;Resize,width=638;)
Il DDT è stato il primo vero insetticida moderno a essere usato su larga scala, ma nonostante sia stato bandito e vietato ormai da decenni perché pericoloso per gli ecosistemi e gli animali, continua a essere presente in natura e a riaffiorare nei tessuti dei pesci di alcune regioni del Canada. Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato recentemente sulla rivista PLOS One, che ha analizzato i livelli di contaminazione nei laghi del New Brunswick, una provincia canadese dove, tra gli anni 50 e 60, il DDT veniva spruzzato massicciamente dal 1952 al 1968 per proteggere le foreste di conifere dagli insetti.
L'eredità pesante di un disastro ambientale globale

Il DDT – abbreviazione di diclorodifeniltricloroetano – venne accolto e celebrato come un pesticida miracoloso, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma si trasformò rapidamente in un vero e proprio incubo ecologico. La sua pericolosità per l'ambiente emerse però in modo dirompente solo nel 1962 con la pubblicazione di Primavera Silenziosa, il libro della biologa Rachel Carson che per prima denunciò al grande pubblico gli effetti devastanti di questa sostanza sugli uccelli e sugli ecosistemi.
Il titolo, che evoca una primavera triste e senza più il canto degli uccelli, divenne un simbolo del movimento ambientalista globale. Eppure, oggi, nonostante la messa al bando ufficiale risalga agli anni 80 in Canada (ma già dagli anni 70 non veniva più usato nell'area di studio), il DDT è ancora lì, intrappolato nei sedimenti dei laghi e pronto a risalire la catena alimentare. Secondo i ricercatori, i salmerini (Salvelinus fontinalis) analizzati contenevano concentrazioni fino a dieci volte superiori ai limiti di sicurezza stabiliti per la fauna.
Ciò che rilasciamo nell'ambiente oggi, può tornare indietro dopo secoli

E questo non è solo un problema per gli animali e la natura: chi consuma pesce pescato in quelle acque, in particolare donne in età fertile e bambini, rischia un'esposizione prolungata a una sostanza classificata anche come "probabile cancerogeno". "Questa è una situazione che non si può risolvere facilmente – hanno spiegato gli autori dello studio – Il DDT può rimanere nel fango dei laghi per decenni o addirittura secoli, continuando a contaminare pesci e altri organismi". Accumulandosi, risale poi la catena alimentare e arriva anche sulla nostra tavola.
Le trote e i salmerini sono pesci simbolo di acque pure e cristalline, eppure continuano ad accumulare silenziosamente un pericoloso inquinante che il tempo non è ancora riuscito a cancellare. È l'ennesima dimostrazione di come l'impatto delle nostre scelte può durare ben oltre la nostra memoria e di come ciò che immettiamo nell'aria, nell'acqua e nel suolo – senza preoccuparci troppo delle possibili conseguenze – rimanga nell'ambiente e nelle catene trofiche per decenni, forse secoli, tornando come un boomerang anche verso noi stessi.