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26 Aprile 2025
9:48

“I gatti ci vedono come loro simili, solo più grandi e goffi”. Perché questa teoria è falsa ma in tanti ancora ci credono

Una teoria nata dalle osservazioni dell'etologo John Bradshaw ha fatto nascere una convinzione che è ancora difficile da sradicare, ovvero che i gatti non sono capaci di capire che siamo una specie diversa dalla loro. La scienza però ha già da tempo screditato questa ipotesi ed è acclarato che i mici anzi regolino il loro comportamento in base a chi hanno di fronte e modulando le interazioni in maniera diversa con gli esseri umani rispetto a ciò che fanno con i conspecifici.

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John Bradshaw, autore del libro "Cat Sense" e di diversi testi dedicati al comportamento felino, ha fatto nascere una convinzione che è ancora difficile da sradicare: i gatti ci vedono come loro simili più grandi e più goffi. 

Bradshaw è un etologo inglese che nel tempo ha dedicato i suoi studi e le sue osservazioni al comportamento animale, in particolare di cani e gatti domestici. Proprio su questi ultimi ha teorizzato che quando sono in relazione con la nostra specie utilizzano un repertorio etologico simile a quello che mettono in atto con i conspecifici: fanno la pasta su di noi, usano piccoli morsi per manifestare affetto e fino al portare i famosi ‘regali' alla persona di riferimento, ovvero quando catturano piccole prede o consegnano i loro giochi preferiti.

Da queste osservazioni dell'etologo si è diffusa poi la sua teoria che ha fatto presa sul grande pubblico e creato un'idea che si discosta però dalla realtà e che, se ci pensiamo bene, non attribuisce al gatto una cognizione tale da essere un individuo (e un'intera specie) capace di un livello cognitivo basico per comprendere che siamo animali diversi da lui.

E' intervenuta però la scienza al riguardo con studi che già da tempo in realtà hanno sfatato questa idea ma, a differenza delle teorie di Bradshaw, non è arrivato al ‘grande pubblico' con la stessa forza e intensità il messaggio corretto: i gatti sanno perfettamente che siamo esseri umani e, dunque, sono decisamente consapevoli che siamo individui diversi da loro. 

In particolare è uno studio del Feline Cognition Lab di Helsinki, in Finlandia, ad aver dimostrato che i piccoli felini domestici si comportano in base a chi hanno davanti, distinguendo chiaramente che la ‘controparte' non è identica a loro e analizzandone a loro volta il comportamento altrui per decidere come e se interagire. La ricerca ha permesso di studiare il comportamento di 4300 animali appartenenti a 26 razze, andando a definire sette personalità generiche che possono essere distinte nei gatti. Tra queste è stato valutato proprio l'approccio diverso che ogni gatto ha con le persone, identificando due tratti principali relativi uno all'aggressività verso gli umani e l'altro alla socievolezza nei confronti della nostra specie.

Un esempio pratico di quanto è stato accertato nel rapporto con l'uomo rispetto al saperlo distinguere dai conspecifici e anche da altri animali, è relativo a come e se i gatti mantengono il contatto visivo diretto con noi. E' emerso che lì dove tra mici adulti viene evitato perché (come per i cani del resto) è percepito come una forma di minaccia, con le persone con cui hanno una relazione di fiducia la situazione "occhi negli occhi" viene invece proprio ricercata e il gatto di famiglia mette in atto anche il cosiddetto "blink lento", ovvero quel leggero battito di ciglia che corrisponde a una sensazione di serenità indotta proprio dal rapporto stretto che ha con chi considera ‘parte della famiglia'.

Altro esempio importante e che riguarda la sfera della comunicazione felina è l'uso del miagolio. Sempre tra gatti adulti è raro che vi sia uno scambio vocale di questo tipo mentre è tipico che il micio di famiglia lo utilizzi e lo moduli a seconda delle situazioni per attirare l'attenzione delle persone e per far sapere anche come si sente a livello emotivo.

I gatti dunque mantengono il loro repertorio etologico ma lo modificano in base alla specie che hanno di fronte e sono stati capaci di adeguarsi a stili di vita completamente diversi da quelli che hanno in natura per adattarsi ai contesti umani. Un aspetto questo molto importante per restituire a questa specie quelle caratteristiche legate alla cognizione e al riconoscere le emozioni animali che spesso nelle narrazioni nate da osservazioni empiriche rischiano di togliere i tratti della consapevolezza e della stessa intelligenza con una descrizione delle altre specie da un'ottica ancora troppo antropocentrica.

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