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Che cos'è la giustizia? E soprattutto, siamo sicuri che l'equità sia una virtù esclusiva umana, oppure ha radici biologiche molto più profonde? A questa domanda prova a rispondere un nuovo studio condotto dai ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology e dell'Università di Utrecht, che ha messo sotto la lente di ingrandimento uno dei nostri parenti più prossimi insieme allo scimpanzé: ovvero il bonobo (Pan paniscus).
Famosi per i loro comportamenti "libertini" e pacifici e per le dinamiche di gruppo basate più sulla cooperazione che sul conflitto, i bonobo potrebbero anche avere un vero e proprio "senso della giustizia". E no, non si tratta solo di un’interpretazione antropocentrica o di un comportamento acquisito: lo suggeriscono alcuni esperimenti condotti al Wolfgang Köhler Primate Research Center dello zoo di Lipsia, in Germania, e pubblicati sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences.
I bonobo sanno quando ricevono un'ingiustizia

In questo studio, sei bonobo sono stati coinvolti in una serie di test per valutare la loro reazione a situazioni di palese iniquità. In uno degli esperimenti, per esempio, le scimmie dovevano scambiare dei gettoni per ottenere un premio in cibo, test già utilizzato in passato anche per valutare "il senso del denaro" nei primati. Tuttavia, non tutti i partecipanti ricevevano lo stesso premio: alcuni si trovavano davanti a una "paga" inferiore rispetto a un compagno, pur avendo svolto esattamente lo stesso compito. La reazione? In molti casi, i bonobo che si sentivano trattati ingiustamente si rifiutavano di partecipare ulteriormente all'esperimento.
Un comportamento che, secondo gli autori, non può essere semplicemente spiegato con la delusione per le aspettative disattese: si tratterebbe, invece, di una vera e propria avversione per il trattamento non equo, una reazione negativa alle disuguaglianze. "I bonobo si sono rifiutati più spesso di partecipare quando si trovavano davanti a una distribuzione iniqua delle ricompense", ha spiegato in un comunicato Kia Radovanović, prima autrice dello studio. "E a differenza degli scimpanzé, le loro reazioni non sembrano dettate solo dalla delusione verso l'esperimento o verso l'umano, ma riflettono un'autentica intolleranza verso l'ingiustizia".
Se a ricevere un vantaggio è un amico, allora si può chiudere un occhio

Un altro aspetto particolarmente interessante emerso dallo studio è che i bonobo sembrano accettare più facilmente l'ingiustizia quando a essere favorito era un compagno con cui avevano un forte legame sociale. In altre parole, se a ricevere di più era un amico stretto, allora è più facile chiudere un occhio. Questo dettaglio, tutt'altro che banale, ricorda molto da vicino alcuni meccanismi tipici delle relazioni umane. Anche tra noi umani, infatti, i rapporti affettivi e i legami sociali influenzano il modo in cui percepiamo e reagiamo all'ingiustizia. Un trattamento sfavorevole da parte di uno sconosciuto ci fa arrabbiare di più e lo troviamo inaccettabile, ma se a sbagliare è un amico o un familiare, siamo più propensi a perdonare.
Secondo Daniel Haun, direttore dell'Istituto Max Planck e co-autore dello studio, questi risultati suggeriscono che il senso della giustizia potrebbe essersi evoluto come meccanismo per rafforzare la cooperazione. E non solo in Homo sapiens, ma anche in altre specie sociali strettamente imparentate con noi. "Questo studio ci offre nuovi spunti su come potrebbe essersi evoluto il concetto di equità", ha spiegato Haun. "Ma serviranno ulteriori ricerche, magari con gruppi di bonobo più numerosi e in contesti più naturali, per affinare la nostra comprensione di questi meccanismi".
Cosa ci insegnano (di nuovo) i bonobo?

L'immagine dei bonobo come scimmie pacifiste, sensibili e attente al benessere del gruppo si arricchisce quindi di una nuova sfumatura: quella del senso per la giustizia. Una giustizia certamente non codificata da leggi scritte o da convezione culturali ma vissuta attraverso comportamenti, reazioni emotive, scelte sociali e un "linguaggio" strutturalmente simile al nostro. Un piccolo, ma significativo indizio che sottolinea ancora una volta come il nostro modo di essere "umani" sia intrecciato profondamente alla storia evolutiva che condividiamo con gli altri grandi primati sul grande albero della vita.
Bonobo, scimpanzé, gorilla e altri primati sono molto più che nostri "parenti". Sempre più prove ed evidenze ci dimostrano infatti che studiare il comportamento delle grandi scimmie non è solo una questione scientifica. È anche un modo per conoscere meglio noi stessi, per ritrovare in loro le tracce di ciò che eravamo e che soprattutto ancora siamo: scimmie tra altre scimmie. In un mondo che cambia alla velocità della luce, il legame sempre più stretto con gli altri primati dovrebbe invitarci a rallentare e a riflettere. Non siamo poi così soli e unici come abbiamo sempre pensato. E custodire e proteggere anche tutti gli altri nostri "cugini" significa anche conservare una parte della nostra stessa storia.