
Una sigaretta lanciata addosso alle tartarughe appostate al sole nei pressi di un laghetto nel Parco 2 Giugno a Bari, poi ripetuti calci per farle cadere in acqua. Un macabro passatempo quello di una ragazza che a favore di cellulare, ha maltrattato alcune tartarughe. I video sono stati divulgati da chi era con lei ed ha ripreso la scena accompagnandola da macabri commenti ironici.
Un'azione organizzata "a favore di telecamera" per poter forse accumulare views, like e condivisioni. Il caso è stato segnalato all'associazione animalista Lav che tramite lo sportello contro i maltrattamenti aperto a Bari quasi un anno fa ha subito sporto denuncia nei confronti della ragazza e nei confronti di chi l’ha ripresa perché, così facendo, ne ha rafforzato l’intento criminoso.
"L'osservazione e l'imitazione di modelli altrui sono strategie di apprendimento proprie dell'essere umano. Cosa succede se questi contenuti vengono fruiti da giovani che stanno strutturando la propria personalità e la propria aggressività? In termini di violenza interpersonale si sta preparando una polveriera pronta a esplodere", è il parere dell'educatrice Francesca Sorcinelli, fondatrice di Link-Italia, associazione dedicata al contrasto della violenza interpersonale.
L'educatrice: "Violenza sugli animali campanello d'allarme"
I social network e le chat sono strumenti neutri che non hanno connotazioni intrinsecamente positive o negative, a fare la differenza è il fine per cui vengono utilizzati. "C'è un'epidemia di violenza tra i giovani e il vettore sono i device – spiega Sorcinelli – La psicologia è molto chiara in questo senso: nel momento in cui un soggetto sviluppa la capacità di apprendere tramite l'osservazione, cioè a un anno di vita, tu non puoi impedire a quel soggetto di apprendere ciò che vede. Attraverso la fruizione di contenuti violenti i giovani apprendono il modello di vittima o quello di carnefice, che è sempre disfunzionale. Per questo l'esposizione di minori alla violenza su animali deve essere considerata come una violenza psicologica sul minore perché va ad incidere sullo sviluppo sano dell'io e delle competenze sociali".
Secondo l'approccio "Link", "collegamento", esiste una stretta correlazione tra il maltrattamento animale e distinti tipi di violenza umana intraspecifica, come bullismo, pedofilia, violenza domestica, fino ad arrivare all'omicidio. Oltreoceano questa correlazione è ben nota, tanto che la violenza sugli animali viene considerata – e trattata – dalla comunità scientifica come la prima manifestazione di un futuro serial killer o mass murder, l'omicida di massa.
"Negli Stati Uniti è un fenomeno studiato – sottolinea l'esperta – In Italia invece non lo conosciamo e soprattutto non abbiamo modo di agire, a nessun livello. Oggi l'ipotesi che un dodicenne o un sedicenne possa mettere le mani su un'arma da fuoco è ancora remota, ma se ci sfugge il controllo delle armi, allora verranno alla luce i problemi. Qui in Italia esiste un tirocinio di crudeltà nei confronti degli animali e non si fa nulla perché nessuno conosce abbastanza bene questo fenomeno da prevenirlo".
I giovani e giovanissimi sono esposti a una serie di esempi negativi ma non a un a un equivalente positivo: "L'ambiente è totalmente sbilanciato su fattori di rischio: i video di minori che salvano o rispettano gli animali sono quasi zero in confronto a quelli delle sevizie. Inoltre, la loro percezione dei rischi è pari a zero. La legge non è adeguata e non esiste prevenzione. La cosa peggiore che può capitare a questi ragazzi è di ricevere centinaia di migliaia di like".
Attraverso gli animali il primo approccio alla violenza
Gli animali sono l'oggetto perfetto per il primo approccio alla violenza. Secondo l'ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente, tra le più influenti associazioni ambientaliste del Paese, sono 6.581 i reati accertati contro gli animali in Italia. I fascicoli aperti dalle Procure però, secondo le rilevazioni dell'Osservatorio Zoomafia della Lav, sono solo 23.
Lo squilibrio tra i reati consumati e quelli perseguiti trova spiegazione grazie al "numero oscuro", un concetto utilizzato in ambito criminologico per indicare quei reati che, pur essendo stati consumati, non sono stati registrati dalle fonti ufficiali. Il numero di tutti i reati noti alla Giustizia rappresenta solo una parte di quelli effettivamente compiuti, ma alcune tipologie hanno una maggiore probabilità di non venire mai alla luce. Tra questi ci sono proprio i crimini contro gli animali poiché vengono commessi su vittime che non hanno voce e che spesso non hanno neanche una rete sociale che agisca per loro conto.
Tartarughe, cani liberi, gatti di colonia, sono le vittime perfette per dare modo ai più giovani di emulare ciò che hanno imparato. "L'aggressività è una caratteristica di quasi tutte le specie, compresa la nostra, ha il fine positivo di salvaguardare l'individuo e la specie da una minaccia, la violenza, invece, è un modo appreso di esprimere l'aggressività in termini deviati, è totalmente distruttiva e fine a se stessa. Se l'ambiente ti mette a disposizione i modelli negativi e una quantità di vittime silenziose, non dobbiamo stupirci di quello che vediamo".
La denuncia: "In Italia mancano le strutture"
Se l'atto perpetrato dal giovane maltrattatore di animali non viene interpretato per quello che è, non c'è nessuna possibilità di contrastarne l'escalation violenta. "In Italia non esiste una struttura che si occupa di registrare questi fenomeni e di salvaguardarli, nemmeno nell'ottica di tutelare il minore – rileva Sorcinelli – Le associazioni animaliste italiane sono estremamente strutturate, anche in termini professionali, il maltrattamento di animali apparentemente è presidiato, ma nei fatti non è così. Questo accade perché un conto è occuparsi degli effetti della violenza sugli animali, un altro è occuparsi del fenomeno in sé".
Per poter agire tempestivamente sul minore o sul giovanissimo che commette questo tipo di violenza, ed evitare così che la ripeta con una forza maggiore, serve l'intervento dello Stato e dei professionisti. "Gli psicologi, gli psichiatri, i neuropsichiatri infantili, i servizi sociali, gli educatori professionali. Un mondo che rispetto al fenomeno della violenza sugli animali è totalmente avulso. La verità è che chi se ne dovrebbe occupare non ha la più vaga neanche idea di che cosa stiamo parlando. E gli effetti sono sotto ai nostri occhi".