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Per molto tempo, i paleontologi hanno ipotizzato che i dinosauri fossero già in declino e in difficoltà ben prima che l'asteroide li cancellasse dalla faccia della Terra. L'idea forse era rassicurante, quasi come a dire: erano già spacciati, quell'enorme sasso arrivato dallo spazio gli ha solo dato il colpo di grazia. Ma molto probabilmente non è andata proprio così e da oggi potremmo dover riscrivere quella storia. Un nuovo studio pubblicato Current Biology sostiene che, contrariamente a quanto si pensava, i dinosauri non stavano affatto scomparendo già prima dell'impatto avvenuto 66 milioni di anni fa. Anzi, godevano ancora di buona salute. A farci credere il contrario sarebbero stati i fossili, o meglio la loro assenza.
C'erano meno dinosauri o meno fossili?

Per capire meglio come sono andate le cose, immaginiamo di dover calcolare la popolazione di un'intera città basandoci su quanti selfie troviamo online: se un quartiere ha meno scatti, è perché ci sono meno persone o perché nessuno si sta scattando foto lì perché poco turistico o instagrammabile? I paleontologi hanno affrontato una questione molto simile: il supposto declino della diversità dei dinosauri prima dell'estinzione potrebbe essere solo un problema di mancanza di fossili, non un reale trend ecologico.
I ricercatori, guidati da Christopher Dean dell'University College, hanno quindi analizzato circa 8.000 fossili nordamericani risalenti a un periodo compreso tra 84 e 66 milioni di anni fa. Si sono però concentrati soprattutto su quattro famiglie: i corazzati anchilosauri, i maestosi ceratopsidi (quelli con il collare osseo e i corni come il triceratopo), gli onnipresenti adrosauri con i loro becchi da anatra e, infine, gli iconici predatori teropodi, come famigerato tirannosauro.
A prima vista, i dati sembrano confermare le vecchie ipotesi: c'è un picco di diversità in termini di numero di specie intorno a 76 milioni di anni fa, poi una graduale diminuzione. Ma scavando più a fondo – in senso sia figurato che letterale – i paleontologi hanno notato qualcosa di strano: nessun improvviso cambiamento ambientale rimasto registrato nei fossili può giustificare una crisi simile. Nessuna glaciazione, nessuna grande eruzione, nessun evento climatico o ambientale tale da mettere in difficoltà questi animali.
Colpa delle montagne e dei mari in ritirata

A questo punto entrano in gioco la geologia e la storia del nostro pianeta. Circa 75 milioni di anni fa, i territori interni del Nord America furono teatro di grandi cambiamenti: il mare interno che tagliava verticalmente il continente – il canale o mare interno occidentale – cominciò a ritirarsi, mentre le Montagne Rocciose iniziarono invece a sollevarsi. Questi eventi, che naturalmente avvennero in tempi geologici, potrebbero aver ridotto drasticamente le condizioni ambientali e quindi le possibilità che i resti dei dinosauri venissero sepolti e fossilizzati.
Secondo gli autori, quindi, non è che i dinosauri fossero scomparsi: semplicemente, non lasciavano più tracce con la stessa facilità di prima. Come se fossero passati dal vivere in una metropoli affollata e piene di testimoni, a una vita più isolata in montagna, dove nessuno può più trovarti. Inoltre, molte delle rocce del periodo Maastrichtiano – gli ultimi 6 milioni di anni prima dell'asteroide – sono oggi ricoperte da boschi e foreste. Risultato? I paleontologi fanno naturalmente più fatica a trovarle e a cercare i fossili.
E considerando che metà dei fossili conosciuti di quel periodo proviene dal Nord America, è molto probabile che questo fenomeno si sia ripetuto anche su scala globale. Interessanti sono pure le differenze tra le varie famiglie: i ceratopsidi, per esempio, sono molto più presenti nel record fossile, probabilmente perché vivevano in habitat dove la fossilizzazione era più facile. Gli adrosauri, invece, preferivano le rive dei fiumi: se il flusso fluviale era ridotto, meno sedimenti venivano depositati e i loro resti avevano quindi meno probabilità di fossilizzarsi.
E se l'asteroide non avesse mai colpito la Terra?

In base a questi risultati, viene naturale quindi chiedersi: cosa sarebbe successo se quell'asteroide non avesse colpito la Terra 66 milioni di anni fa? Gli autori lo dicono chiaramente in un comunicato: "I dinosauri non erano inevitabilmente destinati all'estinzione alla fine del Mesozoico. Se non fosse stato per quell'asteroide, oggi potrebbero ancora condividere il pianeta con noi". Forse, tra le foreste dell'Asia o le pianure dell'Africa, ci sarebbero branchi di triceratopi, mentre qualche tirannosauro guarderebbe con diffidenza un branco di elefanti in migrazione.
E magari, accanto ai nostri cani e gatti, ci sarebbe persino spazio per un "cucciolo" di ankylosauro con il suo inconfondibile guscio corazzato. Ma la storia è andata diversamente e quell'asteroide ha cambiato tutto, aprendo la strada al dominio dei mammiferi e alla nostra comparsa. Questi sono chiaramente speculazioni e "what if" impossibili. Se davvero i dinosauri non si fossero estinti, infatti, con tutta probabilità noi primati bipedi non saremmo mai comparsi e sulla Terra e la fauna sulla Terra sarebbe completamente diversa da oggi.
Anche se in realtà, a pensarci bene, un bel pezzetto di quel mondo perduto è ancora qui tra noi. Perché i dinosauri, nonostante l'asteroide, non si sono mai davvero estinti del tutto. Vivono intorno a noi e li vediamo praticamente tutti giorni dalla finestra, sul marciapiede e volare sulle nostre teste. Si chiamano uccelli e anche se non hanno più i denti e non raggiungono le dimensioni di un T-Rex, sono a tutti gli effetti dinosauri teropodi, proprio come quelli che dominavano la Terra fino a 66 milioni di anni fa.