Gli squali e le razze, tra gli abitanti più antichi e affascinanti dei nostri mari, stanno affrontando da tempo un declino drammatico in tutto il mondo. E, secondo un nuovo studio pubblicato recentemente sulla rivista Science, la situazione potrebbe essere persino peggiore di quanto immaginato fino a ora: le popolazioni di pesci cartilaginei – il gruppo che include squali, razze e chimere – si sono ridotte di oltre il 50% dal 1970 a oggi a causa della pesca eccessiva.
Questo allarmante trend sta mettendo a rischio non solo la sopravvivenza di queste specie, ma anche la salute degli ecosistemi marini di cui sono parte integrante.
Sempre più specie rischiano l'estinzione
Lo studio, condotto nell'ambito del Global Shark Trends Project, ha analizzato lo status di 1.199 specie di pesci cartilaginei utilizzando un nuovo strumento: l'Aquatic Red List Index (RLI). Questo indice monitora il rischio di estinzione nel tempo e ha evidenziato un aumento del 19% del rischio per squali e razze negli ultimi 50 anni. Oltre un terzo delle specie esaminate è ora a rischio estinzione, una percentuale che riflette la combinazione letale di pesca eccessiva, catture accidentali (bycatch), degrado degli habitat, cambiamenti climatici e inquinamento.
«Le prime popolazioni a calare sono state quelle che vivono in fiumi, estuari e acque costiere, per poi estendersi agli oceani aperti e infine alle profondità marine», ha spiegato Nicholas K. Dulvy della Simon Fraser University, uno degli autori principali dello studio. Tra le specie più colpite ci sono pesci sega, i pesci chitarra, le grandi mante e gli squali martello, un declino che si è poi aggravato quando, diminuite le specie costiere, le attività di pesca hanno iniziato a prendere di mira anche squali e razze di profondità per il commercio di olio di fegato e carne.
Squali e razze: pilastri degli ecosistemi marini
La perdita di squali e razze causate dalla pesca eccessiva e dal sovrasfuttamento, ha però conseguenze che vanno ben oltre la sopravvivenza di queste specie. Come predatori al vertice delle reti alimentari e animali funzionalmente importanti, svolgono un ruolo chiave nelle dinamiche degli ecosistemi marini. La loro attività di predatori o anche solo la presenza in certi habitat, tiene sotto controllo le popolazioni di altri animali, che in assenza di squali prosperano e possono alterare la flora marina e le altre popolazioni ittiche.
«Gli squali contribuiscono a mantenere l'equilibrio delle reti alimentari oceaniche, mentre le razze, scavando e ossigenando i sedimenti, influenzano la produttività marina e lo stoccaggio del carbonio», ha sottolineato Nathan Pacoureau dell'European Institute for Marine Studies, altro coautore dello studio. Senza di loro, interi ecosistemi rischiano quindi di collassare, con ripercussioni anche sulla pesca e sulle risorse da cui dipendono molte comunità umane.
Cosa possiamo fare per ridurre l'estinzione: la via della conservazione
Nonostante il quadro che emerge da questo studio sia piuttosto allarmante, ci sono segnali di speranza. I governi possono ridurre il rischio di estinzione abbassando la pressione della pesca a livelli sostenibili, rafforzando la governance delle attività di pesca ed eliminando sussidi alle attività più impattanti, sottolineano gli autori dello studio. Accordi internazionali, come la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (CITES), posso aiutare a ridurre la pressione della pesca.
Paesi come Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Unione Europea hanno già fatto progressi significativi nella gestione delle popolazioni di squali e razze, dimostrando che la conservazione è possibile quando viene supportata da politiche adeguate e condivise tra i paesi. Tuttavia, l'adempimento di questi impegni è stato finora generalmente scarso e soprattutto specie meno visibili e poco conosciute, come quelle che vivono in profondità, continuano a essere ignorate dalla maggior parte degli sforzi di conservaione.