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Le orche iberiche hanno attaccato la barca di un velista italiano a Gibilterra: “Erano lunghe 5 metri”

Nel tratto di mare tra Spagna e Portogallo, le orche iberiche attaccano le imbarcazioni, come accaduto il 19 aprile all'italiano Alessandro Tosetti. Gli scienziati ipotizzano che si tratti di un comportamento non aggressivo, legato alla complessa società di questi cetacei.

24 Aprile 2025
13:23
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La guerra delle orche nello Stretto di Gibilterra continua, e questa volta il protagonista è il velista italiano Alessandro Tosetti. Il 19 aprile la sua imbarcazione è stata speronata da un gruppo composto da 5 orche iberiche, e solo per miracolo l'uomo è riuscito ad allontanarsi e a mettersi in salvo.

Le orche non predano gli esseri umani, e tolti episodi isolati di attacchi all'interno dei parchi acquatici, la nostra specie non rientra in alcuna dinamica aggressiva. Esiste un'unica eccezione a questa regola e riguarda le orche iberiche residenti nelle acque dello Stretto di Gibilterra. In questo tratto di mare tra Spagna e Portogallo le orche hanno l'abitudine di speronare le imbarcazioni fino a farle affondare.

Questa pratica anomala ha destato l'interesse della comunità scientifica ed è entrata nella cultura popolare attraverso meme e articoli satirici che si chiedono se questo non sia l'inizio di una "ribellione" delle orche al dominio umano. In alcuni casi sono state definite anche promotrici di una "rivoluzione comunista" perché nel mirino finiscono spesso grandi yacht.

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Le orche sul web sono diventate popolari con meme in cui si sottolinea l’abitudine di colpire le grandi imbarcazioni

In realtà i primi studi realizzati sino ad oggi avanzano ipotesi che smentiscono una lettura aggressiva di questo fenomeno. Le orche sono tra gli animali dalla mente più complessa e questa nuova abitudine ha una spiegazione complessa come la loro società.

La testimonianza dell'italiano: "Mai avrei immaginato di essere assalito da un gruppo di orche"

Ad oggi sono centinaia le interazioni antagoniste nei confronti delle imbarcazioni nello Stretto di Gibilterra, e almeno altre tre di queste sono poi affondate a causa dei danni riportati. Nonostante la cattiva fama delle orche iberiche, questa specie non è mai stata considerata un pericolo diretto per l'essere umano, per questo quando l'italiano Alessandro Tosetti ha attraversato lo Stretto con la sua barca Aspra non si aspettava una simile accoglienza: "Mi ero preparato alla tempesta e mai avrei immaginato che un gruppo di orche mi assalisse nello stretto di Gibilterra. Animali di grossa taglia sui 5 metri, un gruppo familiare mi dicono, che per circa mezz'ora ha malmenato Aspra, in particolare il suo timone. Mi ero posizionato in un corridoio a sud con poche navi per riposare un pò! È partito l'attacco a suon di fendenti".

In un lungo post su Facebook, dove racconta il suo viaggio, Tosetti racconta la paura di quei momenti: "Ho eseguito la procedura che avevo letto: spento il pilota automatico e sonar, chiuse le vele… Nulla è valso, dopo i primi colpi la parte idraulica dei pilota è scoppiata con tutto l'olio in sentina, i frenelli attorcigliati sul settore… Alla deriva in mezzo allo Stretto con le navi in transito".

"Ho chiesto soccorso a Terifa MRCC pensando di farmi trainare. Mentre li aspettavo sono riuscito a sbrogliare la matassa e liberare il timone che sembrava ruotare ancora. Al volo ho montato la barra di emergenza e con sorpresa ho visto che riuscivo a governare. In questo modo a motore ho timonato 12 miglia fino al porto di Tarifa scortato dal rimorchiatore che intanto era arrivato. Naturalmente si è messo a diluviare e rafficare ma tutto bene, la manovra di ormeggio un cinema… A lieto fine".

I danni sono stati molti, ma ad essere preso di mira è stato soprattutto il timone, un elemento coerente con le ipotesi avanzate dalla comunità scientifica. "Peccato però che lì ho scoperto che la pala del timone era stata mutilata – conferma Tosetti – Asse e cuscinetti sembrano salvi, spero di riuscire a tornare a casa così. Se ho fatto 12 miglia forse ne posso fare 800. Nei prossimi giorni capirò meglio, ora dopo 30 ore di veglia vado a dormire".

Nonostante il trauma sperimentato da Tosetti e dagli altri viaggiatori dello Stretto di Gibilterra, il comportamento delle orche non avrebbe nulla di aggressivo.

Perché le orche iberiche attaccano le imbarcazioni nello stretto di Gibilterra

Secondi un team di esperti guidati da Bruno Díaz López  direttore del Bottlenose Dolphin Research Institute, le orche nelle loro interazioni con le barche non avrebbero intenzione di affondarle, bensì di giocare.

Lo studio pubblicato nel 2022 dai ricercatori sulla rivista Ocean and Coastal Management analizza la presenza delle orche nella penisola iberica, precisamente nel Golfo di Biscaglia e nello Stretto di Gibilterra, dove dal 2020 sono stati registrati oltre 600 incidenti tra gli animali e le imbarcazioni.

Le stime più recenti rivelano che questa qui vive una popolazione di orche che comprende 39 individui, organizzati in cinque gruppi distinti, chiamati pod. Questi sono gruppi sociali complessi, di tipo matriarcale, dove le femmine anziane si prendono cura dei piccoli trasmettendo loro insegnamenti – comprese tattiche per uccidere -, elementi culturali e persino tradizioni.

Ognuno pod attraverso l'esperienza della matriarca elabora una serie di riti e abitudini diversi da quella dei gruppi circostanti. Queste differenze sono così radicate all'interno delle comunità che i diversi gruppi arrivano a sviluppare dialetti distinti. Il complesso di suoni emessi dalle orche per comunicare tra loro, infatti, cambia sensibilmente da un pod all'altro.

Oltre al linguaggio e alle tecniche di caccia c'è qualcos'altro che le orche trasmettono ai piccoli: il gioco. Secondo i ricercatori, le orche userebbero le imbarcazioni come giocattoli da lanciarsi vicendevolmente.

Se avessero un intento aggressivo o predatorio potrebbero facilmente attaccare scafo e altre parti più sensibili, ma si concentrano soprattutto sul timone, una parte importante per la loro interazione ma che non comporta sempre l'affondamento, come dimostrato anche dalla testimonianza di Tosetti. Inoltre, dopo il raid, gli animali se ne vanno sempre senza ferire i naufraghi, anche se ormai sono in acqua.

L'attacco sarebbe quindi parte della complessa socialità di questi mammiferi marini che mostrano una noncuranza nei nostri confronti analoga a quella che l'essere umano riserva alle altre specie.

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