A Simon's Town, una cittadina costiera nei pressi di Città del Capo, bande di babbuini neri si dondolano tra i tetti, saltano da un edificio all'altro e si arrampicano sulle grondaie ammirati e fotografati dai turisti stupiti. Per i residenti, tuttavia, questa scena ormai quotidiana sta diventando un problema. Città del Capo e i suoi dintorni ospitano circa 500 babbuini neri o del Capo (Papio ursinus), la specie di babbuino più grande di tutte e che può arrivare a pesare anche 40 chili. Questi primati, endemici dell'Africa meridionale, vivono principalmente nella Penisola del Capo, in particolare nell'area che include il Parco Nazionale di Table Mountain,
Tuttavia, sempre più spesso si avventurano nei quartieri residenziali alla ricerca di cibo. Lo sviluppo urbano, che si sta spingendo sempre più in alto lungo le pendici della montagna, ha ridotto drasticamente le foreste e il loro habitat naturale, aumentando le zone di contatto tra umani e babbuini e costringendo le scimmie a cercare cibo nei giardini, nei cassonetti dei rifiuti e persino all'interno delle abitazioni. Non è raro che i residenti si ritrovino un babbuino in cucina o che i clienti di un ristorante vedano il proprio pasto rubato direttamente dal piatto da una di queste scimmie urbane.
Babbuini urbani, tra fascino e convivenza difficile
Per molti abitanti, questi animali rappresentano un elemento importante sia del patrimonio naturalistico che culturale. Alcuni individui hanno persino dei profili sui social media, vengono continuamente fotografati e talvolta hanno anche dei nomi. Tuttavia, non tutti condividono questo entusiasmo. «Ormai sono troppo audaci, più abituati alla presenza umana di quanto dovrebbero essere», ha detto ad AFP Duncan Low, proprietario di una gelateria. E ha poi aggiunto con ironia: «Vivono di zuccheri e fast food». La convivenza sta diventando sempre più difficile per chi subisce incursioni frequenti. Alcuni babbuini diventati troppo confidenti hanno ormai imparato come saccheggiare sistematicamente le case.
Un maschio in particolare, ritenuto responsabile di oltre 40 raid tra giardini e case, è stato abbattuto nel 2021 dopo le numerose lamentele da parte dei residenti ormai disperati. Per anni, Città del Capo ha cercato di contenere il problema attraverso un programma di gestione specifico, impiegando ranger addestrati appositamente per tenere i babbuini lontani dalle aree urbane. Tuttavia, il progetto è ora a rischio: le autorità locali, sotto pressione per i costi elevati e per le critiche, hanno annunciato che il programma verrà gradualmente smantellato entro la fine dell'anno, con l'obiettivo di sviluppare nuove soluzioni più efficaci e sostenibili.
Una gestione complessa e ormai al collasso
A dicembre, uno dei mesi più affollati di turisti, il programma resterà attivo ma con meno risorse e personale, aumentando il rischio di incursioni più frequenti e pericolose. «Perderemo la nostra prima linea di difesa», ha sottolineato invece Justin O'Riain, ecologo comportamentale e direttore dell'Institute for Communities and Wildlife in Africa. Mentre aumentano le tensioni, anche emotive, alcuni attivisti hanno annunciato azioni legali contro le autorità cittadine e dei parchi per non aver implementato quelle che vengono considerate misure di controllo più accettabili, come recinzioni e bidoni a prova di babbuini.
Per O'Riain, l'unica soluzione praticabile per ridurre i conflitti ed evitare incidenti è installare recinzioni elettrificate e reti sotterranee in alcune zone per impedire agli animali di scavare. Un prototipo installato 11 anni fa aveva avuto un enorme successo, con quasi nessun animale entrato nell'area, ha detto. Inoltre, un report del 2023 aveva anche suggerito quali fossero le aree più a rischio in cui posizionare le recinzioni. «I babbuini possono arrivare a cercare cibo fino al limite della recinzione e nessuno li disturberà – ha sottolineato O'Riain – È un'interazione completamente pacifica, una situazione vantaggiosa sia per le persone che per i babbuini».
Babbuini e urbanizzazione: un equilibrio sempre più fragile
Il caso dei babbuini di Città del Capo mette in luce ancora una volta le difficoltà di coesistenza tra esseri umani e fauna selvatica nei contesti in cui l'urbanizzazione crescente sta erodendo sempre più spazi naturali. La mancanza di strategie preventive (come la gestione dei rifiuti) e pianificazioni urbanistiche che tengano presente anche il contesto faunistico, come già accaduto in molte altre zone del mondo, non ha fatto altro che peggiorare le cose. E a rimetterci, come accade con orsi, lupi e altri animali che vivono nei pressi delle aree urbane sono, in primo luogo, soprattutto i babbuini.
Secondo i dati diffusi dalle autorità locali, tra luglio 2023 e giugno 2024 sarebbero morti almeno 33 babbuini, il numero più alto registrato negli ultimi 10 anni. E mentre si studiano strategie alternative, la sfida più grande resta quella di tutelare sia i babbuini neri, sempre più spesso vittime di incidenti o abbattimenti, sia le comunità locali, comprensibilmente esasperate dal trovarsi in casa animali grossi, forti, intelligenti e ben organizzati che si muovono ingruppo. In questa difficile e delicata ricerca di equilibrio tra natura e urbanizzazione, la speranza è che la soluzione arrivi prima che i conflitti diventino ormai irreparabili.