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11 Dicembre 2024
16:37

Il primo squalo mako del Mediterraneo taggato con un dispositivo satellitare

Un gruppo di ricercatori della Virginia Tech ha taggato per la prima volta con un dispositivo satellitare uno squalo mako nel Mar Mediterraneo. Si tratta di una giovane femmina che ha poi percorso oltre 1.200 chilometri in appena 54 giorni. Seguire i movimenti di questi predatori aiuterà a proteggerli meglio.

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Il primo squalo mako taggato nel Mar Mediterraneo. Foto di Brendan Shea via Virginia Tech

Nell'estate del 2023 i ricercatori della Virginia Tech hanno raggiunto un importante traguardo per lo studio e la conservazione degli squali che vivono nel Mar Mediterraneo. Per la prima volta nella storia, una giovane femmina di squalo mako (Isurus oxyrinchus) è stata taggata con un dispositivo satellitare, aprendo nuove prospettive per la conservazione di una specie che come tanti altri squali in tutto il mondo è in grave pericolo di estinzione. Questo primo storico monitoraggio per il Mare Nostrum, è stato recentemente pubblicato sulla rivista Frontiers in Marine Science.

Squalo mako, un'occasione unica arrivata quasi per caso

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Lo squalo mako è considerata una specie a rischio estinzione sia nel Mediterraneo che a livello globale

L'incontro con la giovane femmina di mako è avvenuto quasi per caso, durante una spedizione scientifica al largo della Tunisia dedicata allo studio e a monitoraggio dello squalo bianco nelle acque del Mediterraneo, una specie sempre più rara e difficile da avvistare, come dimostra un monitoraggio recentemente condotto dall'Università di Siena e dal Centro Studi Squali. Brendan Shea, dottorando alla Virginia Tech e primo autore della pubblicazione ha infatti raccontato: «Durante quella missione ci siamo imbattuti in un giovane mako. È stata un'occasione unica e abbiamo subito approfittato per applicare un tag elettronico che ci aiuterà a comprendere meglio i suoi spostamenti e a ideare strategie di conservazione più efficaci».

Il dispositivo applicato sullo squalo si chiama pop-off archival tag, e grazie a una tecnologia all'avanguardia permette di raccogliere dati sulla temperatura dell'acqua, la profondità e la luce ambientale. Queste informazioni, unite al monitoraggio satellitare, permettono ai ricercatori di seguire e analizzare tutti i movimenti dello squalo, anche su grandi distanze. Il tag, progettato per staccarsi autonomamente dopo un periodo predefinito o in caso di immersioni oltre i 1.800 metri di profondità, trasmette poi i dati raccolti via satellite. «Questi dispositivi ci forniscono informazioni preziose sui viaggi di questi animali – ha aggiunto Shea – Capire dove si muovono è cruciale per proteggerli ed solo il primo passo di un percorso più ampio di ricerca».

Gli squali mako, grandi viaggiatori da proteggere

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Utilizzando i dati raccolti, i ricercatori hanno ricostruito il percorso della giovane femmina. Immagine da Shea et al., 2024

Il giovane mako taggato ha percorso più di 1.200 chilometri in appena 54 giorni, dimostrando una sorprendente mobilità per un individuo di appena 1-2 anni di età. Questo dato mette subito in discussione l'efficacia delle strategie di conservazione basate esclusivamente sulla tutela delle aree di nursery dove nascono gli squali, suggerendo che è necessario ampliare gli sforzi di tutela su una scala molto più ampia. Gli squali mako, come altri predatori apicali, svolgono infatti un ruolo fondamentale negli ecosistemi marini, regolando la salute delle catene alimentari e contribuendo a mantenere funzionali le dinamiche ecologiche.

«Comprendere i loro movimenti tridimensionali ci aiuta a vedere come questi animali connettono diversi habitat e quali profondità occupano – ha spiegato Shea – Proteggere gli squali significa proteggere i nostri oceani, e quindi anche le attività umane che dipendono da essi». Questo primo monitoraggio di uno squalo mako nel Mediterraneo, rappresenta quindi un passo importante verso la salvaguardia di una specie che, secondo l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), è seriamente minacciata di estinzione sia nel Mediterraneo che a livello globale.

Una rete internazionale per la conservazione degli squali

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Proteggere gli squali significa proteggere il mare

Questa impresa è anche frutto della collaborazione tra ricercatori di diverse istituzioni in tutto il mondo, tra cui il gruppo del progetto White Shark Chase guidato da Francesco Ferretti della Virginia Tech, la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, e molte altre università e centri di ricerca da Stati Uniti, Italia e Tunisia. Il progetto è stato inoltre finanziato da organizzazioni come The Explorers Club, Discovery Channel, Sharkproject, Fondazione Bertarelli, e grazie al supporto di donatori privati. Il lavoro appena pubblicato sottolinea quindi anche l'importanza delle sinergie internazionali per lo studio e la tutela degli ecosistemi marini.

Grazie alla tecnologia, alla collaborazione scientifica e al supporto di diverse istituzioni internazionali, la ricerca sta aprendo nuove strade per comprendere e proteggere sempre meglio questi incredibili abitanti del mare minacciati in tutto il mondo dalla pesca eccessiva, dalle catture accidentali e dalle altre attività umane. E conoscere meglio la vita e il comportamento degli squali mako significa non solo lavorare per garantire loro futuro migliore, ma anche tutelare quello degli ecosistemi di cui fanno parte e da cui dipendono la pesca e il sostentamento di tante comunità umane, un impegno che riguarda quindi tutti noi da molto vicino.

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