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17 Novembre 2024
13:00

L’Asl Toscana Sud Est apre le porte a cani e gatti: «L’umanizzazione delle cure passa anche dagli animali»

L'Asl Toscana Sud Est ha deciso di aprire le porte dei suoi ospedali e delle Rsa agli animali familiari. Il regolamento è frutto di un percorso più ampio che mette al centro la persona oltre la patologia. Lo spiega il direttore generale Antonio D'Urso.

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Intervista a Dott. Antonio D’Urso
Direttore generale dell’Asl Toscana sud est
Immagine

«Spesso dimentichiamo che nelle residenze sanitarie assistite (Rsa) ci sono persone che restano lì per mesi o per anni. Per loro poter rivedere il cane o il gatto con cui hanno condiviso la vita ha un valore straordinario». Questo è uno dei motivi che hanno spinto il direttore generale dell'Asl Toscana Sud Est, Antonio D'Urso, ad aprire le porte delle strutture sanitarie alle visite degli animali familiari.

L'Asl ha quindi elaborato una procedura per regolamentare le visite degli animali familiari all’interno delle strutture ospedaliere e delle Rsa del territorio con l’intento di favorire «l’umanizzazione delle cure». Questo nuovo regolamento va a favore soprattutto delle persone sottoposte a una lunga degenza. L'esempio più immediato sono gli ospiti delle Rsa, ma potranno beneficiarne anche i pazienti delle altre strutture.

«Il ricovero ospedaliero spesso è vissuto come una frattura rispetto ai propri affetti, incluso quello nei confronti degli animali d'affezione – dice D'Urso – Così non dev'essere se si vuole mettere la persona al centro della cura».

La richiesta è arrivata dal crescente numero di persone che negli anni hanno fatto richiesta per incontrare il proprio animale: «Negli i familiari dei pazienti ci hanno chiesto occasionalmente di permettere l'ingresso del cane o del gatto in corsia. Io volevo evitare questo approccio disordinato e ho preferito strutturare un percorso prestabilito in modo da garantire il diritto della persona a vedere i propri affetti, animali compresi, sia gli altri pazienti».

Riuscire a fare incontrare le esigenze di tutti non è semplice: «È la sfida più grande. Quando si tratta di animali c'è una forte polarizzazione sia da parte di chi li ama che di chi non li apprezza. Bisognava quindi considerare queste due esigenze opposte. Abbiamo avuto qualche caso in cui pazienti ha protestato circa la presenza del cane, dovevamo quindi regolarizzare la procedura».

Il risultato è un percorso che permetterà al paziente stesso o ai familiari di comunicare con almeno 24 ore di anticipo al personale sanitario della struttura il momento in cui avverrà l’accesso del proprio animale. Gli accessi in ospedale infatti devono sempre essere preventivamente concordati con il servizio di accoglienza della direzione di Presidio, così come il percorso da effettuare dall'ingresso per raggiungere la saletta di uso comune dove si svolgerà la visita.

«Il cane – spiega D'Urso – per entrare in ospedale deve essere microchippato e vaccinato. Durante questi momenti c'è un veterinario esperto all'interno dell'equipe che può cogliere lo stress e l'ananas dell'animale e gestirlo in caso di necessità, nell'ottica di tutelarne il benessere».

Questa iniziativa nasce da un'esigenza più ampia: quella di capovolgere il concetto su cui si basato tutte le visite. «Negli ospedali c'è un orario di apertura al pubblico, invece sarebbe interessante sapere gli orari di chiusura – rileva D'Urso – L'ospedale non può consentire le visite 24 ore al giorno, ma limitare questa finestra a poche ore senza un reale motivo? Come manager di sanità pubblica penso che concretizzare l'umanizzazione delle cure sia uno degli obiettivi più importanti da raggiungere».

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