L'inaugurazione dello Xiaomeisha Sea World a Shenzhen, in Cina, dopo ben cinque anni di ristrutturazione, sta suscitando un acceso dibattito internazionale. Il motivo? L'annuncio della presenza di uno squalo balena tra le vasche dell'acquario si è rivelato essere in realtà un sofisticato e modernissimo robot.
Questo "squalo balena hi-tech", del peso di 350 kg e capace di nuotare autonomamente, è costato milioni di renminbi cinesi, ma ha lasciato i visitatori molto delusi perché artificiale. L'acquario ha giustificato la scelta affermando che la cattura e il commercio di squali balena vivi sono ormai vietati in Cina, rendendo quindi impossibile tenere in cattività un esemplare in carne e ossa.
Alcuni visitatori hanno comunque accusato di truffa la struttura, chiesto il rimborso dei biglietti e lasciato recensioni negative in seguito alla proprio visita. Tuttavia, questa scelta sta sollevato anche interrogativi molto più ampi sulla rappresentazione degli animali in cattività e sull'etica di questa pratica. Elliot Doornbos, docente della School of Social Sciences dell'Università Nottingham Trent, sottolinea per esempio come questa situazione evidenzi anche questioni cruciali relative al benessere animale e alla conservazione. E se lo squalo balena robot dello Xiaomeisha Sea World rappresentasse invece un'opportunità per riaprire questioni ormai quasi sopite?
Perché i visitatori parlano di "truffa"?
Anche se molti visitatori hanno parlato di "catfishing", termine che descrive un inganno, questa controversia potrebbe offrire l'opportunità di discutere innanzitutto sul declino degli squali balena (Rhincodon typus). Questi pacifici giganti marini, i pesci più grandi del mondo, sono classificati come specie "In pericolo" all'interno della Lista Rossa IUCN, a causa di molteplici minacce, tra cui le collisioni con le navi, le catture accidentali negli attrezzi da pesca (il cosiddetto bycatch) e dai cambiamenti climatici. A questi fattori di rischio, si aggiungono poi uno sviluppo e un raggiungimento della maturità sessuale molto lenti, che rendono difficile il recupero delle popolazioni, per cui la specie è protetta da numerose normative internazionali.
Il caso dello squalo robot, riaccende però anche il cocente dibattito sul benessere degli animali in acquario. Dalla fine degli anni 2000, l'attenzione e la consapevolezza pubblica riguardo a questi temi è infatti aumentata parecchio, spingendo molti parchi a rivalutare la detenzione e l'utilizzo di alcuni animali, in particolare delfini, orche e altri cetacei. Tuttavia, molti altri continuano a tenere nelle proprie strutture questi e altri grandi animali marini, che mostrano spesso segni evidenti di maltrattamenti fisici e psicologici, che sono quindi ancora parecchio diffusi nell'industria degli acquari e dei parchi marini e quindi irrisolti.
Un'occasione per il benessere animale e per la conservazione
L'esposizione di un animale "artificiale", per quanto controversa, potrebbe quindi servire da catalizzatore per un nuovo dibattito molto più ampio sia sulle specie in pericolo che per il benessere degli animali in cattività. Doornbos sostiene che, pur essendo molto discutibile l'idea di presentare un robot come se fosse un esemplare vivente, ogni iniziativa che stimola la discussione sulle tematiche di conservazione delle specie minacciate e sull'etica animale deve essere considerata positiva. Anche il semplice fatto che se ne sta discutendo su media e mezzi di informazione di tutto il mondo, mette al centro dell'attenzione tematiche che, anche se ben note, sarebbero passate completamente sotto traccia se fosse stato esposto un vero squalo nell'acquario.
Coinvolgere un pubblico sempre più ampio sulle questioni di conservazione e benessere animale, del resto, è oggi sempre più difficile. Le vicende dello Xiaomeisha Sea World ci invitano – forse involontariamente – a riflettere di nuovo sul nostro approccio nei confronti degli animali in cattività e sulla responsabilità che abbiamo nel garantire il loro benessere. Se da un lato il robot ha suscitato critiche, dall'altro ha aperto un nuovo spiraglio su questioni fondamentali che riguardano la conservazione e il trattamento degli animali in cattività, stimolando una necessaria conversazione pubblica che sembrava essere ormai a un punto morto o, quantomeno, impantanata.