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13 Febbraio 2025
16:10

I post sui social dei bracconieri: gli animali morti come trofei. Il caso del Libano

I social svelano l'allarmante portata del bracconaggio in Libano, dove l'uccisione di animali protetti viene normalizzata e persino incentivata nei post e nelle immagini dei animali uccisi pubblicati liberamente dai bracconieri. Centinaia le specie colpite, in particolare uccelli migratori protetti.

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In Libano, i bracconieri pubblicano liberamente sui social centinaia di foto di animali uccisi illegalmente. Un nuovo studio ha analizzato la portata allarmante di questo fenomeno

Negli ultimi anni, i social network si sono rivelati un'arma a doppio taglio per la conservazione della biodiversità. Da un lato, rappresentano uno strumento prezioso per la sensibilizzazione ambientale; dall'altro, stanno diventando purtroppo una vetrina per la caccia illegale e i crimini contro la natura, un fenomeno allarmante e ancora sottostimato. Un nuovo studio pubblicato recentemente su Oryx, ha infatti analizzato il ruolo dei social media nella documentazione e nella spettacolarizzazione della caccia illegale in Libano, uno dei punti caldi globali del bracconaggio, in particolare per quanto riguarda gli uccelli migratori protetti.

Bracconaggio senza paura: le immagini sui social come trofei

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Uccelli migratori protetti, come rondini, rigogoli e gruccioni (in foto) tra le specie più colpite

I ricercatori hanno passato in rassegna 1.844 fotografie postate pubblicamente e quindi visibili a tutti su Facebook e Instagram da cacciatori e bracconieri libanesi tra il 2011 e il 2023. I numeri emersi sono a dir poco allarmanti: in queste immagini sono state identificate 212 specie di uccelli, di cui il 94% gode di protezione legale. Tra queste, 19 specie risultano persino minacciate o quasi minacciate nella Lista Rossa della IUCN, mentre il 33% è comunque in declino in tutta Europa.

Ma l’elemento più sconcertante non è solo il numero di uccelli abbattuti, bensì l'atteggiamento degli stessi bracconieri. Le immagini mostrano cacciatori che posano con decine di animali uccisi, orgogliosi del loro "bottino", senza alcuna paura delle conseguenze legali. Secondo André F. Raine, autore principale dello studio, questo senso di impunità potrebbe essere una delle ragioni per cui la caccia illegale in Libano ha raggiunto livelli così allarmanti.

"L'uccisione indiscriminata di uccelli migratori attraverso la regione mediterranea è un problema di conservazione internazionale. Per alcune specie, come l’aquila minore e lo sparviere levantino, quasi l’intera popolazione mondiale passa sopra il Libano durante la migrazione. Il massacro di questi uccelli avrà conseguenze gravi sulle loro popolazioni a lungo termine", ha dichiarato Raine. Piccoli migratori come rondini, rigogoli e gruccioni i più colpiti, ma ci sono anche aquile, falchi, cicogne e persino mammiferi, come la iena striata.

Il ruolo dei social nella normalizzazione del bracconaggio

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Le specie di uccelli protetti più abbattuti e presenti nelle foto sui social. Immagine da André F. Raine et al., 2025

Lo studio ha messo in evidenza un altro aspetto preoccupante: i social media non si limitano a documentare la caccia illegale, ma sembrano incentivarla. Le immagini di uccelli abbattuti diventano una forma di status symbol tra i bracconieri, generando una sorta di competizione a chi ottiene il trofeo più raro o il maggior numero di prede. Lloyd Scott, coautore dello studio e parte del Committee Against Bird Slaughter, ha sottolineato come la mancata regolamentazione dei contenuti da parte delle piattaforme social contribuisca a perpetuare il problema.

"Permettere agli utenti di postare continuamente immagini di specie protette uccise crea un ciclo che premia i comportamenti illegali, spingendo i cacciatori a superarsi l'un l'altro", ha affermato. Nonostante le numerose segnalazioni effettuate ai gestori delle piattaforme, i ricercatori non hanno riscontrato alcuna azione concreta per rimuovere questi contenuti. Meta, l'azienda proprietaria di Facebook e Instagram, vieta esplicitamente la pubblicazione di immagini di violenza sugli animali, ma nei fatti queste norme non vengono quasi mai applicate.

Social media e conservazione: una sfida possibile

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Lo studio ha messo in evidenza un altro aspetto preoccupante: i social media non si limitano a documentare la caccia illegale, ma sembrano incentivarla

Se da un lato i social network possono amplificare e incentivare il fenomeno del bracconaggio, dall'altro rimangono comunque strumenti preziosi per contrastarlo. In passato, campagne internazionali hanno sfruttato proprio immagini scioccanti per sensibilizzare e mobilitare l'opinione pubblica, spingendo governi e istituzioni ad adottare di misure più severe contro la caccia illegale e i crimini contro la natura.

Un esempio è la campagna polacca contro l'uccisione delle cicogne bianche in Libano, nata proprio dalla diffusione sui social di immagini di questi uccelli abbattuti. Anche diverse organizzazioni libanesi, come Middle Eastern Sustainable Hunting Center, stanno cercando di promuovere una caccia più sostenibile e legale attraverso i social, educando i cacciatori sulle specie protette e incentivando attività di "caccia alternativa", come la fotografia naturalistica.

Allo stesso modo, gruppi di conservazione come la Society for the Protection of Nature in Lebanon e Association for Bird Conservation in Lebanon utilizzano proprio i social per promuovere il birdwatching e sensibilizzare la popolazione sull'importanza della tutela della fauna selvatica. Questo studio conferma purtroppo che il Libano è uno dei punti più critici per il bracconaggio degli uccelli migratori e che i social media stanno giocando un ruolo chiave nella promozione e nell'espansione del fenomeno.

La pubblicazione sfacciata di immagini di animali uccisi illegalmente evidenzia un problema profondo di impunità e mancanza di controllo. Affrontare questa emergenza richiede quindi un'azione congiunta: le autorità devono applicare con più rigore le leggi sulla caccia, le piattaforme social devono rafforzare le misure contro i contenuti che promuovono il bracconaggio e il pubblico deve continuare a denunciare queste pratiche.

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