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21 Marzo 2025
13:24

La Spagna rimuove il divieto di caccia ai lupi: “Mangiano troppo”

Il Parlamento spagnolo ha approvato una legge sullo spreco alimentare che di fatto riapre la caccia al lupo. Un emendamento proposto dai partiti di destra sostiene che le predazioni dei lupi ai danni degli animali allevati contribuiscono allo spreco di carne.

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Con un emendamento a una legge pensata per ridurre lo spreco alimentare, il Parlamento spagnolo riapre di fatto la caccia al lupo

Con un emendamento inaspettato e un pretesto legato allo spreco alimentare: così la Spagna ha deciso di rimuovere la protezione ai lupi, riaprendo di fatto la caccia a questa specie. La misura è stata approvata dal Parlamento grazie a una coalizione guidata dal Partito Popolare di destra, con il sostegno della formazione di estrema destra Vox e dei partiti nazionalisti baschi e catalani. Ma quello che più sorprende è proprio il modo in cui è avvenuto: con un emendamento a una legge pensata per ridurre lo spreco di cibo.

Ora la cattura e l'uccisione dei lupi in Spagna possono essere "giustificate" in caso di minaccia al "sistema produttivo" spagnolo, vale a dire alla produzione zootecnica.

Rimosso il divieto di caccia al lupo, le motivazioni della norma

Secondo i promotori della norma, i lupi sarebbero responsabili della perdita di circa 14 milioni di kg di carne all'anno, corrispondenti alle 14.000 pecore e bovini che, secondo la coalizione, vengono uccisi ogni anno. Un ragionamento che ha permesso così di collegare la gestione e la tutela della fauna selvatica a un tema ben diverso: la lotta contro gli sprechi. In particolare, in Castiglia e León, la regione con la più alta concentrazione di lupi, le associazioni di allevatori sostengono che solo nel 2024 i lupi abbiano ucciso circa 6.000 capi di bestiame.

Per loro, la protezione della specie non ha fatto altro che aggravare il conflitto tra allevatori e fauna selvatica. Ma c'è un problema: questi numeri non trovano riscontro in alcuno studio scientifico. Secondo Juan Carlos del Olmo, segretario generale del WWF Spagna, si tratta di "una giornata nera per la conservazione della natura". L'organizzazione ambientalista denuncia che la decisione è frutto di puro opportunismo politico e rischia di annullare anni di progressi nella convivenza tra attività umane e fauna selvatica.

Le proteste di attivisti e associazioni

L'ONG ha quindi lanciato una petizione in difesa del lupo iberico (Canis lupus signatus) per molti questa decisione non ha alcun fondamento scientifico. Nonostante la narrazione di chi sostiene la riapertura della caccia, i dati mostrano un'altra realtà. L'esplosione demografica dei lupi tanto temuta da allevatori e cacciatori, non si è mai verificata. Secondo uno studio recente sulla ripresa dei lupi in Europa, la popolazione nella Spagna nord-occidentale – dove la specie era protetta dal 2021 – è rimasta stabile, attestandosi intorno ai 2.500 individui.

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Il lupo iberico (Canis lupus signatus) è una sottosepcie che vive esclusivamente in Spagna e Portogallo

L'organizzazione Ecologistas en Acción ha definito la revoca del divieto di caccia "irresponsabile", mentre il partito animalista PACMA l’ha descritta come "il più grande passo indietro nella conservazione della fauna selvatica degli ultimi anni". Va anche detto che la decisione spagnola arriva dopo una serie di preoccupanti segnali a livello europeo: lo scorso dicembre, infatti, l'Unione Europea ha ridotto il livello di protezione dei lupi da "strettamente protetti" a "protetti" all'interno della Convenzione di Berna.

Una scelta in linea con l'Unione Europea: cosa c'entra Ursula von der Leyen

La proposta era stata fortemente voluta dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, dopo che un lupo aveva ucciso il pony della sua famiglia. Con questa scelta, la Spagna si allinea quindi a una tendenza che sembra voler ridimensionare la tutela del lupo, un animale che per secoli è stato perseguitato fin quasi all'estinzione in tutta Europa. Con tutta probabilità, molti altri paesi seguiranno la stessa strada, inclusa l'Italia. Ma il prezzo da pagare potrebbe essere alto per il futuro della specie per la convivenza tra umani e fauna selvatica.

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