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Uno degli animali più letali al mondo, la Phyllobates terribilis, conosciuta anche come rana dorata o rana freccia velenosa, è un piccolo anfibio anuro appartenente alla famiglia Dendrobatidae, che vive nelle foreste pluviali dell'America centrale e meridionale. Con i suoi colori vivaci, è un chiaro esempio di aposematismo, un meccanismo evolutivo che utilizza colori brillanti per avvisare i predatori del pericolo rappresentato dal suo veleno, estremamente tossico. Nonostante le sue dimensioni ridotte, è capace di sterminare fino a 20.000 topi, l'equivalente di 6 o 7 esseri umani di media statura. Basterebbero appena 2/10 di microgrammo per togliere la vita a un adulto sano. E attenzione: non esiste alcun antidoto. Ma c'è un twist sorprendente— in certe condizioni, questa micidiale creatura potrebbe diventare completamente innocua. Parliamo della leggendaria rana dal dardo velenoso, il cui nome evoca l'antica pratica delle tribù locali che utilizzavano il suo veleno per avvelenare i dardi delle loro cerbottane.
Basta un tocco per morire: il veleno della rana freccia
Le rane della famiglia Dendrobatidae, tra cui la letale Phyllobates terribilis, vivono esclusivamente nelle foreste pluviali dell'America centrale e meridionale. Nonostante la loro piccola taglia, è difficile non notarle: i loro colori vivaci e accesi sembrano un chiaro avvertimento. Questa caratteristica è chiamata “aposematismo”, un meccanismo evolutivo che combina colorazioni sgargianti con la presenza di tossine, un vero e proprio segnale di pericolo per i predatori.
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Queste rane non cercano di nascondersi, al contrario, sembra che facciano di tutto per dire “ehi guardami, guardami”. Perché sembra che queste rane si siano evolute come insegne al neon nello stesso momento in cui hanno iniziato ad ospitare le sostanze chimiche mortali, così da riuscire a dire a tutti: “se provi a mangiarmi, ti succederà qualcosa di molto brutto”.
Questo perché sono completamente ricoperte da batracotossine, un gruppo di alcaloidi che uccidono in pochi minuti. Basta un contatto per trasferire una dose letale, poiché il veleno agisce bloccando i canali del sodio nelle cellule nervose, paralizzando i muscoli e portando rapidamente alla morte per arresto respiratorio. E proprio per questo motivo, nessun predatore osa sfidare il loro avvertimento visivo, sapendo che anche solo un assaggio potrebbe essere fatale.
Qual è il veleno della Phyllobates terribilis e come agisce: il meccanismo
Gli alcaloidi sono sostanze chimiche naturali che contengono azoto e vengono prodotte da piante e animali. Sono ovunque, anche in cose che usiamo tutti i giorni: basti pensare alla caffeina nel caffè o alla nicotina nel tabacco. Non sono sempre tossici, anzi. Però hanno tutti qualche effetto sul nostro sistema nervoso. il problema è che gli alcaloidi di queste rane freccia non si limitano a stimolare il sistema nervoso come fa la caffeina ma bloccano la trasmissione degli impulsi nervosi. Questo provoca un arresto progressivo ma rapido delle funzioni vitali, inclusi il cuore e il diaframma, portando a un blocco completo della respirazione e a un arresto cardiaco in pochi minuti. Senza l'attività del diaframma, il corpo non riesce più a respirare, causando una morte per asfissia nel giro di pochissimo tempo. Alcuni di questi alcaloidi non erano manco conosciuti dagli scienziati prima che li trovassero sulla pelle di queste “poison-frog”.
Facciamo un piccolo viaggio all'interno di una cellula nervosa per capire come funziona. Ogni volta che vogliamo muovere un muscolo, il nostro cervello invia un segnale elettrico, come un comando che dice "muscolo, muoviti!". Questo segnale deve viaggiare da una cellula nervosa all'altra, fino a raggiungere il muscolo, e tutto avviene in minuscole frazioni di secondo.
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Per trasmettere questo segnale, ogni cellula nervosa deve prima "caricarsi" di energia per poi "scaricarla" alla cellula successiva. Pensate a questo processo come a un fulmine che salta da un neurone all'altro. Per creare questa energia, è necessario un equilibrio di cariche positive e negative, come avviene in una batteria (+ e -). Questo si chiama "differenza di potenziale". L'interno di una cellula nervosa ha una carica negativa, mentre l'esterno è positivo.
Quando arriva uno stimolo, per trasmetterlo è necessario invertire temporaneamente queste cariche. La cellula passa da negativa a positiva grazie al movimento di ioni di sodio, carichi positivamente, che entrano nella cellula attraverso dei canali specializzati, i cosiddetti "canali del sodio".
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Ed è qui che interviene il micidiale veleno della rana. Le sue tossine bloccano i canali del sodio, impedendo che il sodio entri nelle cellule nervose. Senza questo passaggio, la cellula nervosa non può più trasmettere segnali elettrici, diventando praticamente "spenta". Il risultato è una paralisi muscolare completa. Quando questi organi vitali smettono di funzionare, l'organismo cessa di vivere.
Tribù e l'uso del veleno delle rane
Le secrezioni mortali delle rane velenose erano utilizzate dalle tribù indigene già in epoca precolombiana per avvelenare i dardi delle cerbottane. Le freccette così avvelenate erano talmente potenti da far cadere a terra scimmie e uccelli nel giro di pochi istanti, permettendo alle tribù di cacciare mentre attraversavano la foresta pluviale. La paralisi dei nervi, causata dal veleno, era praticamente immediata.
Estrazione del veleno
Diverse tribù sfruttavano il veleno delle rane, tra cui gli Jívaro, i Yagua, i Chocó e i Cofán, tutte appartenenti alla regione della foresta pluviale della Colombia. Tuttavia, solo i Chocó (Emberá Chocó e Noanamá Chocó) costruivano cerbottane particolari, un miglioramento forse derivato da strumenti usati in passato, come i denti di mammiferi, per gli stessi scopi.
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I Chocó utilizzavano due metodi per estrarre il veleno delle rane, a seconda della specie. Il primo metodo veniva utilizzato con le rane Phyllobates aurotaenia e Phyllobates bicolor: le rane venivano infilzate su uno speciale bastone e talvolta esposte al fuoco, mentre i dardi venivano strofinati sulle loro secrezioni cutanee. Il secondo metodo, usato con la Phyllobates terribilis, prevedeva semplicemente lo strofinamento dei dardi sulla pelle di una rana viva, così velenosa che bastava questo semplice contatto per rendere i dardi letali. Le rane catturate venivano messe in piccoli cesti di vimini, e quando necessario, immobilizzate con corti bastoni, facendo attenzione a non toccarle direttamente.
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Ogni rana, chiamata localmente "kokoi", era in grado di caricare due o tre dardi prima di essere liberata. Le cerbottane e i dardi erano utilizzati principalmente per la caccia, ma occasionalmente anche per il combattimento.
Sequestrano il veleno
Oggi si conoscono centinaia di specie di rane freccia velenose che abitano le foreste tropicali: dalla rana freccia dorata alla rana freccia fragola, famosa per il suo aspetto simile a dei jeans blu, fino alla verde e nera che ricorda un gelato cioccolato e menta. Nonostante i loro colori accattivanti, tutte queste rane sono assolutamente letali.
Mentre animali come serpenti e meduse producono autonomamente le loro tossine attraverso un processo chiamato “biosintesi endogena”, le rane freccia velenose utilizzano una strategia molto più rara e sofisticata: il "sequestro". Questa capacità permette loro di ingerire tossine da altre fonti e immagazzinarle nel proprio corpo.
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Un esempio notevole è la rana freccia fragola, che ottiene gran parte del suo veleno ingerendo minuscoli acari oribatidi, parenti di ragni e scorpioni, grandi appena 1 mm. Questi acari producono alcaloidi tossici per difendersi dai predatori, ma per le rane, queste tossine rappresentano una risorsa preziosa. Le rane assorbono gli alcaloidi e li trasferiscono nella loro pelle, aumentando la loro tossicità quanto più alcaloidi consumano.
Oltre agli acari, altre fonti di alcaloidi sono state rintracciate in diversi artropodi, come le coccinelle, o in millepiedi. Tuttavia, l'alcaloide più pericoloso è la batracotossina, presente nei coleotteri della famiglia Melyridae, una sostanza letale che rende queste rane tra gli animali più velenosi del pianeta.
Come hanno imparato i predatori ad evitarle?
Nonostante i colori vivaci delle rane velenose, i predatori sembrano aver imparato nel tempo a evitarle.
Prima possibilità: non tutte le rane velenose sono uguali. Le rane più giovani, ad esempio, non hanno accumulato ancora una grande quantità di veleno e quindi non sono letali, ma sono comunque in grado di causare un'esperienza piuttosto spiacevole. Questo potrebbe aver insegnato ai predatori a fare attenzione a tutte le rane della specie, anche se non tutte sono immediatamente fatali.
Seconda possibilità: Non è necessario che un predatore ingerisca la rana per rimanere avvelenato. Anche solo il contatto con le tossine presenti sulla pelle può essere sufficiente. Annusando o esplorando la rana con il muso, il predatore potrebbe entrare in contatto con il veleno e imparare, a proprie spese, che avvicinarsi troppo non è una buona idea.
Terza possibilità: I predatori potrebbero evitare le rane colorate per istinto. Nel corso dei millenni, i predatori che hanno avuto una predisposizione a evitare animali dai colori brillanti hanno avuto più probabilità di sopravvivere e trasmettere questa abilità alla loro discendenza. Si tratta di un processo di selezione naturale: chi evita il pericolo ha più probabilità di far crescere la propria prole.
E se il predatore non può vedere i colori?
In effetti, alcuni predatori potrebbero non essere in grado di percepire i colori come noi, ma riescono comunque a evitare le rane velenose. Probabilmente grazie alla chemiorecezione, una capacità di rilevare segnali chimici nell'ambiente, che permette loro di percepire la presenza di tossine, anche senza vederle.
I nemici naturali delle rane velenose
Ma nonostante le loro difese chimiche, le rane velenose non sono invincibili. I loro unici veri nemici sembrano essere alcuni serpenti. Il Fire-Bellied Snake (serpente dal ventre di fuoco), ad esempio, ha sviluppato una resistenza alla batracotossina della rana dardo dorata, rendendolo capace di nutrirsi di rane velenose senza subire danni. Ma c'è di più: il Royal Ground Snake (serpente di terra reale) è stato osservato mentre uccideva ben tre rane velenose contemporaneamente, un comportamento mai visto prima in natura. Questo suggerisce che potrebbe esserci una sorta di "corsa agli armamenti" tra le rane velenose e i loro predatori, con i serpenti che evolvono difese sempre più forti contro il veleno delle rane.
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Conservazione
Per quanto letali possano essere, le rane velenose non sono invincibili. Circa un quarto delle specie di rane velenose è oggi classificato come minacciato o in grave pericolo. La principale causa di questa minaccia è la perdita di habitat, ma anche le infezioni fungine e il commercio di animali esotici contribuiscono alla loro diminuzione. Questi fattori, purtroppo, sono fuori dal controllo di queste piccole rane, che non possono difendersi con il loro veleno contro minacce così grandi.
E se vi state chiedendo se è possibile tenerle in cattività, la risposta purtroppo è sì, è legale. Questo perché, se vengono alimentate con una dieta priva di alcaloidi tossici, come i moscerini della frutta, le rane possono perdere la loro tossicità in breve tempo, diventando innocue.