Che valore ha la vita di uno scoiattolo? Enorme, considerando quanto rumore ha fatto la morte di Peanut The Squirrel negli Usa, arrivando a essere un trend topic sui social ma soprattutto argomento di dibattito nella fase terminale della campagna elettorale per la corsa alla Casa Bianca.
Ricostruendo la sua storia possiamo ritrovare gli estremi per raccontare la vita e la morte di un animale selvatico completamente alla mercé dei nostri interessi. Il piccolo roditore è stato prima sfruttato a suon di visualizzazioni su Instagram, X e pure OnlyFans da parte di chi dice di averlo salvato dalla strada nello Stato di New York, ovvero Mark Longo, il suo "umano di riferimento" se mai uno scoiattolo ne debba avere uno. Lo scoiattolo poi è stato sottoposto ad eutanasia dalle autorità locali diventando pure il simbolo di uno scontro finale tra repubblicani e democratici, tanto da portare pure Elon Musk a usarlo per motivare gli ultimi indecisi a votare Trump.
No, quella di Peanut non è solo la solita storia delle esagerazioni che arrivano da Oltremanica, ma l'esempio di come un animale, suo malgrado, si ammali di una malattia che colpisce le altre specie ma che è causata dalla nostra e che in epoca social è diventata evidente ed è letteralmente esplosa: l'umanizzazione e lo sfruttamento degli altri esseri viventi che – chiariamolo subito – altamente se ne fregano delle nostre elucubrazioni, etiche o meno che siano per giunta.
Peanut è stato prelevato e poi ucciso insieme a un procione dal rifugio per animali dove viveva dal DEC (il Dipartimento delle statale per la tutela ambientale) dopo segnalazioni anonime di persone a detta di Longo «invidiose» che seguono i diversi account social che ha creato monetizzando soldi a palate attraverso views che ottiene grazie alla fama conquistata con Peanut. Fama che gli ha fatto aumentare le visualizzazioni e gli abbonamenti anche sul suo canale su OnlyFans, dove si chiama non a caso "squirrel_daddy" ("papà dello scoiattolo"). Proprio su quest'ultima piattaforma l'uomo, che insieme alla moglie Danielle ha creato un vero e proprio business legando "l'amore" per gli animali all'altra grande passione degli esseri umani ovvero il sesso, ha anche lanciato una campagna su gofundme in "memoria di Peanut" per raccogliere soldi che – dice – andranno a favore del rifugio in cui vive con almeno altri 300 animali di varie specie e da dove produce i video e i contenuti social.
Nel momento in cui si scriviamo questo articolo Longo ha già raccolto quasi 200 mila dollari, Musk ha twittato di tutto per rendere Peanut un "eroe repubblicano" come se fosse morto in guerra in onore di Donald Trump e JD Vance ha affermato che il candidato alla Casa Bianca è «arrabbiato» per la morte dello scoiattolo P'nut che è stato pure definito «l'Elon Musk degli scoiattoli», giusto per chiudere il cerchio e continuare a umanizzarlo a proprio vantaggio.
Infuria dunque la battaglia a suon di spari sui social che, bisogna dirlo, almeno non uccidono come quelli in natura che gli esseri umani continuano a perpetrare nei confronti delle specie selvatiche, soprattutto proprio in Usa dove la caccia è una sorta di "patrimonio nazionale" e la lobby delle armi è davvero potente. e tutto ciò avviene "in nome" di uno scoiattolo che, però, è in fondo diventato a sua volta un'arma di distrazione di massa.
Sin dall'inizio di questa relazione interspecifica, del resto, è sempre stato questo il ruolo di Peanut per chi lo ha "salvato": colpire le persone giocando con le emozioni. L'animale è stato reso sempre più "carino" e amabile, ad esempio vestendolo pure con sciarpette e cappellini, e tutto per uno scopo preciso: spingere su quel sacrosanto senso di accudimento che abbiamo noi esseri umani nei confronti dei "più piccoli", ovvero verso chi ci infonde tenerezza, e usarlo però non per preservare ma a favore di camera per ottenere successo personale.
La vita di Penaut è stata narrata nel migliore dei modi possibili dal punto di vista della manipolazione delle emozioni umane per fare breccia nel cuore delle persone che ritengono corretto ciò che Longo dice di aver fatto: salvarlo da «morte certa» perché era accanto al cadavere della mamma, averlo curato per otto mesi, provato a reinserirlo in natura e fatto rientrare in casa «perché era tornato sull'uscio della porta con la coda mozzata». Ma se solo riuscissimo a tenere a bada le emozioni, a capire che un animale selvatico ha un suo destino che è indipendente dal nostro intervento e che tale deve rimanere, oggi non avremmo nessun Peanut di cui parlare e, soprattutto, da sfruttare per continuare a indirizzare le persone a donare soldi o a votare un politico piuttosto che un altro.
Gli unici scoiattoli cui dovrebbe badare chi vuole entrare alla Casa Bianca, in realtà, sono quelli che vivono serenamente nel grande giardino della sede del Presidente degli Stati Uniti per far sì che non vegano disturbati dai visitatori. E per quanto riguarda tutti gli animali selvatici, non solo i conspecifici di Peanut, che abitano negli Stati Uniti ci si augura che il prossimo Commander in Chief badi a tutelarli nel loro habitat e a vietare che, anche se recuperati in buona fede, si trasformino in esempi di vita in cattività di facile emulazione da parte di chi guarda. Perché tutto questo ha a che fare con il nostro benessere e non il loro.