Quando pensiamo ai bradipi, immaginiamo gli animali goffi e lentissimi che se ne stanno gran parte del tempo sospesi tra i rami degli alberi, eppure non è sempre stato così Il passato ci racconta infatti una storia ben diversa: in epoche antiche, esistevano bradipi giganti, animali che potevano pesare anche oltre 4 tonnellate e che si muovevano a terra con un'andatura pesante e maestosa.
E non erano neppure soli: elefanti, tigri dai denti a sciabola e altri mammiferi giganti popolavano un tempo i vasti territori del continente sudamericano. E, sorprendentemente, questi animali così lontani oggi da noi, hanno camminato e convissuto fianco a fianco con gli esseri umani per millenni.
Quando si è davvero estinta la megafauna sudamericana
Per molto tempo, si è pensato che la megafauna sudamericana – l'insieme degli animali grandi dimensioni – si fosse estinta poco dopo la fine del Pleistocene, circa 11.700 anni fa, in concomitanza con un aumento delle temperature globali e l'espansione delle popolazioni umane. Ma uno studio recente, guidato dal paleontologo Fábio Henrique Cortes Faria dell'Università Federale di Rio de Janeiro e pubblicato sul Journal of South American Earth Sciences, ha ribaltato questa convinzione.
Attraverso analisi al radiocarbonio su fossili di specie come Eremotherium laurillardi (un bradipo gigante), Notiomastodon platensis (un elefante sudamericano) e Smilodon populator (una specie di tigre dai denti a sciabola), il team ha dimostrato che molti di questi animali sopravvissero migliaia di anni oltre le stime precedenti. Alcune specie, come Palaeolama major e Xenorhinotherium bahiense, più vicini agli attuali lama, vissero fino a circa 3.500 anni fa, in pieno Olocene, molto dopo l'arrivo dei primi umani nel continente.
La domanda fondamentale che tormenta paleontologi e ricercatori rimane: perché la megafauna si è estinta? Per anni, molti scienziati hanno puntato il dito direttamente contro gli esseri umani, ipotizzando che la caccia intensiva e la modifica degli habitat abbiano portato queste specie al collasso. Indubbiamente, la caccia praticata dagli esseri umani moderni, ha sicuramente creato pressioni insostenibili per molte specie di grandi dimensioni, ma basta questo per spiegare l'estinzione completa della megafauna sudamericana?
Il ruolo dell'essere umano: non il solo colpevole, ma neanche innocente
I risultati pubblicati attraverso questo studio, suggeriscono un quadro molto più complesso. «Gli esseri umani hanno certamente avuto un ruolo – ha spiegato Cortes Faria – ma l'estinzione della megafauna in Sud America sembra essere stata principalmente guidata da cambiamenti ambientali». All'inizio dell'Olocene, l'epoca geologica in cui ci troviamo ancora adesso e iniziata circa 11.700 anni fa, il clima favorì l'espansione delle foreste e la contrazione delle savane, riducendo drasticamente gli habitat di molte specie.
Gli autori, del resto, ci tengono a sottolineare che l'estinzione è infatti un processo molto lungo e graduale. In questo caso, non è stata una catastrofe improvvisa, come accaduto per esempio con i dinosauri non aviani 66 milioni di anni fa, ma più un declino lento e costante, iniziato nel Pleistocene e proseguito e conclusosi nell'Olocene. Non tutti gli studiosi concordano però con questa interpretazione. Alcuni studiosi, ritengono comunque che la mano dell'essere umano si stata decisiva o quantomeno che abbia contribuito pesantemente.
Anche se gli esseri umani non sono probabilmente gli unici responsabili, non possono di certo essere completamente scagionati. È successo praticamente ovunque la nostra specie abbia messo piede per la prima volta andandosene in giro per il mondo una volta uscita dall'Africa: la caccia e le modifiche drastiche al paesaggio hanno causato tantissime estinzioni. In questo specifico caso, hanno probabilmente accelerato un declino già in atto, contribuendo a creare un ambiente in cui la megafauna non è più riuscita a sopravvivere.