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30 Ottobre 2024
17:26

I piani climatici nazionali non salveranno il Pianeta: il nuovo report delle Nazioni Unite

I Piani adottati dai singoli paesi per arginare il cambiamento climatico non sono sufficienti a limitare l'emissioni di gas serra e quindi a salvare il Pianeta. È l'analisi il risultato dell'ultimoReport delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.

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I Piani adottati dai singoli paesi per arginare il cambiamento climatico non riusciranno a salvare il Pianeta e le vite che lo abitano. Sono le conclusioni dell'ultimo Synthesis report della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

Secondo il Rapporto, gli attuali piani climatici nazionali farebbero registrare una riduzione delle emissioni di appena il 2,6% rispetto ai livelli del 2019 entro la fine del decennio, una percentuale che non è in grado di prevenire conseguenze ambientali ed economiche catastrofiche.

Chi sono le vittime del cambiamento climatico

A farne le spese saranno per prime le specie che abitano gli ecosistemi più fragili del Pianeta, e il primo animale a cui si pensa quando si parla di cambiamento climatico è l'orso polare che da anni sta sperimentando una riduzione significativa del proprio habitat a causa dello scioglimento dei ghiacciai. Le conseguenze di questo fenomeno sono molte: l'ibridazione tra orsi polari e grizzly osservate in alcune aree dell'Alaska, la diminuzione della popolazione, e anche la ricerca da parte degli orsi di nuove risorse e territori. Di conseguenza si stanno moltiplicando le segnalazioni di orsi polari che arrivano nei villaggi del Nord America e in Nord Europa spinti dalla necessità.

Questi animali sono considerati la specie simbolo del cambiamento climatico, ma non saranno i soli a farne le spese: tutte le forme di vita che non si adattano abbastanza velocemente sono destinate a scomparire, e tra queste c'è anche l'essere umano.

I fenomeni metereologici estremi, come le alluvioni che stanno colpendo la Spagna e l'Italia nelle ultime settimane, sono destinati ad aumentare e intensificarsi nel corso del tempo. Queste emergenze che stanno sconvolgendo i paesi dal clima temperato da tempo hanno già investito i paesi della fascia equatoriale.

Eppure, i 195 Paesi che nel 2020 hanno sottoscritto l'Accordo di Parigi per il clima impegnandosi a contenere l'aumento delle temperatura media globale di 2 gradi continuano a non mettere in atto le misure necessarie. Lo ha dichiarato senza mezzi termini il segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i cambiamenti climatici, Simon Stiell: «L'odierno Report deve rappresentare una svolta, ponendo fine all'era dell'inadeguatezza e innescando una nuova era di accelerazione, con nuovi piani climatici nazionali molto più audaci da parte di ogni paese in arrivo l'anno prossimo».

L'aumento della temperatura è direttamente connessa alla variazione delle precipitazioni e all'innalzamento del livello del mare. Questi sono stati identificati dagli esperti delle Nazioni Unite come causa connessi al cambiamento climatico, in particolare l'aumento della frequenza o dell'intensità della siccità, delle piogge intense, delle inondazioni fluviali.

Si aggiungono poi tempeste e cicloni, e anche l'aumento dell'acidificazione degli oceani che sta distruggendo la vita marina è che dipende direttamente dell'innalzamento della temperatura degli oceani. Tutti questi fenomeni, come si legge nel Report, mettono a rischio l'economia, la biodiversità, e la nostra stessa vita.

I dati del Report

Il Report mostra solo progressi solo parziali rispetto a quanto previsto. Allo stato attuale, i piani dei singoli Paesi vedrebbero una riduzione delle emissioni di gas serra di solo del 2,6% rispetto al 2019, mentre invece dovrebbero essere ridotte del 43% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2019. Per arrivare poi a ridursi del 60% entro il 2035. Questa road map è la sola possibile per contenere l'aumento delle temperature medie globali entro 1,5 gradi.

Se i governi nazionali non si impegneranno e le emissioni di gas serra continueranno, «il disastro umano ed economico per ogni paese sarà garantito, senza eccezioni», mette in guardia Stiell.

Al momento i Paesi hanno fornito informazioni sugli obiettivi di mitigazione che vanno dalla riduzione delle emissioni assolute alle strategie, politiche, piani e azioni per uno sviluppo a basse emissioni. Ma non tutti si sono impegnati in egual misura, il 93% delle Paesi analizzati nel Report ha comunicato un periodo di attuazione degli obiettivi fino al 2030, mentre il 7% ha specificato un periodo di attuazione fino al 2025, 2035, 2040 o 2050. Solo il 54% ha indicato il gennaio 2021 come data di inizio dell'attuazione, il 29% ha indicato di aver iniziato ad attuare i propri NDC nel 2020 o prima e il 6% ha menzionato l'inizio dell'attuazione nel 2022.

Una parte importante del cambiamento passa anche attraverso i cittadini e l'80% dei Paesi ha fornito informazioni sulle misure di sensibilizzazione, come lo sviluppo di strategie di comunicazione e l'avvio di campagne di sensibilizzazione per settori specifici, come la salute, la biodiversità e l'efficienza energetica. Inoltre, il 93% dei Paesi ha menzionato la partecipazione pubblica, includendo informazioni sugli accordi istituzionali; il 36% ha messo a disposizione delle persone le informazioni, fornendo dettagli sullo sviluppo di regolamenti e sistemi per garantire l'accesso ai dati sul clima.

Informare le persone è importante anche in relazione alla conversione delle attività produttive. Uno degli obiettivi globali è trasformare i settori responsabili della maggioranza delle emissioni come agricoltura, ì pesca e allevamento, ma anche in relazione agli ecosistemi terrestri e costieri e alla biodiversità, alle aree e agli insediamenti urbani e alla gestione del rischio di catastrofi.

L'obiettivo di tutte le misure è promuovere l'innovazione tecnologica e la riforma delle politiche: condizioni alla base di una trasformazione che non è più rinviabile.

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