Il numero di leoni in Uganda è ai minimi storici, mentre le iene se la passano bene nelle principali aree protette del Paese. Lo rivela il nuovo studio condotto dalla Griffith University, dalla Southern University of Science and Technology e dalla Northern Arizona University.
I ricercatori guidati dal biologo della conservazione Alex Braczkowski hanno presentato la prima stima completa della popolazione di leoni, leopardi e iene maculate dell'Uganda in quasi due decenni. E i risultati confermano la minaccia dell'essere umano per la conservazione dei grandi felini.
I risultati dello studio
L'indagine è stata condotta nel 2022 con il supporto dell'Uganda Wildlife Authority, agenzia governativa ugandese impegnata nella conservazione. Lo studio si è concentrato su alcuni dei predatori più carismatici del paese: leone africano (Panthera leo), leopardo (Panthera pardus) e iena maculata (Crocuta crocuta).
Dai dati emerge che i leoni sono in declino nella maggior parte delle aree protette mentre le iene prosperano. Questo grande predatore è estinto localmente in tre aree, ma i numeri sono pericolosamente bassi anche nei parchi nazionali Queen Elizabeth e Kidepo Valley, dove sono rimasti rispettivamente meno di 40 e 20 esemplari. Nell'area del Queen Elizabeth è stato osservato uno dei cali più importanti con una diminuzione del 50% nella densità dei leoni rispetto al precedente monitoraggio del 2018.
In questo contesto il parco nazionale Murchison Falls è emerso come l'ultima roccaforte dei leoni in Uganda. Questa area protetta, la più grande di tutto il paese, è cruciale per la conservazione dei leoni. Qui c'è la più alta densità di leoni, con sette individui ogni 100 chilometri quadrati. Qui i leoni resistono nonostante le forti pressioni del bracconaggio, e questo rende il parco nazionale Murchison Falls un'area di conservazione prioritaria e critica nel paese.
La situazione dei leopardi invece è più difficile da quantificare, secondo i ricercatori questi animali si nascondono nella maggior parte del Paese. Gli studiosi sono comunque riusciti a individuare il Murchison Falls con la densità più alta registrata in Africa, con 14 individui ogni 100 chilometri quadrati. Ad alta densità anche l'area del lago Mburo, mentre densità media è stata registrata nel sito di Kidepo.
Al contrario, le popolazioni di iene maculate se la passano bene. Il Parco nazionale Murchison Falls presenta la densità più alta finora registrata in Africa con 45 individui ogni 100 chilometri quadrati. In generale, la densità di iene maculate erano elevate rispetto ai leoni ovunque tranne che nel lago Mburo, dove invece è notevolmente inferiore. Il paragone con i leoni è avvilente: le popolazioni di iene hanno una densità dalle 8 alle 40 volte superiori a quelle dei felini.
Questi numeri così sproporzionati possono essere indice di uno squilibrio trofico dannoso per l'ecosistema, come ha segnalato il ricercatore capo della Griffith University Alexander Braczkowski: «Potremmo assistere a un aumento del numero di iene mentre le popolazioni di leoni diminuiscono. Tuttavia, in luoghi come Murchison Falls, stiamo osservando alte densità di tutte e tre le specie, leoni, iene e leopardi».
«Il nostro lavoro – si legge nello studio – ha implicazioni politiche critiche e costituisce il fondamento del nuovo piano d'azione strategico per la conservazione dei grandi carnivori in Uganda».
Perché le iene se la cavano così bene
Le iene se la cavano rispetto ai leoni per diversi motivi, ma sono due quelli principali individui dagli studiosi all'interno dello studio. Il primo riguarda la minaccia diretta dell'essere umano.
Le iene infatti si sono dimostrate più resistenti dei leoni al bracconaggio. Il metodo più comune usato dai bracconieri per catturare i leoni è lo snares, il metodo del laccio che si stringe come un cappio attorno al collo dell'animale. Queste trappole catturano tutto ciò che passa e possono rimanere attive anche per lunghi periodi di tempo. Questo strumento è largamente usato in tutto il continente e mentre i leoni sono particolarmente suscettibili, le iene hanno dimostrato una buona resilienza.
Gioca a favore delle iene anche le grandi dimensioni dei loro clan, cosa che consente di cacciare prede molto più grandi, come ad esempio i bufali. Un'abbondanza di prede soprattutto dove i leoni hanno lasciato il campo libero. «I nostri risultati – spiegano i ricercatori -mostrano che in molte delle aree in cui i leoni sono stati sterminati, le iene maculate hanno continuato a persistere».
Una speranza per i leoni africani
La collaborazione tra enti diversi necessaria per condurre lo studio, secondo i ricercatori stessi, è il risultato più sorprendente. Per posizionare le fototrappole e monitorare gli animali in un'area tanto vasta sono stati 100 partecipanti provenienti da 20 diverse ong, lodge turistici e gruppi ambientalisti. «Significa che persone che in precedenza non avevano avuto l'opportunità di essere coinvolte nella ricerca scientifica ora hanno avuto l'opportunità di condurre indagini e impegnarsi nella scienza sugli animali con cui vivevano più a stretto contatto», ha rilevato Braczkowski.
Un dato da non sottovalutare se si considera che i ricercatori e le popolazioni locali potrebbero avere interessi convergenti. Fauna carismatica come i grandi carnivori sono al centro del settore del turismo naturalistico dell'Uganda, un comparto che coinvolge già un gran numero di comunità. Persone che prima avrebbero ucciso illegalmente i leoni allo scopo di proteggere gli animali d'allevamento ora sono impiegate come ranger nelle aree naturali per la protezione di questi grandi predatori, come emerso anche da un recente studio pubblicato su Nature.
«Questo studio mette in luce sia le sfide che i successi della conservazione dei carnivori in Uganda – ha concluso Braczkowski – La natura collaborativa di questo lavoro, che abbraccia governi, ONG e comunità locali, è una testimonianza di ciò che è possibile per la conservazione della fauna selvatica. Ancora più importante, questi sono i tipi di esercitazioni di formazione di cui c'è più bisogno se speriamo di costruire la capacità scientifica nei luoghi che ne hanno più bisogno».