«È l'ennesimo atto criminale contro la Natura». Così il volontario campano Nicola Campomorto racconta l'atto di bracconaggio ai danni di un ibis sacro a Castel Volturno, nel Casertano, il 18 novembre, a pochi passi dall'oasi naturale delle Soglitelle.
Con l'apertura della stagione di caccia, che in Campania per alcune specie durerà fino a gennaio 2025, sono iniziati anche gli incidenti che coinvolgono persone e animali. «Io e altri volontari siamo stati allertati da alcuni cittadini preoccupati per i continui spari vicino le case – spiega Campomorto – Le stesse persone avevano notato un grosso uccello bianco incapace di volare nei terreni allagati dietro le abitazioni e così siamo andati a recuperarlo».
Chi è e da dove arriva l'ibis sacro
La vittima in questo caso era un ibis sacro (Threskiornis aethiopicus) un uccello originario dell'Africa subsahariana che oggi è quasi estinto in Egitto, dove era venerato come emissario del dio Thot.
Da tempo si è stabilito nelle zone umide d'Italia dove è stato importato tra gli anni 70-80 del Novecento. In questo periodo molti zoo europei iniziarono ad acquistarli per lasciarli all'interno di colonie libere vicine agli zoo, con lo scopo di incuriosire i potenziali visitatori grazie al loro aspetto fuori dal comune. Alcuni individui negli anni si sono staccati dai gruppi originari per stabilirsi in ogni parte d'Italia.
Nel 2008 il numero di ibis sacri riproduttivi in Italia è stato stimato a 80-100 coppie con almeno 300 uccelli totali, e negli anni i numeri sono cresciti sensibilmente. Nella sola zona delle Soglietelle, la mattina dell'incidente ne sono stati avvistati circa 70.
«È una specie iconica, e anche se è stata introdotta dall'essere umano a scopo ornamentale non rientra nell'elenco di quelle cacciabili», sottolinea il volontario.
Come hanno fatto i volontari a salvare l'ibis sacro ferito
Una volta sul posto Campomorto ha recuperato l'uccello usando una procedura molto comune in questi casi: con un panno gli ha coperto la testa per impedirgli di vedere e quindi di agitarsi. Il becco e soprattutto gli artigli di questi animali possono essere molto pericolosi, per questo la procedura quando si incontra un uccello ferito con il quale non si ha dimestichezza è sempre di contattare i volontari di riferimento o il Cras, il Centro recupero animali selvatici.
È proprio al Cras che l'ibis sacro è stato portato per ricevere le cure necessarie e ritornare a volare, anche se, come conferma il volontario «le sue condizioni non sono affatto buone».