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"Ha più paura lui di te che tu di lui": è questo che ci siamo sentiti ripetere durante tutta l'infanzia dagli adulti davanti agli animali che ci incutevano timore. Api e ragni ci incutevano un timore ingiustificato e irrazionale che i genitori provavano a ridimensionare, e oggi gli scienziati fanno la stessa cosa con gli squali.
Secondo un nuovo studio pubblicato su Frontiers, gli squali mordono gli esseri umani in risposta a un "istinto di sopravvivenza", una forma di autodifesa davanti a una minaccia. E per loro la minaccia siamo proprio noi.
Cosa dice lo studio e perché gli squali ci mordono per autodifesa
Le interazioni negative tra esseri umani e fauna selvatica sono sempre esistite, tuttavia negli ultimi decenni sono in aumento, sia nel caso dei predatori terrestri che degli squali. La moltiplicazioni di queste interazione si è verificata a causa dell'espansione del dominio umano sulla terra e anche sul mare.
Tuttavia mentre per alcuni animali come serpenti, ragni, uccelli e diversi mammiferi terrestri gli scienziati da lungo tempo attestano attacchi per autodifesa, per quanto riguarda gli squali la motivazione di auto-protezione è scarsamente presente in letteratura. Fatta eccezione per uno studio dedicato al complesso dei comportamenti degli squali pubblicato nel 2023, in cui si definisce un evento di "autodifesa" come "un morso su un essere umano che volontariamente o involontariamente ha minacciato lo squalo", questi casi non sono quasi mai stati documentati in dettaglio né caratterizzati.
Per questo i ricercatori guidati da Eric Clua, esperto di squali e ricercatore dell'Università PSL di Parigi, hanno analizzato le interazioni nelle acque della Polinesia francese, dove dal 2006 l'area è stata designata come santuario degli squali, con divieti di pesca e commercio di prodotti per tutte le specie tranne lo squalo mako (Isurus oxyrinchus), aggiunto successivamente nel 2012.
Secondo le analisi dei ricercatori, i morsi per autodifesa presentano diversi punti in comune. In primo luogo, tutti sono provocati da un'aggressione umana, di qualsiasi natura. Nella maggior parte dei casi, l'innesco era potenzialmente letale, sotto forma di arpionamento, oppure di infilzamento con l'asta di un fucile subacqueo. In alcuni casi, i morsi sono stati innescati da una semplice manipolazione non letale.
Oltre l'80% ha provocato lesioni da lievi a moderate. Per quanto riguarda il restante 20%, ed escludendo un caso, la gravità delle altre lesioni può essere attribuita a ferite che hanno interessato un'area vitale e a una mancanza di efficienza nelle cure mediche. In nessuno di questi casi però lo squalo ha rimosso una quantità significativa di carne umana.
"La nostra analisi di casi di studio nella Polinesia francese conferma il concetto di ‘autodifesa', intrinsecamente legato a un'aggressione iniziale perpetrata dagli esseri umani nei confronti dello squalo – spiegano i ricercatori – L'anteriorità di questa aggressione umana convalida anche il concetto di ‘ritorsione'".
Questi morsi sono quindi il frutto di un'aggressione percepita o effettiva da parte degli esseri umani che funge da stimolo minaccioso. L'indizio è dato dalla loro superficialità rispetto alla potenza offensiva dello squalo. Escluse poche eccezioni dovute a circostanze sfortunate, si caratterizzano per una bassa letalità che si riscontra anche nei morsi motivati da autodifesa inflitti da animali terrestri come grandi uccelli e orsi bruni.
Per i ricercatori non c'è dubbio: "I morsi di squalo per autodifesa nella Polinesia francese sono coerenti con un modello più ampio di attacchi principalmente non letali contro gli esseri umani perpetrati da animali che rispondono in modo difensivo all'aggressione umana".
Differenza tra morsi per autodifesa e morsi per predazione
L'esistenza di morsi per autodifesa non cancella la possibilità che gli squali possano vedere gli esseri umani come prede e agire di conseguenza. Le specie di squalo più spesso coinvolte in attacchi contro l'uomo nel mondo sono il tigre, il leuca, e lo squalo bianco. Tutti accomunati dall'essere grandi predatori e come tali, in determinate circostanze, possono effettivamente considerare l'uomo come una preda e colpire per uccidere.
Per questo è importante distinguere i morsi motivati dall'alimentazione, da quelli di autodifesa. Ed è possibile farlo analizzando le ferite che provocano. Quelli letali infatti si caratterizzano per una significativa rimozione di carne e dalla conseguente massiva emorragia. "Sulla base dei nostri dati, i morsi per autodifesa sono invece più superficiali, improvvisi e non annunciati. Data la posta in gioco vitale che lo squalo probabilmente percepisce per sé, questi morsi vengono talvolta inflitti ripetutamente. Ma anche in questi casi, di solito viene rimosso poco tessuto".
Inoltre, umani e squali sembrano condividere una certa sproporzione tra la minaccia potenziale e il danno inflitto per difesa: "Non sembra esserci alcuna proporzionalità tra la natura dell'aggressione umana iniziale e la gravità e la violenza di un morso per autodifesa. In particolare, questo può essere tipico anche nei casi di autodifesa negli esseri umani, dove i difensori in molte situazioni infliggono all'aggressore un danno maggiore di quello che l'aggressore effettivamente infligge o minaccia. Questa mancanza di proporzionalità è coerente con il fatto che un animale, incluso uno squalo, non sia consapevole delle intenzioni umane".
I media hanno una responsabilità importante per aiutare i cittadini a distinguere queste interazioni. L'esistenza di morsi di autodifesa mette anche in discussione la pratica di etichettare tutti i morsi di squalo come attacchi e basta.
"I media svolgono un ruolo chiave in questa percezione – spiegano – tendendo, in caso di morsi, a ritrarre gli squali come gli aggressori, anche quando gli esseri umani sono responsabili di aver avviato l'interazione. Questo approccio semplicistico danneggia l'immagine degli squali e, di fatto, la loro conservazione, che si basa sul sostegno pubblico. Ad esempio, attribuire la responsabilità dei morsi difensivi agli squali rafforza la logica delle rappresaglie e degli sforzi di controllo degli squali, mentre questo tipo di interazione con gli esseri umani nasce in realtà da un istinto di conservazione e quindi non dovrebbe essere la base per una gestione letale".
Come evitare i morsi di squali
Se gli esseri umani vogliono evitare i morsi di autodifesa degli squali, la raccomandazione più ovvia è quella di evitare di attaccare o molestare in qualsiasi modo queste specie. Ciò che è meno ovvio, tuttavia, è il modo in cui gli esseri umani vedono gli animali, compresi quelli potenzialmente pericolosi, e il fatto che il desiderio di aiutare uno squalo in difficoltà, in questo caso agendo in modo benevolo, non sarà necessariamente percepito dall'animale in modo positivo.
Anche un comportamento ben intenzionato o non volutamente minaccioso, come la volontà di scattare una semplice fotografia, potrebbe invece esporre il potenziale soccorritore a un morso di autodifesa privo di proporzionalità.
Il caso più frequente è quando uno squalo, per vari motivi, si arena su una spiaggia: spinti dal desiderio di aiutare lo squalo a evitare la morte per soffocamento, non è raro che le persone si arrischino a maneggiare l'animale per rimetterlo in acqua. Sono stati segnalati diversi casi negli Stati Uniti in cui due persone sono state morse mentre cercavano di salvare una verdesca (Prionace glauca).
Le persone hanno commesso gli stessi due errori:
- Hanno afferrato l'animale per la coda, il che ha il doppio svantaggio di esercitare uno stress sulla colonna vertebrale dell'animale con il rischio di una grave lussazione e di esposizione al morso, poiché gli squali sono naturalmente flessibili grazie al loro scheletro cartilagineo e possono girarsi per mordere di quasi 180°;
- Si aspettavano gratitudine, ma il più delle volte l'animale in grave difficoltà non considera i soccorritori come risorse di supporto. Il riflesso più istintivo per gli squali è in ogni caso quello di difendersi e mordere.
Per evitare effetti negativi, quindi, è bene non avvicinarsi mai e non interagire con gli animali selvatici.