale dell'importante istituto di ricerca. Nel testo si legge che «circa il 95% dei farmaci sviluppati attraverso la ricerca sugli animali falliscono nell’uomo. I ricercatori hanno documentato questo divario almeno dal 1962» e che più di 60 aziende stanno già producendo una tecnica che consente di ricostruire le cellule umane degli organi più importanti attraverso l'uso di un chip, concentrandosi in particolare su fegato, reni, polmone, intestino e cervello. «Vengono già utilizzati per comprendere le malattie, scoprire e testare nuovi farmaci ed esplorare approcci personalizzati al trattamento. Mentre continuano a essere perfezionati, potrebbero risolvere uno dei maggiori problemi della medicina odierna».
L'ultima riflessione che vogliamo lasciare sul campo, mentre l'orrore di Catanzaro temiamo che non sia l'unico su cui indagare, è per riportare l'attenzione su quale sia la differenza dal punto di vista dell'esperienza del dolore per un altro animale rispetto a noi umani e quindi dare valore, finalmente, alla consapevolezza dell'esistenza di una "coscienza" che non è solo un nostro diritto acquisito. Anche a discapito di un diritto alla cura e alla salute che è parte integrante della nostra vita stessa.