Non sempre gli animali di grosse dimensioni, o persino giganteschi, sono facili da avvistare e studiare. Ed è proprio il caso della balenottera di Eden o di Bryde, probabilmente la balena meno conosciuta del pianeta.
Pur raggiungendo i 15 metri di lunghezza, questa specie sfugge costantemente ai ricercatori, tanto che sappiamo poco o nulla sulla sua vita e le sue abitudini. Di recente, però, un nuovo studio pubblicato sul New Zealand Journal of Marine and Freshwater Research ha svelato nuovi sorprendenti dettagli sul comportamento alimentare di questi misteriosi cetacei, grazie anche al prezioso contributo della cosiddetta citizen science, la scienza fatta insieme ai comuni cittadini.
Una balenottera che "surfa"
Le balene e le balenottere di tutto il mondo hanno sviluppato tecniche di caccia davvero spettacolari: alcune rimangono a bocca aperta aspettando i pesci, altre si tuffano con la testa in giù, altre ancora si ritrovano a inghiottire per sbaglio foche (poi sputate fuori tutte intere).
Le balenottere di Bryde (Balaenoptera edeni), però, pare abbiano aggiunto al repertorio una nuova e insolita tecnica: il "surf". I ricercatori hanno infatti documentato e raccolto video di un nuovo sorprendente comportamento, ribattezzato "shallow water surf feeding", dove in pratica queste balene mangiano surfando all'interno o appena dietro le onde, sfruttando il moto del mare per nutrirsi.
Questi cetacei tropicali sono l'unica specie di misticeto, ovvero dotata di fanoni, a prediligere le calde acque costiere del Pacifico, dell'Atlantico e dell'Oceano Indiano. Come altre balene e balenottere, gli scienziati pensavano fosse una specie migratrice, ma da quello che emerge da questo studio, non si spostano così tanto. Preferiscono restare sempre nelle stesse aree tutto l'anno, dove di conseguenza devono adattare le loro strategie alimentari alle stagioni, come dimostra questa nuova e curiosa tecnica di caccia. Ma nonostante ciò, le balenottere di Bryde rimangono in parte ancora avvolte nel mistero, tanto che persino oggi si discute se siano una o due specie diverse, ovvero B. edeni e B. brydei.
Nuove scoperte grazie ai "cittadini-scienziati"
Ma tra il 2012 e il 2021, grazie soprattutto all'impegno dei "cittadini-scienziati", gli scienziati hanno finalmente raccolto nuove informazione grazie a oltre 200 fotografie e più di un'ora di riprese effettuate con droni da turisti, sportivi o semplici curiosi, documentando ben 15 episodi di alimentazione in acque poco profonde, in Australia. I filmati mostrano le balenottere muoversi tra le onde, utilizzando la forza dell'acqua per avvicinarsi a un banco di pesci e nutrirsi. Sono stati osservati anche diversi individui che oltre a muoversi surfando, mantenevano per diverso tempo la bocca spalancata per catturare più prede possibili.
Questo comportamento non era mai stato documentato prima in nessun altro cetaceo conosciuto e dimostra ancora una volta quanto le balenottere di Bryde siano poco conosciute.Allo stesso tempo, però, sottolinea anche quanto siano in grado di adattarsi a cacciare anche nei pressi della costa, altro dato quasi inedito. Ma oltre a "fare surf", queste misteriose balenottere sono state anche viste mentre cacciavano, sempre tenendo la bocca spalancata, piegandosi di lato, preferendo per qualche ragione ancora da chiarire quasi sempre il lato destro. Infine, son ostate osservate anche madri con cuccioli, un indizio importante che suggerisce come alcune aree della costa australiana possano essere cruciali per la crescita e lo svezzamento dei piccoli.
Un passo in avanti anche per la conservazione
Tutte queste nuove osservazioni e questa enorme mole di nuovi dati, rafforzano l'ipotesi che le balenottere di Bryde rimangano tutto l'anno nelle calde acque australiane. Queste informazioni quindi finalmente indirizzare positivamente anche le politiche di conservazione per tutelare questa specie, soprattutto considerando l'inarrestabile espansione delle attività turistiche lungo le coste. Resta però ancora tantissimo da scoprire su questa misteriosa balena, basti pensare che ci sono voluti ben 10 anni per capire che uno strano suono che arrivava dalla fossa delle Marianne apparteneva in realtà proprio a questa specie.
Questo nuovo studio, oltre ad aggiungere quindi tante nuove informazioni che aiuteranno a conoscere e proteggere meglio questa specie, dimostra però anche quanto sia ormai indispensabile la citizen science. Osservazioni, foto e video raccolti da semplici curiosi, turisti e pescatori sparsi per il globo, permettono ai ricercatori di mettere insieme una quantità di dati inimmaginabile anche solo fino a qualche anno fa. E partecipare al processo scientifico, come in questo caso, può davvero fare la differenza, sia per svelare comportamenti inediti, sia per aumentare la consapevolezza facendo sentire tutti parte di quell'indispensabile obiettivo collettivo chiamato conservazione della natura.