L'attivista per i diritti degli animali Paul Watson è stato liberato dopo 150 giorni di detenzione trascorsi in un carcere della Groenlandia sotto la custodia della Danimarca. L'uomo, fondatore di alcune tra le organizzazioni di protezione animale e ambientale più rilevanti del panorama internazionale, era stato catturato a seguito di un mandato di cattura internazionale dell'Interpol emesso dal Giappone per fatti risalenti al 2010.
Ieri però finalmente le autorità lo hanno rilasciato, nel silenzio dell'ambasciata giapponese in Danimarca. A esultare in queste ore sono invece le divisioni della Captain Paul Watson Foundation che attraverso una petizione online in cinque mesi hanno raccolto 225 mila firme per chiedere la liberazione dell'attivista 74enne.
«Più che essere felici per quello che è successo non si può dichiarare. Adesso vedremo quando Paul in realtà tornerà a casa e valuterà lui anche quali saranno stati i retroscena che l'hanno portato all'arresto – spiega Michele De Leo, responsabile della divisione italiana della Fondazione – ma poi si vedrà anche quello che accadrà in futuro, come continueranno le sue battaglie».
Watson era stato arrestato lo scorso 21 luglio dalle autorità danesi mentre faceva rifornimento con la sua nave John Paul DeJoria a Nuuk, in Groenlandia. La cattura era arrivata in conseguenza di una red notice dell'Interpol, un mandato d'arresto internazionale voluto dal Giappone per un'azione di protesta avvenuta ben 14 anni prima. Nel 2010 infatti l'uomo avrebbe ferito un membro dell'equipaggio di una nave baleniera giapponese durante una battuta di caccia nell'Antartico.
«Ci sarebbe tanto da dire, ma è ancora molto presto sulla politica adottata dal Giappone attraverso la red notice e della Danimarca, complice in questa cosa perché sostiene una delle aberrazioni forse più grandi che esistano nei suoi territori: le Grindadráp delle isole Faroe. È recente anche il rilascio dei permessi di caccia alle balene all'Islanda. Sono tutte cose che fanno pensare che ci sia stato dietro, non dico un complotto, ma una macchina organizzativa che ha voluto tenere Paul Watson imprigionato a lungo. Fortunatamente lo hanno rilasciato».
Giappone e Danimarca, insieme a Norvegia e Islanda, sono tra le nazioni che continuano la caccia alle balene. Una pratica che Watson nei decenni ha cercato di ostacolare attraverso l'«aggressione non violenta» che consiste nell'ostacolare le attività delle baleniere. Queste azioni lo hanno portato a guadagnarsi l'appellativo di eco-pirata, ma anche a diventare un punto di riferimento per l'attività ambientalista che ha continuato a seguire gli sviluppi della sua detenzione in tutti questi mesi. Se la Danimarca avesse concesso l'estradizione in Giappone, Watson avrebbe rischiato di scontare fino a 14 anni di carcere nelle prigioni nipponiche.
«Gli occhi del mondo erano puntati sulla Danimarca e credo che abbiano in qualche modo influito – sottolinea De Leo – Sono state sostenute battaglie anche dal punto di vista mediatico che sono andate a buon fine. Consentire l'estradizione di Paul Watson verso il Giappone l'avrebbe quantomeno messa in cattiva luce».
Il ministro della giustizia danese ha spiegato in una nota che a pesare sulla scelta della liberazione è stata una valutazione complessiva del caso ma soprattutto l'incertezza sul fatto che il tempo trascorso in detenzione in Groenlandia potesse essere dedotto da un'eventuale sentenza definitiva in Giappone. «Dalle ultime notizie che sono arrivate prima di oggi [17 dicembre 2024 n.d.r] la Danimarca aveva richiesto nuovamente nuove prove al Giappone per avvallare la richiesta di estradizione. A quanto pare le prove non sono arrivate o quantomeno non sono state sufficienti per portare avanti la vicenda, per cui si sono arresi all'evidenza di un impianto accusatorio che non reggeva».
Nei mesi, oltre a cittadini e attivisti, si sono uniti alla protesta in favore di Paul Watson anche volti noti come l'attrice animalista Brigitte Bardot e l'attore Pierce Brosnan, ma l'endorsment più rilevante è arrivato dal presidente francese Emmanuel Macron, al quale Watson aveva chiesto chiesto asilo politico. Silenzio, invece, dal resto della politica mondiale.
«Non sono molto convinto che i governi abbiano fatto granché, parlo soprattutto del governo italiano. C'è stato poco interesse da parte della politica per questo caso e se non fosse stato per l'attivismo dei gruppi come la Captain Paul Watson Foundation e delle molte associazioni animaliste che hanno creduto, e che credono, in Paul Watson come difensore della vita negli oceani, non ci sarebbe stato grande grande risonanza. C'è da dire che a livello internazionale la cassa di risonanza è stata importante, per cui credo che sia stato un risultato corale».