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19 Marzo 2025
11:04

La Svizzera vieta le attività venatorie con arco e frecce e i cacciatori vengono in Italia dove è permesso

La caccia con arco e frecce attira ancora molti appassionati, anche qui in Italia. Secondo i cacciatori sarebbe più etica e richiederebbe un rapporto ancora più diretto e viscerale con l'ambiente e gli animali. Ma è davvero così? O provoca solo lunghe agonie e inutili sofferenze?

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Ancora oggi molti cacciatori preferiscono arco e frecce. Ma ha senso questo tipo di caccia? O è solo un inutile atto di crudeltà?

Nonostante possa sembrare una pratica ormai legata un passato lontano, in molti paesi occidentali ancora oggi c'è chi va a caccia con arco e frecce. Sono sempre di più, invece, gli svizzeri appassionati di questa pratica che vanno all'estero per poter svolgere l'attività venatoria in questo modo. Nel Paese, infatti, questo tipo di caccia è vietato perché causa troppe sofferenze agli animali e così i cacciatori vanno oltre confine dove invece è ancora consentito e, in particolare, vengono proprio in Italia.

A differenza della Svizzera, infatti, da noi è permessa la caccia con l'arco. Il quadro normativo di riferimento è la Legge 157/1992 che disciplina in generale l'attività venatoria nel nostro paese. Ogni regione, poi, può introdurre regolamenti specifici che definiscono i dettagli della pratica, come le specie cacciabili, i periodi e le modalità consentite. Negli ultimi anni, questa pratica è stata anche al centro di accesi dibattiti.

Caccia con arco e frecce, tra crudeltà e tradizione

Nel 2023, per esempio, si scatenò una forte polemica in seguito a una modifica normativa che ha ampliato la possibilità di cacciare con arco e frecce in Liguria. Le associazioni animaliste insorsero, denunciando la crudeltà di questa modalità, mentre i sostenitori ribadirono la sua legittimità e il valore della "tradizione", termine fin troppo spesso abusato da politici e cacciatori che puntano a difendere e a promuovere l'attività venatoria nel nostro paese a ogni costo.

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I sostenitori dell’arco difendono il valore storico e culturale di questa pratica, che richiederebbe un rapporto ancora più diretto e viscerale con l’ambiente e gli animali

Infatti, come accade in generale per tutti i tipi di caccia, viene spesso sottolineato il valore storico e culturale di questa pratica, che richiamerebbe tradizioni millenarie anche per il lungo addestramento necessario ad affinare la precisione e la tecnica. Secondo i cacciatori che scelgono arco e frecce, inoltre, questa modalità sarebbe persino più etica e rispettosa delle doppiette. Il motivo? La difficoltà nel colpire la preda costringerebbe a una maggiore abilità e a un rapporto più diretto e viscerale con l'ambiente e gli animali.

Differenze tra caccia con arco e frecce e altri tipi di caccia

Chi caccia con l'arco deve infatti avvicinarsi molto di più agli animali, riducendo la distanza e sviluppando, sempre secondo i cacciatori, un'interazione ancora più profonda con la natura e le sue prede. Chi sceglie di cacciare in questo modo lo fa per abbattere soprattutto grandi mammiferi, come cinghiali, cervi e caprioli, prede difficili da uccidere con arco e frecce e che quindi solo chi riesce a immergersi totalmente con l'ambiente naturale, come farebbe un predatore, riesce a caccia con successo.

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Per molti, arco e frecce non fanno altro che causare lunghe agonie e inutili sofferenze, poiché molti animali non vengono uccisi al primo colpo e scappano via feriti

Di tutt'altro avviso, naturalmente, sono le associazioni e molti naturalisti e biologi, che vedono nella caccia con l'arco una pratica ancora più crudele. Uno dei motivi principali è legato al rischio di ferire gli animali senza ucciderli al primo colpo. A differenza dei fucili, un colpo di freccia non sempre è immediatamente letale, anzi: se non colpisce punti vitali, può provocare lunghe agonie e inutili sofferenze. Questo aspetto è tra le principali ragioni per cui alcuni paesi, come appunto la Svizzera, hanno deciso di vietarla completamente.

Caccia con arco e frecce, ha ancora senso?

In un periodo storico in cui è cresciuta molto la consapevolezza sull'importanza della tutela della biodiversità e sulla necessità di un rapporto più etico e rispettoso con gli animali, viene quindi da chiedersi se questo tipo di caccia – ma in generale l'attività venatoria – abbia ancora un senso. Sia chiaro, non si sta mettendo in discussione chi, ancora oggi, pratica la caccia per il proprio sostentamento, come accade in molti paesi del mondo, ma chi lo fa per hobby, per il semplice gusto di farlo.

Si tratta, inevitabilmente, anche di una questione etica e sociale. Perché alcune persone devono avere il diritto di sottrarre la vita a un altro essere vivente senza alcun motivo? Perché chi è contrario a questa pratica deve vedersi sottrarre un patrimonio, quello faunistico, considerato un bene dello stato e della collettività? Senza contare i rischi per la sicurezza delle persone e gli incidenti che ogni anno causano, purtroppo, decine di vittime e feriti, anche tra i non cacciatori. Anche su questi tempi bisognerebbe riflette.

Infine, se davvero il desiderio è quello riconnettersi con la natura e sperimentare un contatto diretto con il mondo selvatico, esistono molte alternative più al passo coi tempi e, soprattutto, rispettose della vita degli animali. L'osservazione faunistica, il trekking nei boschi, il birdwatching: tutte esperienze e modalità che permettono di vivere la natura senza sottrarre vite. Forse, nel 2025, possiamo iniziare a considerare nuove strade per mantenere il legame con l'ambiente senza dover imbracciare archi o fucili.

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