Molti uccelli migratori viaggiano a quote elevatissime, dove si spera che le altezze da capogiro aiutino a evitare i pericoli come i predatori. A quanto pare però, non si può volare tranquilli neppure a 3.000 metri e i ricercatori lo hanno scoperto in un modo tanto curioso quanto macabro.
Nel maggio del 2023, un uccello acquatico chiamato pivieressa e dotato di dispositivo GPS, mentre era in viaggio verso l'Europa meridionale, ha smesso di inviare la sua localizzazione esattamente alle ore 21:58, mentre era in volo tra i cieli della Svezia e a ben 2.882 m sopra il livello del suolo. Cosa era successo? A svelare il mistero sono stati i fix GPS del giorno successivo, tutti provenienti dallo stesso punto: una parete rocciosa.
Arrivati sul posto, i ricercatori hanno trovato il dispositivo e la pivieressa – o meglio quello che restava – all'interno di un nido di falco pellegrino, suggerendo senza ombra di dubbio che era stato l'animale più veloce del pianeta a interrompere il viaggio verso sud dello sfortunato migratore.
Nessuno immaginava che i pellegrini potessero cacciare a quasi 3.000 di quota e l'osservazione, che racconta anche gli ultimi drammatici momenti della vita della pivieressa, si è meritata una pubblicazione sulla rivista Ecology.
Questa scoperta, resa possibile solo grazie tecnologia GPS con accelerometro, fornisce nuovi spunti sulle strategie predatorie di questi rapaci e sui rischi che gli uccelli migratori affrontano a tali altezze.
Il falco pellegrino (Falco peregrinus) è ben noto per le sue velocissime picchiate che possono superare persino i 300 km/h. Finora, però, la maggior parte degli studi si concentrava sulle attività di caccia a quote più basse. Grazie però ai dati raccolti da trasmettitori GPS ad alta precisione, i ricercatori possono ora registrare anche gli eventi di predazione in volo, altrimenti impossibili da osservare a occhio nudo. Uno degli aspetti più interessanti dello studio è infatti l'incremento dell'attività fisica della pivieressa (Pluvialis squatarola), registrato proprio nei minuti immediatamente precedenti alla sua tragica e sfortunata cattura.
A partire da 15 minuti precedenti all'ultima geolocalizzazione in volo, l'accelerometro ha segnalato un improvviso aumento dell'attività fisica. Significa che la pivieressa ha iniziato a battere le ali molto più velocemente, probabilmente perché aveva notato l'arrivo del predatore. Tuttavia, quegli ultimi forsennati attimi di volo a quasi 3.000 metri sopra il livello del suolo, non sono stati sufficienti per sfuggire al pellegrino, che ha dimostrato di essere un predatore formidabile anche in alta quota. Questi dati, forniscono quindi un'ulteriore prova dell'inseguimento e della cattura riuscita per il falco che, per quanto ne sappiamo oggi, un nuovo eccezionale record per la specie.
Questa scoperta, offre anche nuovi spunti di riflessioni anche sull'evoluzione e sui rischi delle strategie migratorie adottate dalle varie specie di uccelli. Volare ad altezze elevate – alcuni migratori toccano persino altitudini estreme fino a 7.000 m – è sempre stata considerata una strategia adattativa utile a evitare i predatori. Eppure, la sfortunata storia di questa pivieressa, suggerisce evidentemente che nemmeno certe altitudini garantiscono la sicurezza totale. Lo studio rappresenta quindi un passo in avanti importante sia per lo studio del comportamento dei pellegrini che dei rischi che affrontano gli uccelli migratori durante i loro lunghi e faticosi viaggi.