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24 Gennaio 2025
16:02

I cani soffrono per un lutto, sia che si tratti di un umano che di un loro simile

I cani sperimentano l'esperienza del lutto? Animali dotati di emozioni e cognizioni, è stato verificato scientificamente che provano dolore dalla morte di un conspecifico convivente. Ma l'elaborazione del lutto non riguarda solo gli esseri umani ma diverse altre specie come elefanti e gorilla.

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La morte di un amico, anche per i cani, è un'esperienza che noi umani definiamo lutto. La scienza e non solo la realtà empirica ha infatti dimostrato che "il miglior amico dell'uomo", che si tratti di un essere umano o di un conspecifico, soffre per la scomparsa di chi ama e manifesta il suo stato d'animo chiaramente.

Recentemente la cronaca ha restituito il caso nel Veneziano di un Pastore Tedesco, Leone, che è stato portato al funerale del suo umano di riferimento e ha mugolato accanto alla bara. Il cane ha mostrato il suo dolore, lo ha espresso nella postura e nella comunicazione verbale e ciò lo ha reso protagonista delle pagine di cronaca che hanno così raccontato la fine di un'amicizia dovuta all'unica ipotesi che non consente il ricongiungimento, che si tratti di cani e umani o meno: la morte.

Cosa fanno gli animali quando muore un loro simile

L'esperienza del lutto negli animali  è stata indagata in diverse specie. Come ha scritto l'etologa Federica Pirrone su Kodami, «un numero crescente di evidenze scientifiche supporta l'idea che gli animali non umani possano provare dolore e siano consapevoli della morte. Il primatologo Frans de Waal parla di consapevolezza dell’ineluttabilità, riferendosi ad animali che mostrano chiaramente di essere consapevoli del fatto che l’altro non tornerà più. Come quei cani che, per anni, tornano ogni giorno sulla tomba del loro compagno umano deceduto. Certo, non è ancora chiaro come essi acquisiscano questa consapevolezza».

Gli elefanti sia africani che asiatici, ad esempio, compiono dei veri e propri rituali quando un membro del branco muore. Questi animali usano la proboscide per riversare della terra sui corpi dei loro simili defunti ed è stato osservato che quando si tratta di cuccioli si svolge una sorta di funerale in cui i piccoli vengono girati a pancia in su, accompagnando questo comportamento con vocalizzazioni particolari. Lo stesso studio in cui è stato evidenziato questo modo di dire addio ai più piccoli del branco ha anche fatto scoprire che gli adulti non camminano più nel luogo dove sono i cadaveri e ciò viene ritenuto un comportamento rispettoso per evitare di calpestare i corpi.

Un episodio in particolare ha poi segnato il cammino della scienza nel riconoscimento del lutto anche nei nostri parenti più prossimi, i primati, e nello specifico nei gorilla di montagna. Il caso che fu osservato dagli esperti del Dian Fossey Gorilla Fund International  fu quello della morte di due esemplari, Titus e Tuck, che vivevano in Rwanda al Volcanoes National Park. La comunità dei silverback li "salutò" ricoprendoli con terreno, rami e foglie ma anche con vocalizzazioni specifiche e comportamenti come battersi il petto, "accarezzarli" – ovvero praticando del grooming ai loro corpi – e toccandoli anche con enfasi tanto da colpirli con pugni e calci.

Ma se questa sequenza di atteggiamenti da parte di diversi soggetti può essere anche interpretata come "sorpresa" per quanto era accaduto, ciò che risulta più interessante per capire quanto il lato affettivo sia coinvolto sicuramente ciò che fece un gorilla amico di Titus è molto rappresentativo dell'idea del sentimento di lutto provato: rimase accanto al suo corpo per due giorni di fila, steso sul letto di foglie su cui era morto il suo compagno. Sempre queste due scomparse hanno poi portato a un'altra scoperta di quella che può essere la prova del dolore provato dalla morte di una "persona cara" anche per un gorilla: una figlia di Tuck dell'età di 38 anni, quindi da tempo già svezzata, si attaccò al seno dell'animale morto come per succhiarne il latte.

Anche i cani vivono il lutto per i loro simili: cambiamenti nel comportamento e nell'emotività

Ritornando ai cani, la scienza si è altrettanto interrogata per arrivare a una dimostrazione non empirica della possibilità che anche loro sperimentano quello che per noi umani è vero e proprio lutto. Lo studio più recente in merito riguarda l'osservazione avvenuta nel caso in cui un cane abbia perso un suo conspecifico con cui condivideva la vita e ha portato gli esperti a verificare che le cose vanno proprio così.

Proprio Federica Pirrone, etologa e coordinatrice della ricerca, aveva così spiegato a Kodami ciò che insieme agli altri ricercatori hanno scoperto alla Statale di Milano: «I cambiamenti nel comportamento e nelle emozioni del cane sono compatibili con ciò che tutti definirebbero come lutto»

Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo "I cani domestici (Canis familiaris) soffrono per la perdita di un conspecifico" nel febbraio del 2022 e per giungere alla conclusione sopra esposta gli esperti hanno realizzato un questionario a cui hanno risposto persone che vivevano con almeno due cani, di cui uno scomparso da poco.  «Abbiamo chiesto alle persone – aveva aggiunto  Pirrone – che tipo di relazione avevano con il cane scomparso, se avevano notato variazioni nel comportamento e nello stato emotivo dell'altro cane e di che tipo, ma anche come era stata la loro reazione, sottoponendo quesiti che ci hanno aiutato anche capire se il cane è stato influenzato dallo stato emozionale e dal comportamento del compagno umano».

Il risultato è stato che L'86% delle 426 famiglie coinvolte aveva riportato cambiamenti significativi nel comportamento e nel pattern emozionale del cane. «I cani che avevano perso un conspecifico mangiavano meno, giocavano meno e richiedevano molte più attenzioni. In generale è emerso che l'attività generale dopo la perdita si è significativamente ridotta».

A cambiare, poi, è stato proprio l'assetto emotivo del cane che è rimasto da solo in famiglia, soprattutto con l'aver manifestato paura in diverse situazioni, cosa che prima – con le dovute differenze caratteriali tra soggetto e soggetto – non avveniva. I ricercatori non hanno però dimenticato un dato importantissimo, questo sì già avvalorato dalla scienza: lo stato emotivo degli umani influenza quello del cane, secondo il principio dell'osmosi emozionale, ovvero di un contagio emotivo tra noi e loro che reciprocamente ci scambiamo e facciamo nostre le emozioni che proviamo. Su questo la dottoressa Pirrone aveva così chiarito che la sperimentazione del lutto è qualcosa che il cane vive indipendentemente dall'umano di riferimento: «Dalle nostre analisi statistiche è emerso che la maggior parte dei comportamenti è cambiata indipendentemente dalle percezioni degli intervistati e dallo stato emotivo del compagno umano. Questo ci dice che con tutta probabilità le risposte del cane alla perdita erano reali e non condizionate».

Dal punto di vista scientifico non vi sono invece ad oggi studi focalizzati sullo stabilire se un cane sperimenta il lutto per la persona a cui è legato ma sono davvero tanti gli episodi di vita vissuta che puntualmente ce lo dimostrano, non ultimo quello del Pastore Tedesco Leone. Un lettore di Kodami, ad esempio, tempo fa ci ha girato uno scatto in cui si vede un cane al cimitero di Brindisi disteso su una tomba su cui ritornava ogni giorno.

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In quel caso avevamo chiesto all'istruttore cinofilo David Morettini di spiegarci proprio cosa puiò portare un cane a ritornare nel luogo dove è sepolto o ha visto per l'ultima volta il suo umano di riferimento, pensando anche a storie notissime come quella di Hachiko.

«Il cane non torna sulla tomba per piangere ma per passare ancora del tempo accanto alla persona – ci aveva spiegato l'esperto – La cooperazione con il cane non deve sempre essere produttivista cioè misurata sul fare qualcosa, perché lui la cooperazione la intende anche come il rinsaldamento del legame e non dipende necessariamente da una performance ma dallo stare insieme, soprattutto nei tempi di riposo. E quel poter vivere una relazione di vicinanza genera profondo appagamento nel cane».

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