
"Sentivamo il pianto degli agnelli che arrivava dai camion, dall'interno del macello, sembrava fossero tutti intorno a noi. Siamo riusciti a portarne via solo uno, almeno uno". La storia dell'agnello Eddie inizia davanti ai cancelli dello stabilimento Ilco di Acquapendente, in provincia di Viterbo, il più grande macello ovino d'Europa. In questa città-mattatoio arrivano per morire migliaia di agnelli e pecore provenienti dall'Italia, dall'Ungheria, dalla Francia, e dalla Spagna.
Anche Eddie è nato in uno di questi paesi, e dopo essere stato separato dalla madre e aver affrontato un viaggio di molte ore stipato su un camion insieme ai suoi simili, ha varcato i cancelli del mattatoio per morirvi come era stato stabilito fin dalla sua nascita. Qui però ha trovato la possibilità di una nuova vita grazie all'intervento degli attivisti per i diritti degli animali di Capra Libera Tutti, santuario che accoglie animali vittime dello sfruttamento umano.
"Ci siamo affacciati nel camion e abbiamo visto questi occhi persi che cercavano le mamme inesorabilmente. E poi c'era il pianto: io che ho un passato da allevatore quel pianto me lo ricordo bene, mi ha fatto cambiare completamente vita", racconta a Fanpage.it Massimo Manni, fondatore del santuario e primo amico di Eddie.
La nuova vita di Eddie dal macello al santuario

Da quella primavera del 2023 sono passati due anni e Eddie da allora ha cambiato completamente l'esistenza che era stata scritta per lui. Oggi vive nel santuario Capra Libera Tutti, una struttura nata per accogliere animali come lui: vittime dell'industria alimentare umana. Qui, nelle campagne di Nerola, vicino Roma, ha conosciuto l'amicizia e la libertà, invece della morte anonima a cui era destinato.
"Dopo la confusione prima dello scarico degli agnelli è arrivato il silenzio. Il nostro obiettivo era documentare quello che accade ogni giorno, e non solo a Pasqua, in questi posti. Era un'azione di testimonianza diretta perché il sistema di produzione della carne cerca di soffocare i sentimenti, quindi è importante rende visibili le vittime. Se nessuno sa niente nessuno si ricorda di loro, noi invece andavamo lì proprio per testimoniare la breve vita di questi animali, e gli attimi in cui stavano per entrare".

A quel punto però Massimo con gli altri attivisti si è fatto avanti per salvarne almeno qualcuno, ed è arrivato Eddie. Senza farselo ripetere due volte lo hanno portato via, lontano dalla puzza dello stabilimento di macellazione, verso una piccola collina della campagna romana dove persone e animali non hanno regole, se non quelle imposte dalla convivenza civile.
"Quando è arrivato Eddie, poverino, era molto spaesato. Era stato portato via dalla mamma, caricato su un camion proveniente da chissà dove, quindi ci ha messo un po' per abituarsi a noi, ma con un po' di pazienza e comprensione siamo riusciti a entrare in contatto con lui". Un ruolo fondamentale nel processo di adattamento di Eddie alla sua nuova vita è stato svolto da un fratello adottivo trovato proprio al santuario Capra Libera Tutti: l'agnellino Macchia, così soprannominato per la caratteristica macchia scura sul muso.

L'amicizia tra Eddie, Macchia e Tananai

Mentre Eddie veniva portato al Capra Liberi Tutti, un altro agnellino veniva abbandonato in strada: era Macchia. "Due giorni prima di Pasqua ci chiama un veterinario che aveva trovato un agnellino disperso in un prato, probabilmente la mamma aveva due gemelli e quando lui si era addormentato nell'erba il pastore aveva fatto spostare il gregge senza dare alla mamma la possibilità di andare a prenderlo. Sarebbe morto, invece è stato trovato e portato da noi. Abbiamo allattato Eddie e Macchia insieme e da allora sono inseparabili", ricorda Massimo.
Il duo però ben presto è diventato un trio molto particolare: "Eddie e Macchia non si separano mai, ma non vogliono stare con le altre pecore, ognuno di loro ha un carattere e loro preferiscono stare vicino a noi, ma hanno fatto amicizia anche con Tananai, che quando è arrivato era un vitello mentre oggi è un ‘torello'".
Un'amicizia accomunata da una storia affine: "Anche Tananai è stato allontanato dalla mamma per andare al mattatoio, ma anche in questo caso sono riuscito a rintracciarlo e a portarlo qui. Probabilmente si sentono parte dello stesso gruppo perché sono cresciuti insieme, all'epoca furono allattati insieme, e come Eddie e Macchia anche Tananai non vuole stare con le altre mucche, e noi non facciamo altro che rispettarli".
Perché mangiamo gli agnelli a Pasqua
Quel giorno davanti al macello di Acquapendente il camion ha scaricato gli agnelli arrivati durante la giornata per fare fronte alla mattanza di Pasqua, il momento dell'anno in cui la richiesta è più alta. Secondo le stime più recenti, durante il periodo pasquale vengono consumati circa 800 mila agnelli, ma oltre la metà di questi, circa 300 mila, provengono da paesi esteri come Romania, Ungheria, Spagna, Grecia e Slovacchia.
Gli agnelli poco dopo la nascita sono costretti ad affrontare viaggi interminabili per fare fronte a una domanda interna insostenibile. "La tradizione di mangiare l'agnello a Pasqua è nata anche perché nel periodo primaverile si concentrano la maggior parte delle nascite e gli allevatori che sfruttano le pecore e le capre per il latte si trovavano questa marea di agnellini. Non sapendo come fare probabilmente hanno fatto così che diventasse tradizione ucciderli per mangiarli in nome di un precetto religioso".
Proprio osservare la sofferenza degli animali nel suo allevamento ha spinto Massimo a rinunciare a quella vita: "La nostra idea di santuario è di allontanarci il più possibile dal concetto di fattoria, ma anche di rifugio: va bene la protezione, ma quello che manca a questi animali è la libertà di fare ciò che vogliono. Qui grazie anche alla conformazione del territorio siamo riusciti a mandare via due allevatori e a prenderci la montagna tutta intera per gli animali, noi cerchiamo di interferire il minimo possibile. Hanno lavorato una vita per l'essere umano, adesso siamo noi a lavorare per loro!".