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Le api non sono tutte uguali, e quelle da miele potrebbero avere un ruolo nel declino della popolazione delle selvatiche. Usando come laboratorio a cielo aperto la piccola isola di Giannutri, nell'Arcipelago Toscano, i ricercatori hanno osservato una diminuzione dell'80% nelle popolazioni di api selvatiche Anthophora dispar e Bombus terrestris in soli 4 anni. Il principale indiziato è proprio l'ape domestica "allevata" dall'essere umano per la produzione di miele e per la selezione artificiale.
Sono queste le conclusioni dell'insolito esperimento condotto dal team delle Università di Firenze e Pisa per 4 anni a Giannutri, grande appena 2,6 chilometri quadrati, la più meridionale delle isole dell'Arcipelago Toscano e parte dell'omonimo Parco Nazionale.
Qui il tempo sembra essersi fermato: manca quasi tutto, compresa la linea telefonica e le altre comodità ormai imprescindibili della vita sulla terra ferma, ma nonostante la sua natura selvaggia anche a Giannutri dal 2018 è presente un elemento di disturbo dell'ecosistema: l'Apis mellifera. Sei anni fa sull'isoletta sono state portate le arnie per la produzione di miele, e oggi, a seguito dello studio pubblicato su Current Biology la concessione non è stata rinnovata dall'Ente Parco, almeno temporaneamente.
I risultati dello studio sull'isola di Giannutri

"Sull'isola di Giannutri è presente un numero più che doppio di api da miele rispetto a quello medio europeo, e anche rispetto a quello che viene indicato come sostenibile in letteratura scientifica – spiega a Fanpage.it Leonardo Dapporto, professore associato dell'ateneo fiorentino – Questo ha prodotto diverse modificazione nelle popolazioni di api selvatiche soprattutto per quanto concerne la disponibilità di risorse come il polline che viene usato per nutrire le larve, e il nettare, utilizzato dagli adulti come nutrimento per svolgere attività della giornata".
I ricercatori si sono concentrati su due specie di api selvatiche: l'ape solitaria Anthophora dispar e il bombo (Bombus terrestris). Per monitorare gli effetti della convivenza di queste con l'Apis mellifera, è stato necessario lavorare in collaborazione con il Parco e gli apicoltori: "In determinati giorni chiudevamo le arnie per 11 ore lasciando l'isola senza api da miele per osservare il comportamento delle api selvatiche e misurare le risorse disponibili. Il giorno dopo invece ripetevamo le stesse misurazioni con le arnie aperte. In questo modo abbiamo scoperto che c'è maggiore disponibilità di polline e nettare quando le api da miele si trovano nelle arnie e che le selvatiche sono più efficienti nel foraggiamento".

Durante i 4 anni dello studio iniziato nel 2021 i ricercatori hanno raccolto anche un altro dato: "Le api selvatiche hanno perso l'80% della loro popolazione – sottolinea Dapporto – Non sappiamo se ci sia dipendenza causale con la presenza delle api da miele, ma in assenza di altri fattori rilevanti ipotizziamo che le api da miele possano aver giocato un ruolo importante in questo fenomeno. Anche perché il clima non è cambiato in maniera rilevante: c'è stato un lieve aumento sia della temperatura che della piovosità, quindi verosimilmente non c'è stata penuria di acqua".
Lo studio proseguirà ancora, questa volta in totale assenza delle api da miele.
"Le api non sono tutte uguali: dobbiamo tutelare la biodiversità"
Il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano non ha rinnovato il permesso per le api da miele sull'isola, quindi almeno per un anno il progetto proseguirà per osservare cosa accade in assenza delle api da miele, come sottolinea Lorenzo Pasquali, primo autore dello studio: "Cosa ci aspettiamo è difficile dirlo. Però se come abbiamo pensiamo c'è un'evidente competizione tra api domestiche e selvatiche, in questo anno dovremmo avere risultati comparabili ai giorni di chiusura delle arnie. Ci aspettiamo anche un recupero delle popolazioni selvatiche, ma questo potrà essere accertato solo nelle generazioni successive".

Pasquali è il ricercatore fiorentino che ha guidato il lavoro sul campo: ogni anno, per un mese all'anno, si è recato su Giannutri per svolgere le rilevazioni insieme alla sua squadra, ma all'esperimento hanno partecipato anche altri ricercatori, tutti mossi dall'obiettivo di comprendere meglio il complesso equilibrio tra specie domestiche e selvatiche, come rileva Alessandro Cini, dell'Università di Pisa: "Dobbiamo tutelare tutta la biodiversità. Le api selvatiche forniscono molti benefici in termini di servizi ecosistemici, ad esempio per ciò che riguarda l'impollinazione di piante su cui l'ape da miele è meno efficace. È una diversità che non ci possiamo permettere di perdere, soprattutto in un parco naturale come quello dell'Arcipelago Toscano. L'ape da miele non va demonizzata, ma in certi contesti può avere un impatto negativo, tutto dipende dal contesto, e per capirlo dobbiamo continuare a studiare questa interazione".